Mafia-stato e Calabria. I Piromalli attesi “a braccia aperte” da Tassone (e compari) dell’Udc

Continuiamo a pubblicare gli stralci del libro-inchiesta sulla ‘ndrangheta “Porto Franco: politici, manager e spioni nella Repubblica della ‘ndrangheta” di Francesco Forgione. Dall’omicidio di Salvatore Pellegrino, detto uomo mitra, gli inquirenti hanno scoperto attraverso le intercettazioni cose incredibili sulla famiglia Piromalli… Nel 1975 l’allora ministro del Bilancio Giulio Andreotti è presente a Gioia Tauro per la posa della prima pietra del V Centro Siderurgico che non vedrà mai la luce ma soprattutto per dare un “riconoscimento ufficiale” ai Piromalli e insieme a lui c’è un personaggio incredibile, Aldo Miccichè, scomparso poco più di due anni fa, il cui percorso è a dir poco rocambolesco e porta direttamente alla politica e al rapporto perverso mafia-stato. A Miccichè è stata commissionata una missione quasi impossibile dalla famiglia Piromalli della quale è diretta espressione: far togliere il carcere duro a don Peppino. E zio Aldo si mette al lavoro per cercare il ministro ma non sarà una passeggiata. Dopo il fallimento dei contatti con il ministro Mastella, incasinato per i problemi giudiziari suoi e della sua famiglia, Miccichè parte alla carica con quelli dell’Udc. Gentaglia al soldo del potere… 

Mario Tassone è un deputato eletto in Calabria da sei legislature. E’ forse il più longevo parlamentare italiano assieme ad alcuni senatori a vita. Dopo la fine della Dc ha attraversato la galassia delle sigle centriste per fermarsi all’Udc di Pierferdinando Casini. Da molti anni è vicesegretario del partito. Ai tempi dell’indagine è anche il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia.

Lui, Gioia Tauro la conosce bene, per le antiche frequentazioni di partito, ma anche per quelle nuove. Come Giorgio Dal Torrione, il sindaco dell’Udc che riporterà Gioia “all’ordine”, fino a quando la sua amministrazione nel 2008 verrà sciolta per inquinamento mafioso. Tassone e il sindaco sono amici e il deputato si batterà per farlo vincere. Anche perché a Gioia ce n’era bisogno. Cinque anni di amministrazione del sindaco Alessio avevano seminato solo odio. Si era messo in testa ‘sta cosa della legalità. Poi la “primavera Gioiese”. E persino l’assegnazione al Comune dell’Euromed, il famoso albergo dell’incontro con Andreotti che, dopo tante peripezie, finalmente lo Stato era riuscito a confiscare ai Piromalli. Insomma, Alessio era un uomo di divisione non di concordia. Prima si cacciava e meglio era per tutti. E poi, Tassone, Mariuzzu, come lo chiamano affettuosamente in Calabria, a Gioia ci bazzica da sempre: nel primo governo Berlusconi era viceministro ai Trasporti e si occupava del porto. Il suo era quasi un impegno quotidiano. E con chi doveva avere a che fare? Certo non con i boss dal nome compromettente. Anche perché non è da lui. Ma con gli altri, le autorità che gestivano il porto e ci facevano politica, di sicuro sì. Poi, vai a sapere queste a chi “appartenessero”! Insomma, il politico, per Miccichè, si può contattare senza problemi. Come anche Giovanni Nucera, il capogruppo al Consiglio regionale dello stesso partito che, come Tassone a livello nazionale, era stato vicepresidente della Commissione antimafia regionale.

In Calabria, va così. Confini netti non ce n’è e i personaggi interpretano più parti in scena. Soprattutto in politica, dove in genere si va con il migliore offerente. Nucera ne sa qualcosa. Dopo due anni passati a fare il capogruppo dell’Udc, si trasferisce armi, bagagli, pacchetto di voti e clienti, direttamente al Pdl di Berlusconi.

Aldo, dal Venezuela, dirige una vera e propria segreteria politica della cosca: contatta, consiglia, fissa incontri, prende impegni. In vista del congresso provinciale dell’Udc a Reggio Calabria, dà le indicazioni ad Antonio Piromalli: “Ti stanno aspettando tutti a braccia aperte, da Casini in giù…”. Intanto aveva già dato al cugino, Gioacchino, i numeri di telefono privati di Mariuzzu, “che si è messo a completa disposizione”, e di Nucera, “che aspetta a braccia aperte per tutto quello che avete bisogno”.

Con il linguaggio freddo delle sentenze, così commentano i giudici di Reggio Calabria: “Veramente complessa è la trama che il giovane mafioso di Gioia Tauro sta intessendo! Emerge in tutta la sua reale portata la natura della ‘ndrangheta che vive dei rapporti che instaura col mondo politico per ottenere vantaggi, favori vari, ed in cambio è in condizone di offrire, come si vedrà, ciò che le deriva dall’esercizio del potere criminale sul territorio“. E così continua: “Non può dire con certezza questo Ufficio se le “braccia” di cui parla il Miccichè siano veramente aperte come egli afferma. E’ certo però, per come asserisce il Piromalli, e per come il complesso dell’attività investigativa dimostra, che il Piromalli e il Miccichè tali contatti ricercano, e in parte riescono a stabilire, per precisi fini illeciti“.

Ora, vero è che i giudici, quando fanno i giudici, come dicono qui, scrivono un poco ‘nturciniatu. Ma non è che non si capisca quello che vogliono dire. Insomma, non è un problema solo loro, di sbirri, magistrati e avvocati. E’ dei politici prima di tutto. Ed è mai possibile, che questi non sappiano mai con chi hanno a che fare, chi incontrano e con chi parlano al telefono?

I contatti continuano e si intensificano e i politici ne sono protagonisti diretti. A fine novembre 2007, la famiglia Piromalli è esasperata. I contatti “democristiani”, da Tassone a Mastella, non hanno prodotto i risultati che si aspettavano. L’agitazione creata ha fatto stringere ancora di più le maglie attorno al boss, che non sa di essere intercettato anche durante i colloqui in carcere.

E’ soprattutto il ministero che non riesce a muoversi, come spiega Aldo: “… Mi hanno chiamato e mi hanno detto di stare tranquillo… ma non ho capito cosa sta succedendo… è che la situazione è quella che è… siamo in un Paese di merda! Vedo che sono preoccupati, hanno paura, non ho capito… può essere mai che questo Paese è caduto nelle mani della polizia e di dieci, quindici giudici comunisti?“.

Non sembra vero. Dopo qualche mese, con la vittoria di Berlusconi, e fino alla caduta del suo governo nell’autunno 2011, sarà il presidente del Consiglio, come un disco rotto, a descrivere l’Italia con le stesse espressioni e le stesse identiche parole usate dall’uomo venezuelano dei Piromalli col giovane boss.