Capodanno o capo danno? (di Giulio Bruno)

Capodanno o capo danno?

di Giulio Bruno

Abbiamo fatto 30, facciamo 31. Tanto, uno in più… uno in meno… Capodanno o… capo danno, inteso come inizio di un evento dannoso? La linea sottile attraversa e divide la fine dall’inizio, il prima dal dopo, il già fatto dal farò. Farò o falò? Bruciano i sacchi di immondizia per strada, bruciano i fuochi d’artificio l’ultimo dell’anno, bruciano le candidature elettorali. Brucia la città, ma ai tempi nostri non esiste nessun Nerone, Nerone oggi è un nome da gatti. Randagi ma, al contempo, con troppi padroni. Padri, padroni e padrini. Piccoli felini domestici che provano a fare le fusa, ai quali destinare pochi grattini e tanti Gratteri.

Gratta gratta, alla fine esce sempre fuori qualcosa; gratta gratta come in un gratta e vinci, come nella ruota della fortuna. Ruota sì, ma senza fortuna, solo panoramica. Al massimo una panoramica dentale, ma la poltrona del dentista fa sempre paura. Poi, è ovvio, dipende sempre dalla poltrona, che’ sei vai a Roma la perdi e se torni da Roma non sai se la conservi.

Ma che buone le conserve della nonna, quelle che quando le assaggi a Capodanno ti deliziano il palato. Hai detto palato? No, ho detto Pilato, che’ qui di mani sporche ce ne stanno tante. Che’ qui non si salva nessuno, neppure poeti, navigatori, santi e Santelli. O naselli. A proposito di naselli, quanti buoni pesciolini sulle nostre tavole imbandite dell’ultimo dell’anno!

Tonnetti interclassisti del vibonese, prelibati Pi(a)ttelli tirati su nella rete senza foro del foro catanzarese, pesce Occhione (o Occhiuto) -altrimenti detto pezzogna- direttamente dai migliori fondali cosentini. Scusa, hai appena detto pezzogna? No, ho detto menzogna come per dire falso o bugia; provo a non essere parco di aggettivi.

Parco? Ma quale parco? Una volta c’era un parco, oggi solo distruzione, traffico impazzito, piste ciclabili che nessuno mai utilizzerà, immondizia e abbandono. Una condizione da terzo mondo, anzi da sesto.

Stavolta hai detto dissesto. Ti sbagli, stavolta ho detto proprio sesto, come il senso che proviamo disperatamente a dare alle nostre maledette vite. Vite come quella che produce del simil-rosso “etichetta Renziana doc” nel basso Jonio cosentino, che dopo un po’ purtroppo diventa aceto per un disgraziato processo chimico.

Processo? Quale processo? Non ci sarà nessun processo, che lo si faccia o non lo si Facciolla: non meritiamo nessun dono o Donato, solo altre bugie. Ascolta a me: nessuno con noi sarà clemente, tutt’al più Clementino… per anestetizzarci il cervello e indurci a credere, o indurci a far finta di credere, che andrà tutto bene…