Lettere a Iacchite’: “Calabria, forestazione allo sfascio: tempi duri per le imprese boschive”

Se la Calabria è l’ultima ruota del carro, purtroppo, su diversi fronti, nella forestazione ci si impegna per fare ancora peggio. Questo accade nonostante si tratti di un settore di importanza storica per la nostra regione, che ha sempre creato occupazione e indotti notevoli. Un settore che viene sistematicamente frenato da chi invece dovrebbe promuoverlo e potenziarlo. Un settore dove aleggia lo spettro del malaffare, condito soprattutto da un ostracismo persecutorio nei confronti di quelle persone che decidono di non piegarsi ad alcune condizioni di “sistema”.

Uno dei temi di maggiore importanza, che va a braccetto con ambiente e tutela ambientale, riguarda sicuramente quelle imprese boschive che lavorano in modo equilibrato e serio differenziandosi da altre che, affamate di soldi, preferiscono depredare le montagne calabresi, passando alla ribalta della cronaca per un piccolo periodo per poi essere dimenticate. Un oblio che avviene comunque senza interrompere la propria azione di arricchimento oltre ogni limite e ostacolo.

In questo contesto le imprese serie devono quotidianamente scontrarsi con innumerevoli problemi e sono allo stremo innanzitutto perché mancano punti di riferimento e interlocutori. La Regione Calabria non ha figure professionali adatte e preparate per gestire l’ordinaria amministrazione. Di solito ci si ritrova a conferire con il funzionario di turno che magari riesce anche ad istruire la pratica che ti sta a cuore, lasciandoti però intendere, allo stesso tempo, di essere totalmente inadatto al proprio ruolo. Un progetto di taglio boschivo dovrebbe essere esclusiva competenza di dottori agronomi e forestali. Invece, una volta presentato in Regione, viene istruito da ingegneri, ragionieri, geometri, laureati in lettere o filosofia, raramente da dottori agronomi o forestali. Questo comporta inevitabilmente equivoci, che spesso, e di conseguenza, causano pretese d’integrazioni assurde con relativa sospensione dei lavori. Può succedere quindi che venga bloccato un cantiere dall’oggi al domani e un meccanismo produttivo si arresta. Vi chiedo: come si fa a dire improvvisamente agli operai che non si lavorerà chissà per quanto tempo solo perché la Regione vuole una integrazione di documento (spesso banale e molte volte già fornito)? Poveri operai! E poveri imprenditori, che spesso non sono in grado di tener fede agli accordi commerciali. Cosa impedisce invece alla Regione di richiedere e magari di far pervenire l’integrazione entro 5-10 giorni e solo successivamente, in caso di inadempimento della richiesta, sospendere i lavori? Mistero!

Con la consueta giustificazione della carenza di organico, addirittura capita che l’Ente vada invece ad effettuare un sopralluogo mesi e mesi (in alcuni casi più di 20!) dalla propria, stessa, richiesta.

Basterebbe questo a far capire quanto l’inefficienza della Regione crei gravi danni, al limite dell’irreparabile, al settore. Ma non è tutto.  Si pensi inoltre che in base all’articolo 3 delle PMPF (Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale) si obbligano i proprietari privati di superfici maggiori di 100 ettari a far redigere un Piano di Gestione, mentre invece per le superfici da 50 fino a 100 ettari un piano poliennale di tagli. Attualmente la Regione Calabria, con una lentezza paragonabile soltanto a quella di un bradipo, sta istruendo piani presentati circa 10 anni fa e naturalmente capita che qualcuno di questi risulti scaduto e mai approvato. Infatti nelle more si può eseguire solo un taglio ogni anno.

E se, per “disgrazia”, il terreno rientra nel perimetro del Parco Nazionale del Pollino, le cose cambiano, gli iter cambiano, le autorizzazioni anche. Infatti nonostante l’articolo 6 comma del  D.P.R. datato 15/11/1993 preveda tra le funzioni del Parco del Pollino l’autorizzare tagli boschivi trattati a fustaia, può capitare (come è capitato) che l’Ente Parco non adempia a tale funzione.

In prima persona ho potuto anche constatare che un progetto di taglio in cui si prevede un prelievo di massa legnosa inferiore al consentito, venga approvato ed autorizzato dalla Regione ma poi non autorizzato dal Parco per “carenze progettuali tecnico-amministrative”, addirittura “accertate da procedimento di Stato da parte della Procura della Repubblica”. Per effettuare il lavoro il Parco del Pollino mi ha quindi richiesto il piano poliennale approvato dalla Regione Calabria (che, ricordiamo, sta istruendo ancora quelli di circa 10 anni fa) affermando che non ha mai concesso autorizzazioni in deroga o anticipando i Piani. Ciò non corrisponde a verità e dimostra ulteriormente come ci sia qualcosa di “anomalo” nella gestione degli Enti. Diversi infatti sono i tagli autorizzati senza l’approvazione di relativo Piano, nella fattispecie non vi è traccia di nessun “Procedimento di Stato da parte della Procura della Repubblica”, che tra l’altro ho richiesto in copia allo stesso Ente Parco del Pollino e non mi è stato mai fornito.  Voltando ancora pagina è molto inquietante inoltre l’atteggiamento del Parco che si manifesta ostile con chi propone un taglio giudizioso e rispettoso di un luogo ricadente in zona 1 (una zona di massima tutela) e ZPS (una zona soggetta a protezione speciale).

Alcune volte, infatti, si ha l’impressione che l’Ente Parco non valuti i singoli interventi, ma bensì l’imprenditore che li propone. E quindi può capitare (come è capitato) che per un semplice intervento di ripristino di castagneto da frutto ricadente in zona 2 (una zona dove dovrebbero esserci meno vincoli), da effettuare con regolare progetto presentato e riscontrato con presa d’atto e rilascio di relativo nulla osta di competenza da parte della Regione, che l’Ente Parco improvvisamente decida di far svolgere un accurato sopralluogo ad un funzionario accompagnato da ufficiali e sottoufficiali del Corpo Forestale. Troppo zelanti e sprezzanti dei costi a carico della collettività in nome di una integerrima tutela? Chissà! Sta di fatto che l’interesse del Parco a “tutelare” il suddetto castagneto, da un giorno all’altro è venuto improvvisamente meno, tant’è che successivamente è stato trattato a ceduo nell’indifferenza delle istituzioni.

Qualche tempo fa invece è capitato che su un intervento di taglio boschivo chi scrive sia stato convocato insieme ai tecnici progettisti presso la sede di Rotonda (PZ) per una riunione “operativa” al fine di definire le operazioni di martellata. Un incontro a cui hanno partecipato il funzionario responsabile dell’Ufficio nullaosta, il Comandante del CTA (Coordinamento Territoriale per l’Ambiente) – CFS (Corpo Forestale dello Stato), il Commissario Capo del CTA- CFS, il Comandante di Stazione del CFS e altri funzionari. Nell’occasione si è evidenziata la valenza naturalistica del sito, ricca di biodiversità da tutelare e micro ambienti da salvaguardare, che giustificavano ben 13 prescrizioni imposte dal Parco. Ebbene, a distanza di pochi anni sullo stesso lotto è in atto un taglio che non rispetta nessuna di queste prescrizioni. Addirittura sono state aperte nuove piste e utilizzati mezzi meccanici all’interno del bosco, ogni biodiversità è stata annientata e un intero habitat soppresso. Il tutto nell’indifferenza del Parco del Pollino che è probabilmente complice di uno scempio visibile a distanza di chilometri. Come si spiegano le 13 prescrizioni per salvaguardare un sito che invece oggi appare devastato? Erano veramente necessarie per tutelare il sito o per intralciare un imprenditore?

L’interesse pubblico di tutelare e preservare l’ambiente dovrebbe essere esercitato sempre e comunque, come dovrebbe essere tutelato e garantito il diritto al lavoro. Questo però non succede in Calabria dove la Legge, evidentemente, non é uguale per tutti.

Per. Agr. Franco Iannitelli