Gianluca Vialli, tutte le vite di un ragazzo a cui piaceva ridere

di Maurizio Crosetti

Fonte: Repubblica

Quante vite, Gianluca Vialli, adesso che se n’è andata l’unica che avevi. Ci eravamo illusi ed è atroce. Il grande atleta lo conoscono tutti, da più di vent’anni non giocava ma era lì ben fermo nella memoria, ed era tornato in scena due anni fa all’Europeo come dirigente e fratello maggiore dei calciatori, sempre insieme a Mancini che l’aveva fortemente voluto accanto a sé e ora piange un fratello.

Però in tanti non sanno quant’era divertente, burlone. Gli piacevano gli scherzi, i giochi quasi da bambini, come quando nella saletta tv di Sky si facevano i pronostici prima della Champions e bisognava azzeccare risultati e marcatori, una riffa da terza media, Luca e Paolo Rossi si prendevano in giro come ragazzini. Prima ci si metteva in fila al buffet, e se gli stavi dietro non potevi non notare quanto fosse larga la sua schiena fasciata dall’impeccabile camicia bianca. Una statua.

Gianluca Vialli e Roberto Mancini: la grande coppia della Samp

Ma l’immagine che tutti porteremo dentro è l’abbraccio in lacrime con Roberto Mancini a Wembley, la sera della vittoria azzurra. La grande coppia della Samp: uno diventato ct, l’altro team manager. Quando Luca si ammalò, a lungo non disse nulla a Roberto: “Volevo proteggerlo”. E mai nessuna paura nel parlare di cancro, chiamandolo per nome durante quattro anni tremendi: “Non è una battaglia perché lui è troppo più forte di me. Preferisco considerarlo un compagno di viaggio, è salito nello scompartimento e abbiamo fatto un po’ di strada insieme, un giorno spero sia lui a scendere dal treno e non io”.

Gianluca Vialli è morto: la vita in campo

La prima vita di Gianluca Vialli in campo, quel cespuglio di riccioli a Cremona, quando era longilineo e giocava all’ala, qualche volta a centrocampo, quasi mai centravanti e del resto lui sapeva fare tutto. All’inizio non segnava tanto. Cominciò a farlo davvero nella Sampdoria, dove con Mancini formò la famosa coppia che l’avvocato Agnelli voleva ad ogni costo, ma Paolo Mantovani alla fine gli cedette solo Vialli.

(fotogramma)

Nel ’91 arrivò lo scudetto irripetibile, l’ultimo fuori dalle geografie delle metropoli padrone del calcio. E l’anno dopo, la sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni, ai supplementari contro il Barcellona.

Le vittorie di Luca, anche quelle le sanno tutti. Ma è il resto che conta, la finezza del tocco con la palla e con le parole, lui che al microfono diventava un maestro d’equilibrio. La sforbiciata di Vialli, qualcosa di accostabile a Gigi Riva nella potenza acrobatica. Perché Luca è stato tra i più grandi della storia, forse il più moderno tra gli attaccanti italiani del dopoguerra, insieme a Totti. Poi Luca ha ingigantito corpo e ruolo, muscoli e carisma, perfezionando la sintesi negli anni juventini, cuore dinamico di una squadra formidabile, agonisticamente imbattibile e tecnicamente eccelsa (Vialli, Baggio, Del Piero).

Gianluca Vialli
Gianluca Vialli 

Le mani di Luca, le ultime di un bianconero a stringere la Champions in quella notte romana di ventisei anni fa, gesto finale di una storia, poi l’Inghilterra da svincolato per altre vite vittoriose: in campo e quindi in panchina con il Chelsea.

I successi di Luca, unico attaccante ad avere conquistato tutti i trofei d’Europa, il titolo di capocannoniere nel ’91, i due scudetti, pochi, in fondo, tra Genova e Torino, la bellezza in maglia azzurra nonostante la delusione di Italia 90, con Vicini che lo prese nell’Under 21 e poi in Nazionale, allenatore per certi versi non dissimile da Boskov.

La vita in tv di Gianluca Vialli

(fotogramma)

Le vite non si accatastano, si sommano. Gianluca Vialli non stava mai fermo. Fu tra i primi “talent” della storia televisiva, quando nel 2002 divenne consulente sportivo di Sky e poi prima firma, ruolo così appagante da levargli ogni possibile malinconia da panchina: chi stava meglio di te, Luca?

Quando giocava era un divo quasi irraggiungibile. Molto complicato intervistarlo, ma lui era sincero, sapeva parlare anche fuori dai taccuini. Negli anni a seguire non si negò mai. Se volevi parlargli rispondeva sempre, bastava un sms, “per favore ci sentiamo tra mezz’ora?, adesso porto la bambina a danza”.

Morto Gianluca Vialli, quante vite: la lotta al cancro e la ricerca

Quante vite, Luca. Ed ecco la Fondazione per la ricerca sul cancro e la Sla ben prima di ammalarsi, insieme all’amico del cuore Massimo Mauro, uno di quelli che hanno sofferto di più. La ricerca, perché un giorno muoia questa malattia che adesso si è presa anche lui.

E quanto piangeva Vialli, quel giorno a Salerno davanti alla bara di Andrea Fortunato, morto giovane di leucemia. Luca era il capitano della Juve, gli toccava il discorso ma proprio non ci riusciva, si mangiava le parole e la voce. Poi si uscì dalla chiesa, e una pioggia leggera si posò sul cuscino di fiori bianchi.