Cosenza 2016, con Carletto c’è tutta la prima Repubblica

Mala tempora currunt. Il PD a sostegno di quel maialetto di Carletto non presenta neanche un capolista. Si va in ordine alfabetico.

I capolista nelle altre liste sono soltanto quattro e, a dire il vero, di big hanno veramente poco o niente. Scende in campo Franz Caruso a capeggiare i socialisti ed è quasi un gesto liberatorio dopo i fatti di Acri. Poi c’è il coniglio dal cilindro di Occhiuto, il trasversalissimo Marco Ambrogio, tenuto lì perché nella vita non si sa mai. Segue a ruota un altro esperto in trasformismo, Luca Morrone detto Luca bambino mio in onore a cotanto padre. E l’ultimo è Enrico Morcavallo, rampollo di Oreste tanto per restare in tema, anche lui puledro in costruzione per gli intrallazzi di domani. Se non fosse che siamo certi di essere nel 2016, potrebbero essere benissimo le elezioni del 1985. Tutto uguale, cambia solo qualche generazione e Franz, si sa, è un highlander.

In realtà, il vero capolista (in perfetto stile prima Repubblica) lo troviamo all’ultimo posto della lista del PD ed è Medina Tursi Prato, figlia di Pino. Le indiscrezioni, trapelate abbondantemente, non potevano sbagliare. Nessun addebito da fare alla signora Medina ma il metodo è vecchio come il cucco e non fa onore a un partito che parla di legalità. Ma poi pensiamo a quel maialetto di Carletto e improvvisamente tutto passa: se c’è lui, Medina non solo ci può stare ma anche alla grande.

Scorrere le liste di Guccione è una specie di album di figurine Panini del peggior sottobosco della politica locale. Un mercato delle vacche a 360 gradi. Un sistema usato sicuro simile, come abbiamo detto più volte, alla “gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria anche se non c’è più Lucio Presta a comandarla.

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Il posto d’onore spetta di diritto ai fratelli Roberto e Consalvo Bartolomeo, ormai d’accordo sulla “strategia” dopo tante baruffe, quelli del “famigliune” che macina pacchetti di voti come fossero ciliegie, quelli del tradimento in zona Cesarini a Enzo Paolini. Una garanzia.

Citiamo in ordine sparso: Lorenzo Catizone, fratello di Eva, fedele a Palla Palla, genio del nulla; Serafino Conforti, un cavallo d’annata che ancora nitrisce…;

Mimmo Frammartino, l ‘emblema dell’equilibrismo e dell’immobilismo, una specie di acrobata; Massimo Colla, recuperato dalle macerie forziste;

Giulia “Giuda” Fresca, da pasionaria di Occhiuto a pasdaran di Guccione con la disinvoltura di una gazzella; Nicola Mayerà, stesso percorso di Giulia; Elvira Maddaloni, dagli anfratti del sistema manciniano;

Ciacco
Ciacco

Clelia Badolato, dalla Margherita con furore; Antonio Ciacco, il truffaldino per eccellenza ma immancabile quando c’è da presentarsi… all’incasso;

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l’immarcescibile Damiano Covelli, peso morto della politica adamitica; Carlo Salatino, Francesca Lopez, Salvatore Magnelli, con tutto il rispetto ma c’è anche Maria Lucente, che non è certo un volto nuovo e naturalmente c’era già dal 1985. E potremmo continuare ancora ma per oggi va bene così.

Ma la nota finale non può che andare al grande assente: non c’è Giacometto Mancini, che magari si sarà messo d’accordo con i suoi grandi amici Cinghiali seguendone l’esempio.

Chista è Cusé.