Bonafede: i corrotti devono andare in carcere

Ci ha provato in tutti i modi, il Pd, a tirare in ballo il neo ministro alla Giustizia Bonafede nella nota vicenda sulla “presenza” dell’avvocato Lanzalone nel Municipio di Roma. Non avendo altro a cosa appigliarsi per arginare i gravi danni che il neo ministro sta infliggendo al Pd – ha escluso dal ministero tutti quei personaggi legati al vecchio e stantio carrozzone affaristico/clientelare del Pd/Forza Italia, e si annuncia, molto probabilmente, dopo il voto dell’8 e 9 luglio, anche un forte ridimensionamento dei togati nel Csm di “Magistratura Democratica” – qualcuno, furbescamente e maliziosamente, lo accusa di aver fatto pressioni sul sindaco Raggi per l’ingresso di Lanzalone nel Comune di Roma. Strumentalizzando l’interrogatorio del sindaco Raggi reso davanti al pm Paolo Ielo con lo scopo di buttare fango sul ministro, in un vano, quanto infame tentativo di screditare una persona per bene sperando, con questo, di bloccare la sua azione di forte e sincero cambiamento. Ma i loro squallidi metodi non fanno più paura a nessuno. Men che meno al ministro.

Infatti Bonafede, dopo aver sistemato il suo ufficio, bonificandolo da avvoltoi, sciacalli, e simili, ha subito elencato le priorità del ministero: oltre ad “ordinare con urgenza” il sistema Giustizia oramai quasi al collasso, mettendo subito mano ai tanti problemi che da sempre si porta dietro, una delle prime cose da fare è quella di “garantire” la galera ai corrotti. Fino ad oggi sempre esclusi da questa misura. Infatti di corrotti in galera non ce ne sono. Eppure la corruzione in Italia vale un tesoro enorme.

Dice Bonafede: “I corrotti devono andare in carcere. La prevenzione ed il contrasto alla corruzione è uno dei punti qualificanti del programma di governo. Intendo mettere in campo le misure più risolute per stroncare questo fenomeno. Nessuna lotta al malaffare potrà dirsi credibile se alla condanna per i reati contro la pubblica amministrazione dei cosiddetti colletti bianchi non seguirà un’adeguata o alcuna pena detentiva”.

Una verità che più verità non si può: i corrotti non hanno mai pagato. La fanno sempre franca. Un esempio: il massimo della pena che hanno subito i corrotti a Cosenza, parliamo di dirigenti e funzionari del Comune coinvolti nelle inchieste della Manzini sugli appalti spezzatino, è stata l’interdizione per tre mesi dal lavoro senza sospendergli lo stipendio. Come a dire: 3 mesi di vacanza pagati. È chiaro che essere un corrotto conviene. Se questa è la punizione.

Per non parlare dell’impunità di cui hanno sempre goduto i politici collusi e i pezzotti di vario calibro, a Cosenza. Se esistono i corrotti è perchè non esiste la Legge in città. O meglio la Legge si applica solo agli oppositori della potente lobby, o cupola se preferite, che da decenni governa il malaffare in città. Senza la complicità della procura tutto ciò non sarebbe possibile.

Impossibile non vedere l’illegalità nella pubblica amministrazione a Cosenza. Se ci fosse una procura seria o un pm coraggioso, Cosenza sarebbe balzata agli onori della cronaca italiana da tempo: il “Sistema Cosenza” è un esempio concreto di come agiscono le lobby a livello locale, dove i controlli ministeriali non arrivano mai. Lobby  composte da tutte le figure istituzionali più importanti del territorio: procuratore capo, giudici, prefetto, vertici delle forze dell’ordine, colletti bianchi pubblici e privati, e naturalmente i politici marpioni che si accompagnano sempre con prenditori specializzati di denaro pubblico, professionisti dell’intrallazzo e mafiosi vari che hanno come unico scopo quello di trarre profitto, lucro e privilegi dal bene comune, coprendosi l’un l’altro. E tutto questo a Cosenza è stato documentato dalle tante inchieste finite nel cestino della spazzatura dell’ufficio di Spagnuolo. Finanzieri che hanno filmato e registrato incontri e circostanze, per mesi, dimostrando corruzione e spartizioni di pubblico denaro sottobanco tra politici e lestofanti, pentiti che parlano di voto di scambio, e le tante inchieste tamponate o insabbiate, sul saccheggio delle casse comunali. Tutto materiale finito anche sulla scrivania di Gratteri. Ma di azioni giudiziarie nei confronti dei corrotti neanche l’ombra, tranne che per le vacanze di tre mesi pagate.

Ecco, se davvero Bonafede ha deciso di combattere la corruzione, lo invitiamo ad iniziare da Cosenza, dove non manca la commissione di questo odioso reato. E dove potrà toccare con mano gli effetti devastanti che ha prodotto la corruzione soprattutto in termini di credibilità della Giustizia, in città. Basterà ascoltare i cittadini per capire che a Cosenza esiste una vera e propria emergenza Giustizia, e questa, non può più restare tale.