Attentato a Ranucci, ecco i nemici del giornalista

di Giorgio Bongiovanni

Fonte: Antimafia Duemila 

Nelle inchieste la chiave per capire chi vuole colpire il conduttore di Report

Una bomba che poteva uccidere. Grazie a Dio non è successo ma dobbiamo partire da qui per analizzare ciò che è avvenuto giovedì notte davanti all’abitazione del giornalista e conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, simbolo del giornalismo investigativo.

Negli anni si è occupato di mafia, di traffico di rifiuti, di guerra e molto altro ancora dando un grandissimo contributo alla ricerca della verità su fatti e misfatti compiuti dal potere.

Basti pensare agli scoop sull’uso delle armi al fosforo usate dagli americani a Falluja o al ritrovamento dell’ultima intervista rilasciata dal giudice Paolo Borsellino ai due giornalisti francesi in cui si parla di Vittorio Mangano, Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi.

Personalmente ci conosciamo da quando avemmo l’occasione di intervistare il collaboratore di giustizia Totò Cancemi, ex capomandamento di Porta Nuova e fedelissimo di Totò Riina.

Quando nel 2017 prese il posto di Milena Gabanelli alla conduzione di Report, era logico che si sarebbe esposto maggiormente, e Ranucci lo ha sempre fatto con coraggio, anche denunciando i continui bavagli, a colpi di provvedimenti legislativi, che i governi che si sono succeduti cercano di mettere al giornalismo investigativo.

Ma le inchieste di Ranucci e della sua squadra non si sono fermate. E’ chiaro che ciò ha dato fastidio. Ma perché colpire ora, con un ordigno, seppur rudimentale? Perché mettere in atto un’azione tale? E soprattutto chi ha compiuto quel delitto? Su mandato di chi? Già nell’ottobre 2021 era stato scoperto un complotto ordito da un trafficante di droga legato alla ‘Ndrangheta per assoldare due killer albanesi e ucciderlo. Motivo per cui la sua scorta – che aveva dal 2010 – è stata rafforzata al massimo livello. A novembre 2024, dopo un servizio sul conflitto israelo-palestinese, lui e la redazione di Report hanno ricevuto minacce che invocavano un’azione simile all’attentato di Charlie Hebdo.

Ranucci ha sempre denunciato all’autorità giudiziaria.  Lo scorso marzo, nel corso di un convegno sulla libertà di stampa, ha riferito di aver avuto la certezza che i servizi segreti fossero stati attivati contro di lui per ottenere informazioni sulla sua attività giornalistica. E nel suo libro “La Scelta” racconta tutti gli attacchi ed i tentativi di delegittimazione subiti negli anni. Dunque chi è che vuole morto Sigfrido Ranucci? E perché?
Le parole di Sigfrido

Dopo essere stato sentito per due ore dai magistrati della Procura di Roma Ranucci ha dichiarato: “Abbiamo delineato un contesto. Ci sono quattro-cinque tracce importanti che pero’ per coincidenza alla fine riconducono sempre agli stessi ambiti”. E poi ancora: “Sono cose molto complesse da provare – ha aggiunto -. Io sto presentando denunce su minacce ricevute dal 2021, quattro in particolare quelle più pesanti. Da quello che so al momento sono tutti fascicoli contro ignoti”.

Successivamente, ospitato da Marco Damilano nella puntata del “Il cavallo e la torre”, andata in onda su Rai 3, e da Lilly Gruber ad Otto e mezzo su La7, ha dato qualche indicazione in più.

Così abbiamo appreso che i proiettili rinvenuti in passato davanti a casa sua, sono stati posti in prossimità di servizi importanti che svelavano retroscena di alcune inchieste sul caso Moro, ma anche sull’uccisione di Piersanti Mattarella, quando raccontavamo di quei collegamenti tra mafia, deep state e la destra eversiva. E’ chiaro, dunque, che si debba guardare alle inchieste di Report, per individuare i possibili mandanti del delitto. Quelle del passato e del futuro. Non solo.

Da tempo contro Ranucci soffia un vento di odio ed insofferenza da parte della politica. E ieri Ranucci ha rilasciato un’intervista anche a In mezz’ora su Rai 3

“Tocchiamo talmente tanti interessi, talmente tanti argomenti, talmente tanti centri di potere che è un po’ impossibile capire l’origine” dell’attentato, ma “io credo che sia opera di qualcuno legato alla criminalità, o comunque di qualcuno che si serve della criminalità. Non vedo scenari di mandanti politici, la politica ha altri strumenti se vuole fare male. Quindi sarei molto più con i piedi a terra, tuttavia è possibile che qualcuno possa pensare di fare un favore a qualche amico, questo sì”. “Il messaggio io credo sia stato quello di dire che chi l’ha fatto conosce i miei spostamenti, conosce anche le mie abitudini, questo è abbastanza chiaro”, spiega il giornalista. “Abbiamo in ballo delle puntate molto delicate che riguardano interessi anche criminali e questo può farci pensare che l’origine sia quella, ma nessuno esclude che possa essere qualcosa invece di passato”.

Oggi la solidarietà nei confronti del conduttore di Report è trasversale, ed è giunta anche dalle più alte cariche dello Stato (Presidente del Consiglio e Presidente del Senato compresi), ma non  dimentichiamo che proprio quelle figure, accompagnate da altri “compagni di partito”, di coalizione, e talvolta anche di opposizione, aiutati dalla solita stampa servile, hanno espresso tutto il proprio rancore contro Ranucci e la redazione di Report. C’è chi lo ha fatto con le parole, chi a colpi di querele e richieste di risarcimento danni. Oltre 178 sono quelle che ha subito il programma negli ultimi anni. E’ facile oggi esprimere solidarietà di fronte ad una bomba esplosa. Ma se davvero si vuole sostenere la libertà d’informazione queste querele andrebbero cancellate. E il giornalismo investigativo rafforzato. Invece no. I nostri politicanti scelgono la complice ipocrisia.

Querele e attacchi personali

Complici, perché sono loro, con le loro affermazioni ed azioni, che hanno in qualche modo “armato” o comunque “legittimato” l’attentato contro Ranucci. E la lista di persone, politici, uomini delle istituzioni ed imprenditori che pubblicamente hanno delegittimato, isolato, contrastato ed offeso il conduttore di Report è davvero lunga. Nell’ultima legislatura la più nota è quella ricevuta dal partito di Fratelli d’Italia, per il servizio dell’inviato Giorgio Mottola, che parlava dei rapporti del padre della premier con il boss Michele Senese.

Querele sono arrivate anche dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, e da Gaetano Caputi, capo di gabinetto di Meloni, in relazione all’inchiesta, anche questa di Mottola, sul presunto ruolo del governo nella scalata di Monte Paschi su Mediobanca.

Ci sono poi le querele del presidente del Senato Ignazio La Russa, che definì Ranucci un “calunniatore schifoso” e i suoi giornalisti “lavoratori sporchi”, e quella del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. La lista si allunga con le denunce del ministro Adolfo Urso, della ministra Daniela Santanchè e del suo ex compagno e quella della sottosegretaria Isabella Rauti.

Poi le due denunce della famiglia Berlusconi e di Marta Fascina, oltre a quelle del senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che nel novembre del 2023, nel corso dell’audizione di Ranucci in Vigilanza, si presentò con un cognac da offrire al giornalista per farsi coraggio e una carota. Uno spettacolo indecente ed arrogante compiuto da un senatore della Repubblica membro della Commissione di Vigilanza RAI e della Commissione Parlamentare antimafia.

Sempre Gasparri si espresse contro Report dopo la messa in onda dell’inchiesta “Mori va alla guerra”, andata in onda nel giugno scorso a firma di Paolo Mondani, in cui si dimostrava come, l’ex generale del Ros – già imputato e assolto in tre diversi procedimenti ed oggi indagato a Firenze per le stragi del 1993, con l’aggravante della finalità mafiosa e terroristica – si fosse mosso per orientare i lavori della Commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, indicando alcuni consulenti da inserire in Commissione.

Arrivò, con Forza Italia, a chiedere persino “un’ispezione presso la Procura di Firenze per individuare i responsabili della diffusione abusiva di intercettazioni”. Al contempo lo stesso Mori tramite il suo avvocato Basilio Milio, presentò un esposto al Procuratore generale presso la Cassazione, al Csm, al ministro dell’Interno e al ministro della Giustizia, per avviare indagini e accertare responsabilità su un’eventuale rivelazione di segreti d’ufficio in relazione a quanto fu trasmesso da Report e pubblicato dal Fatto Quotidiano.

La ricerca della verità sulle stragi degli anni Novanta sono un punto nodale. Furono indecenti le parole che Marina Berlusconi dedicò al programma dopo l’inchiesta del gennaio 2025 in cui si parlava delle stragi del 1993, ma anche dei legami tra Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e la mafia. La figlia di Berlusconi definì il servizio “pattume mediatico-giudiziario” e fu sostenuta dall’intero centrodestra, ma anche dal leader di Italia Viva Matteo Renzi.

Quest’ultimo, del resto, fu protagonista di una lunga querelle con Report per il servizio, che lo ritraeva con l’agente dei servizi Marco Mancini in un incontro ad un autogrill. E ancora prima per un’inchiesta sull’acquisizione dell’Unità da parte del gruppo Pessina. Del resto le inchieste di Report hanno sempre riguardato esponenti di tutti gli schieramenti. Ed il “fastidio” è sempre stato bipartisan. Come avvenne nel novembre 2021 quando il conduttore di Report ha parlato della terza dose  dei vaccini anti-Covid 19 alla stregua di un “business” delle case farmaceutiche. Vi furono reazioni da parte del mondo scientifico ma anche dalla politica. Si può ricordare ad esempio gli interventi del Partito democratico, attraverso i parlamentari che sedevano in commissione di Vigilanza Rai, che parlavano di “speculazioni dietrologiche”. Ma Ranucci ha sempre difeso il diritto all’informazione e non ha fatto altro che porre domande, soprattutto scomode.
Pressione Rai

Le pressioni in Rai hanno portato frutti tanto che quest’anno sono giunti richiami ufficiali al conduttore e il depotenziamento della trasmissione con l’annuncio di ben quattro puntate in meno nella prossima stagione. A ciò, si aggiungono dossieraggi funzionali agli interventi di alcuni parlamentari che hanno chiesto di porre Report sotto controllo. E già nel gennaio 2025 una circolare dell’ad Rai aveva imposto la figura di un controllore e di una struttura editoriale esterna ai programmi di approfondimento, rimasti senza una figura di collegamento con la direzione. E pochi mesi dopo, a Ranucci venne tolta la responsabilità della firma su documenti di natura amministrativa, come l’autorizzazione delle trasferte dei collaboratori. Un “semplice allineamento alla normativa aziendale”, afferma la Rai. Ma è evidente l’intento di tenere sotto controllo il lavoro della redazione di Report.
Finito nel mirino

Ovviamente Ranucci dà fastidio anche alla criminalità organizzata. Lo stesso giornalista nel 2010 raccontò che “un esponente dei Santapaola voleva farmi ammazzare, ma l’omicidio fu stoppato da Matteo Messina Denaro”. Lo stesso nel 2021 quando si alzò il livello di allerta con l’assegnazione della scorta h24. “Un narcotrafficante legato alla ‘Ndrangheta e al cartello di Pablo Escobar aveva incaricato due killer albanesi di spararmi – rivelò Ranucci -. Non aveva gradito un mio servizio sui rapporti tra politica e criminalità”.

Gli organi inquirenti guardano anche a questi mondi per dare un volto all’attentatore, ma non si può non guardare ai contesti che abbiamo citato in precedenza. E’ nelle inchieste che ha fatto Ranucci che si trova chi lo vuole morto. E la politica, quando delegittima ed isola chi non cerca altro che la verità dei fatti, può essere responsabile. Quantomeno sul piano morale.

C’è persino chi lo ha capito come il sindaco e Presidente della Provincia di Terni Stefano Bandecchi. In passato aveva attaccato il conduttore di Report per i servizi realizzati sull’università Niccolò Cusano e sullo stesso sindaco, ma ieri, su Instagram ha detto: “Non è un uomo che mi sta simpatico e non ho mai avuto una grande stima. Ma quello che gli è successo è inaudito, mostruoso. Sono felice che non sia successo nulla a lui, alla sua famiglia e a nessun altro. Questo clima non è sopportabile e deve essere placato, siamo andati fuori da ogni ragionevole questione normale. Cerchiamo di far tornare i cervelli nelle nostre teste, non torniamo agli anni ‘di fuoco’ e alle bombe”.

Anche l’ex ministro e presidente della Regione Lazio Francesco Storace, ora conduttore su Rai Radio 1 della trasmissione ‘Il rosso e il nero’, ha scritto su X:  “A mente fredda voglio dire a destra e a sinistra che se un giornalista subisce un attentato, la solidarietà va manifestata soprattutto con un gesto: ritirando qualunque querela contro di lui” questo perché “con ciò che è accaduto a Ranucci siamo oltre ogni limite: ed è inaccettabile che da qualcuno di sinistra si punti l’indice contro la destra e che da qualcuno di destra si scriva che Sigfrido se la sia cercata”.

Una grande responsabilità nell’isolamento la può avere anche la carta stampata. Dopo l’inchiesta su Berlusconi nel 2025 il Foglio, nella rubrica di Andrea Marcenaro, “Andrea’s Version”, pubblicò un articolo particolarmente duro contro Ranucci. Il testo faceva riferimento al lavoro di Ranucci come inviato durante lo tsunami del 2005 in Sumatra scrivendo: “Era il 2005, per Ranucci purtroppo sembrava fatta. È riuscito a tornare”. Come a dire che sarebbe stato meglio che fosse morto.

Il figlio di Ranucci, Emanuele, aveva risposto su Facebook: “Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l’ultimo, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e Digos in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre”.

Cosa hanno da dire tutti quei politicanti falsi ed ipocriti che oggi esprimono solidarietà ed in passato hanno indegnamente delegittimato e massacrato anche sul piano personale il lavoro del giornalista facendolo diventare un bersaglio?

Cosa diranno, eventualmente, se venissero chiamati a testimoniare dagli organi inquirenti che dovranno fare un’indagine esplorativa anche sul contesto del lavoro di Ranucci per individuare il movente dell’assassino ed autore della strage?

Sappiamo che le indagini guardano al mondo della criminalità organizzata con la Direzione distrettuale antimafia che ha aperto un fascicolo per danneggiamento con l’aggravante del metodo mafioso, in attesa di ricevere le prime informative dalle forze dell’ordine intervenute. Ma se si vuole arrivare ai mandanti va fatta un’analisi a 360°. Ranucci ha già dato alcune indicazioni.

Intanto Report tornerà in onda il prossimo 26 ottobre ed il giornalista ha già annunciato che si tornerà a parlare delle banche, di sanità, della mancanza di medici ed infermieri, di fondi cultura, di ricerca, di scuola e mondo dell’eolico.

Come ha detto la conduttrice storica di Report Milena Gabanelli, l’attentato non intimidirà né Sigfrido Ranucci, né la squadra di Report “perché hanno tutti scelto di fare questo mestiere e lo stanno facendo da decenni perché ci credono, credono nel valore dell’informazione e la passione è più forte della violenza. Ricordatevelo, voi che avete messo quell’esplosivo sotto quell’auto. Non ce la farete a intimidirli, mai”. Sta a noi, come cittadini prima ancora che colleghi, affiancarli e non lasciarli soli.