Due sono le domande che hanno aleggiato a lungo – anche nella notte di San Silvestro – per capire a fondo lo scandalo dell’ultimo dell’anno ovvero la clamorosa “mazzetta” del prefetto Paola Galeone, presa con le mani nella marmellata senza se e senza ma mentre si metteva nella borsa 700 euro versategli da una imprenditrice che aveva informato preventivamente la polizia.
Perché non è stata arrestata? E come mai, in una città come Cosenza, dove custodire un segreto è praticamente impossibile e dove le talpe sguazzano sia nei corridoi della procura sia in quelli della questura, nessuno ha “soffiato” una sola parola all’orecchio del prefetto?
CINZIA FALCONE E L’ASSOCIAZIONE ANIMED
Proveremo a rispondere a queste domande ma prima è necessario chiarire chi è che ha denunciato il prefetto, anche soltanto per completezza di informazione. L’imprenditrice “coraggiosa” risponde al nome di Cinzia Falcone, presidente dell’associazione Animed, impegnata in attività di solidarietà a tutela dei diritti delle donne. Ma a quanto pare anche titolare di una licenza di un centro per migranti a Camigliatello Silano già finito qualche anno fa alla ribalta delle cronache in maniera tutt’altro che onorevole.
L’associazione in questione infatti è la stessa che gestì per qualche mese il famigerato lager dedicato ai migranti a Camigliatello Silano, chiuso dal prefetto di Cosenza nel 2017 (all’epoca era Gianfranco Tomao) per gravi carenze igienico sanitarie e per violazione dei diritti dei minori. In pratica questa associazione, come riferisce il comunicato rilasciato dagli operatori dei progetti SPRAR che ispezionarono il Centro di accoglienza posto a Camigliatello presso l’ex Hotel “La Fenice”, al suo interno A.N.I.MED. (Associazione Nazionale Interculturale Mediterranea) gestiva circa 170 persone, tra cui 8 donne e, probabilmente, 8 minori.
Queste le dichiarazioni dopo l’ispezione sulle condizioni di vita dei migranti all’interno del Centro. “Quella che ci si presenta davanti è, dunque, una situazione a dir poco pessima: molti degli ospiti sono, infatti, costretti a dormire su materassi stesi sul pavimento, senza lenzuola né cuscini; la corrente elettrica all’interno della struttura è assente per molte ore al giorno, garantita solo da un gruppo elettrogeno che, ovviamente non può sostenere il fabbisogno di 170 persone; stessa cosa dicasi per l’inesistente acqua calda. I ragazzi ci mostrano, inoltre, abrasioni e irritazioni cutanee sulle loro gambe lamentando la mancanza di assistenza sanitaria… Tutti gli abiti che hanno addosso, eccetto le famose ciabatte da mare, sono stati donati dalla popolazione locale; il pocket-money non è stato più erogato; per poter mangiare sono costretti a risse quotidiane, in considerazione del fatto che la “sala mensa” del centro ha al suo interno un solo tavolo, dove viene adagiato il vitto…”.
Aggiungono che “… 30 ragazzi, qualche giorno prima della nostra visita, sono stati trasferiti d’urgenza chissà dove, per aver osato protestare contro la condizione in cui erano costretti a vivere, e precedentemente descritta…”. Insomma, quello che descrivono gli osservatori è in sostanza il classico lucro oggi in voga sulla pelle di questi disperati. Intascare i soldi e abbandonarli al loro destino.
Dunque, la signora Cinzia Falcone, dopo questa breve ma intensa esperienza, è passata dai profughi alla violenza di genere.
La signora Falcone è anche la cugina di un consigliere comunale di Cosenza, Fabio Falcone, che fa parte della “banda” di Mario Occhiuto, meglio conosciuto come il cazzaro. E l’associazione Animed, dopo il can can dei migranti di Camigliatello, si ripresenta in pubblico nel mese di aprile del 2017 per l’organizzazione allo stadio comunale di Cosenza “Gigi Marulla” di un singolare triangolare dal tema: “Il sangue rosa”. A scendere in campo la Nazionale Magistrati, la Nazionale Fascia Tricolore (sindaci) e le donne, ovvero la squadra composta dalle deputate.
Insieme a Cinzia Falcone a molti non passò inosservata la collaborazione di una gentile signora di nome Viviana Solari, molto vicina al sindaco stesso, della quale abbiamo scritto più volte come beneficiaria di consulenze e che all’epoca collaborava con la Falcone per conto dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). L’iniziativa in questione, dunque, riguardava un tema purtroppo molto attuale: la violenza di genere. L’ingresso costava il prezzo simbolico di 2 o 3 euro ed è stato devoluto alle associazioni sul territorio. Il calcio d’inizio era stato affidato addirittura al prefetto Gianfranco Tomao, quasi a simboleggiare che non c’erano più problemi con l’associazione Animed.
Tuttavia, con tutto il rispetto per Cinzia Falcone, che pure aveva rilasciato interviste e aveva posato per molte foto col cazzaro e i suoi scagnozzi, la “stella” della manifestazione era stata decisamente Viviana Solari, la biondina alla quale i cosentini, per almeno due anni, hanno pagato una consulenza di 30.000 euro all’anno... Otto e nove fora maluacchiu avrebbe detto Madame Fifì…
La signora Solari già da un po’ di tempo frequentava la nostra città, e la prima volta è apparsa pubblicamente al “Marulla”, proprio insieme alla Falcone come organizzatrice della “Partita del cuore” di cui sopra.
Cinzia Falcone, successivamente, deve avere avuto ancora altri contatti con la Prefettura, dove nel frattempo – a luglio del 2018 – si era insediata Paola Galeone. E infatti molti, in queste ore concitate, ricordano che lo scorso 30 novembre, quindi appena un mese fa, Cinzia Falcone e Paola Galeone erano insieme al Teatro Rendano per una iniziativa organizzata dalla Prefettura e nel corso della quale si svolgevano le solite premiazioni al cospetto della borghesia cosentina con tanto di giornalisti al seguito. I rapporti pubblici erano improntati alla massima cordialità ed esistono addirittura fotografie che immortalano insieme la Falcone e la Galeone. Forse l’imprenditrice aveva ancora a che fare qualcosa con le questioni relative ai migranti? O forse voleva riprendere quell’attività?
Allora, ricapitolando: perché questi rapporti cordiali improvvisamente sono diventati “altro”? Ognuno è libero di interpretare a modo suo quanto è accaduto, sulla scorta anche di quanto abbiamo scritto in precedenza. E, contestualmente, è arrivato anche il momento di rispondere alle due domande di partenza. Perché Paola Galeone non è stata arrestata pur essendoci la flagranza di reato? La risposta potrebbe risiedere in un particolare che magari non sarà noto a Cinzia Falcone ma che invece è certamente vagliato dalla polizia, e circola abbondantemente in queste ore a Cosenza: Paola Galeone sarebbe affetta da una forma molto grave di ludopatia e la conseguenza di questa malattia a tutti gli effetti l’avrebbe portata a fare sciocchezze incredibili per cercare più denaro possibile e a quanto pare non solo con Cinzia Falcone. Del resto, chi è “schiavo” del gioco ricorre a tutti gli espedienti possibili per rastrellare soldi da utilizzare per la pressoché infinita varietà di “tavoli” o “macchinette”, a seconda della tipologia della ludopatia. Malattia che affligge spesso e volentieri anche chi ha ruoli di grande responsabilità, come nel caso della Galeone. Ragion per cui, alla fine, la procura non avrebbe infierito con l’umiliazione dell’arresto. Ipotesi e congetture, ovviamente, che fanno parte del quadro investigativo generale e di conseguenza filtrano anche in molti “luoghi sensibili” della città, a cominciare dalla procura.
Già, la procura o meglio il porto delle nebbie… Sembra strano che in una procura infestata di talpe, il prefetto non sia stata protetta. Generalmente un cancelliere avrebbe “sanato” il tutto con una provvidenziale telefonata e tutto sarebbe finito con un nulla di fatto. E invece questa volta, niente. Perché? Ma perché il nuovo capo della Squadra mobile, sfruttando le 48 ore a disposizione degli organi inquirenti per svolgere le prime indagini, dopo avere raccolto la denuncia della Falcone, è passato immediatamente alla seconda parte del “piano” senza informare la procura stessa, com’è sua facoltà. Successivamente, con le prove in mano, il capo della Squadra mobile ha informato il procuratore Gattopardo, il quale – dopo essersi fatto un po’ di conti – ha evitato l’arresto alla signora Galeone.
Ma non c’è solo la presunta ludopatia del prefetto al vaglio degli investigatori. Il fatto risalirebbe a prima di Natale e, da quel giorno, la macchina investigativa si è messa in moto e l’indagine potrebbe portare a nuovi e clamorosi sviluppi. Non solo per la figura del prefetto, il cui studio è stato perquisito dagli uomini della Squadra mobile di Cosenza. La polizia, come da prassi, ha informato della vicenda il capo Franco Gabrielli e il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. E tutti attendono di saperne qualcosa in più.
Tuttavia, da bravi cronisti, non possiamo nascondere ai nostri lettori un ultimo retroscena di questa vicenda. Paola Galeone è stata prefetto di Benevento dal 2014 al 2018, e i colleghi giornalisti della città campana sono rimasti particolarmente colpiti da questa disavventura del prefetto. E sono in molti a ricordare che nell’estate del 2018 fu trasferita, all’improvviso, mentre deflagrava l’inchiesta sui migranti che portò all’arresto di Paolo Di Donato e di altre quattro persone, tra cui un funzionario della stessa Prefettura. Che ci sia qualche altro “scheletro” nell’armadio del prefetto riguardante ancora i migranti? Lo sapremo nelle prossime ore. E sono già in molti a considerare che, se non è scattato l’arresto, oltre che alla pista della ludopatia, se ne potrebbe seguire anche un’altra: il mancato arresto potrebbe “nascondere” anche ulteriori indagini da parte della Squadra mobile e della procura, che non potrebbero non coinvolgere la stessa imprenditrice denunciante.