Sanremo 2023. Travaglio: “Il Festival degli ex comici”

(Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Fra le mille cose da cui la Rai poteva dissociarsi (le censure al Papa anti-guerra, i tank show pro-guerra, gli orrori dei palinsesti “h 23” esclusi Report, Fiorello, il meteo, il segnale orario e poco altro), ha deciso di farlo da Fedez. Cioè da un rapper che, diversamente da Benigni, capisce la Costituzione e la usa per il verso giusto: per dissacrare il potere in base all’articolo 21, anche se l’aveva fatto molto meglio al concertone del 1° maggio (sparare su uno sfigato viceministro che da ragazzo si travestì da nazi, con tutto quel che sta facendo il governo, è come armarsi di bazooka e poi caricarlo a supposte di glicerina). Nessuna dissociazione invece da Lucio Presta, indagato col cliente Renzi per 700 mila euro di finanziamenti illeciti: anzi a lui fanno organizzare direttamente Sanremo, da cui volevano cacciare Madame, l’artista migliore. Così questo si conferma il festival degli ex comici: Zelensky, Benigni e il futuro ex comico Angelo Duro, che Amadeus annunciava così scomodo da invitare ai telespettatori più impressionabili a cambiare canale: manco fosse tornato Luttazzi, o Grillo. Invece è arrivato uno che parlava di tatuaggi, mogli, mignotte e, siccome non rideva nessuno e nessuno aveva pregato il pubblico di ridere (come i claqueur per Benigni) s’è calato i pantaloni.

Invece fa molto ridere la notizia diramata dai quirinalisti ispirati dall’ermo Colle e sprezzanti del ridicolo: la presenza di Mattarella a Sanremo per applaudire il pistolotto di Benigni sulla Costituzione tornata bella avrebbe un profondo significato politico. Corriere: “All’Ariston il profilo autentico del presidente. Con un 2023 dedicato alla Carta”. Rep: “Il caso Benigni. La musica della Costituzione”. Merlo (sempre su Rep): “Su quel palco la nuova resistenza”, “Benigni e il mite presentatore eroi della Nuova Resistenza nell’era della politica fragile. Stampa: “Lo scudo del Quirinale. Nelle intenzioni del Colle l’incursione al festival è solo l’inizio: altri eventi pubblici seguiranno con al centro la difesa della Carta” contro le oscene riforme delle destre sull’autonomia e il presidenzialismo. Ma tu pensa: Mattarella, che non fece un plissé nel 2001 da ministro della Difesa quando il centrosinistra cambiò (in peggio) il Titolo V a colpi di maggioranza e nel 2016 appoggiò pubblicamente il Sì alla schiforma (in)costituzionale Renzi-Boschi-Verdini, ora non vuole che gli si tocchi la Carta perché gli piace di nuovo. Come a Benigni. E, intendiamoci, meglio tardi che mai. Solo che quella stessa Costituzione gli assegna il potere di non firmare e rinviare alle Camere le leggi sbagliate, oltre al diritto di parlare contro quella norma pericolosa. In quale articolo c’è scritto che, se non gli piace una legge, manda avanti Benigni?