Il nuovo inizio degli “Incompatibili”: la CGIL non c’è più (di Tiziana Fusillo)

Di seguito un interessante considerazione in merito all’Assemblea pubblica convocata dagli “incompatibili” CGIL e tenutasi a Roma sabato 11 giugno presso il Centro Congressi Cavour
“Per un nuovo inizio”
Buona lettura
 

Di Tiziana Fusillo

IL NUOVO INIZIO DEGLI “INCOMPATIBILI”: da un sindacato che non riconosce se stesso a un sindacato in cui i lavoratori possano riconoscersi.

Mentre a Terni la Fiom Cgil festeggiava i suoi “primi 115 anni”, (età avanzata che favorisce una certa perdita di identità e smemoratezza di sé) impegnandosi alacremente nella raccolta firme per la difesa di diritti che ben altre firme hanno cancellato, sabato 11 giugno, presso il Centro Congressi Cavour di Roma, si è tenuta l’Assemblea degli Incompatibili.

fiom-bandiere “L’incompatibilità” è l’anomalia della disobbedienza all’interno di un sindacato, la Fiom Cgil, che mal sopporta chiunque ostacoli il processo di normalizzazione interna in atto. Ci troviamo di fronte a un sindacato che poco tollera il dissenso, ormai incapace di rappresentare degnamente i lavoratori, e quindi di rappresentare se stesso, mancando la propria missione più alta.

“Incompatibile” è chiunque abbia praticato o difeso in qualche modo una linea diversa rispetto a quella gradita dalla Fiom Cgil. Tale il caso di alcuni delegati del coordinamento FCA che hanno l’assurda colpa di aver osato prendere iniziative “personali” a difesa dei numerosi lavoratori rappresentati. Domenico De Stradis, tra i protagonisti della vicenda presenti all’assemblea, racconta di scioperi negati dalla Fiom, rivendicando con orgoglio l’essere incompatibili per la burocrazia del sindacato, ma non per i lavoratori.

Incompatibilità è anche quella del poco allineato e quindi fresco di licenziamento Sergio Bellavita, promotore dell’assemblea ed ex portavoce de Il sindacato è un’altra cosa, area di opposizione all’interno della Cgil. Un’opposizione ormai sterile e improduttiva che Bellavita dichiara di non voler più esercitare, a favore di un uso più costruttivo delle proprie energie, da investire in un nuovo spazio, finora tanto negato quanto necessario.

La consapevolezza della necessità di questo spazio dove poter praticare un nuovo modo di fare sindacato, efficace ed alternativo a quello confederale, è presente nelle parole dei tanti intervenuti ieri: dagli ex dirigenti nazionali Cgil, Nico Vox e Maria Pia Zanni, che descrivono il processo degenerativo in atto nel grande sindacato, ad Antonello Colaiacomo, dipendente Atac attivo nel sindacato, che arriva a definire la Cgil “un ex sindacato” e invita alle opportune valutazioni e distinzioni tra chi firma accordi per i lavoratori e chi accordi contro di essi, stipulati più da segreterie che da assemblee.

creGiorgio Cremaschi, ex segretario Fiom, tra i primi incompatibili quando probabilmente l’incompatibilità non era ancora per la Cgil una preoccupante e minacciosa malattia da debellare con urgenza, saluta con accogliente gioia i nuovi fuoriusciti, e invitando alla costruzione entusiasta di un grande sindacalismo di classe, dichiara: “Il sindacalismo nel momento in cui non perde l’anima è una cosa eccezionale”.

Anima sembrava esserci nelle parole semplici e autentiche di Giuseppe Tiano, funzionario Cgil che abbandona coerentemente un sindacato in cui non si riconosce più, perdendo così il proprio lavoro ma acquistando la possibilità di poter praticare “un sindacalismo autentico che dia risposte concrete” attraverso la coltivazione di un rapporto diretto con i lavoratori; e anima trapelava nelle parole combattive di Mario Maddaloni, delegato Usb neo eletto a Napoli, pronto ad accettare quella che definisce un’importante sfida e scommessa.

Sergio Bellavita e diversi ex membri dell’area scelgono di riconoscere questo spazio in Usb e quindi di confluire nel sindacato di base che a detta di Pierpaolo Leonardi, membro dell’esecutivo Usb, “deve essere in grado di ampliare la propria sfera di azione senza rinunciare alla sua singolarità”.

Le numerose polemiche scatenatesi negli ultimi mesi tra chi ha deciso di restare e chi di abbandonare l’area facendo scelte diverse, a tratti sembrano quasi ridurre la complessa questione sindacale in atto, a una gara tra sigle per la propria affermazione. Una lotta che non può appassionare i lavoratori, gli osservatori esterni e qualsiasi sindacalista che non commetta l’errore di pensare solo come un sindacalista e non come un operaio o un precario, che sono animati da ben altre preoccupazioni e interessati a ben altre battaglie.

Sono queste battaglie che auguriamo di vincere a Sergio Bellavita e a chiunque voglia, da qualsiasi posizione, praticare un sindacalismo più fedele a se stesso che a una burocrazia o complicità con il potere che annientano ogni lotta. A chi sceglie di abbandonare un sindacato che non c’è più, per dar vita ed espressione a un sindacato che non c’è ancora.
Un sindacato conflittuale, di classe e di massa.

Ma non la massa che compone la società attuale e il grande sindacato, frammentata, informe e poco informata, lontana da chi deve rappresentarla e tenuta all’oscuro delle decisioni che la riguardano, divisa dalla giungla contrattuale e agitata da paure comuni vissute in una solitudine poco solidale, ma una massa costituita da soggettività diverse e da ogni singolo lavoratore conquistato attraverso azioni di lotta nuove ed efficaci, capaci di creare una massa informata e non indottrinata, consapevole dei propri diritti, del proprio valore e quindi del proprio potere.

Tiziana Fusillo

osservatrice senza sigle