Brunori e il suo album. “Mi piacerebbe che restasse un sorriso dopo un piantino…”

Da 24 ore ormai è uscito il nuovo album di Brunori Sas “L’albero delle noci” per Island Records. Anche noi lo abbiamo recensito, ma è chiaro che è altrettanto doveroso ascoltare anche il… diretto interessato ovvero Dario Brunori.

L’ALBERO DELLE NOCI, UN CONCENTRATO DI PURA ISPIRAZONE (https://www.iacchite.blog/brunori-sas-lalbum-lalbero-delle-noci-e-un-concentrato-di-pura-ispirazione/)

L’albero delle noci esce cinque anni dopo Cip! Tu non senti la pressione della tempistica della discografia attuale?

«Ma no, perché io ho la fortuna di aver costruito negli anni un percorso per cui anche adesso che sono all’interno di una major non ho questo tipo di pressioni. Devo dire che mi lasciano una grande libertà anche di uscita, forse perché sanno che altrimenti non funzionerei. Quindi comunque se ti pigli Brunori, sai anche che cosa t’aspetta»

Non saresti più Brunori, no?

«Io non ho quei tempi là, non posso averli, anche perché la mia proposta non ha quel tipo di obiettivo. Io cerco sempre di far sì che le mie canzoni siano racconti di vita e quindi uno un pò la vita la devo vivere, non è che posso raccontare dopo sei mesi»

Cosa troveranno i tuoi fan di nuovo in questo disco?

«Ho cercato di non ripetermi ma senza fare rivoluzioni sciocche. Mi sono detto: “Ok se non vuoi andare da oggi in poi col pilota automatico e campare di rendita su quello che hai fatto, c’è la necessità di fare qualche cambiamento”. E uno di questi era anche proprio sul sound, sul cercare di esplorare territori che non hanno proprio strettamente a che fare con la formula chitarra e voce. Alcuni brani così li abbiamo lasciati ma non volevo fare un disco di tutte ballad»

Nel disco sembra essere tornata un po’ una visione dalla provincia, che poi è quella del periodo in cui la tua musica è diventata nota.

«La funzione della provincia come stimolo artistico è sempre molto potente. Funziona perché l’Italia continua a essere un Paese di paesi, quindi c’è un tessuto umano che invece si rivede di più nel canto della provincia che non nelle storie metropolitane»

E dalla provincia come si vede la città?

«La provincia è affascinata dalle storie metropolitane perché non le vive. Io vedo i miei nipoti, che stanno in un paesino in Calabria, che chiaramente sono affascinati dalla trap. Perché comunque racconta anche un contesto che loro vivono molto da lontano, quindi sono affascinati da quello che non vivono»

Tra l’altro tu, altra scelta controcorrente rispetto i trend, hai deciso di vivere nel tuo paese in Calabria…

«Non lo so se è un disco che parla tantissimo del vivere in un paese, però sicuramente il mio sguardo è lo sguardo di uno che vive lontano dai centri grossi. Il vivere lontano mi dà la possibilità di guardare alle cose del mondo con uno sguardo privilegiato. E poi mi tiene anche coi piedi per terra, perché è chiaro che una cosa è fare quello che faccio a Milano, una cosa è farlo in un contesto dove alla fine, si, sei un cantante, però sei pure Dario Brunori e basta».

Cosa ti piacerebbe rimanesse di questo disco in chi lo ascolta?

«Un sorriso dopo un piantino. Mi piacerebbe proprio che ci fosse quella felicità che t’arriva dopo un bel pianto liberatorio»