Calabria 2020, lettera aperta ad un partito che non può tornare indietro

LETTERA APERTA AD UN PARTITO CHE NON PUO’ TORNARE INDIETRO

Spenti i riflettori sulle elezioni regionali è tempo di bilanci. Ed il rischio che si corre in questi casi è sempre quello d’essere “vincitori” nonostante tutto. O, ancora peggio, che si confezionino colpevoli ad hoc su cui scaricare tutte le responsabilità ivi comprese quelle che appartengono a chi lancia il “j’accuse”. In entrambe le circostanze possiamo partire dall’unico dato certo: il centrosinistra ha perso. Ed ha perso pesantemente. Non ci sono “se” e “ma” che tengano.

Non è stato sufficiente l’impegno di Pippo Callipo, che è persona seria ed onesta ma che per molteplici ragioni non può dare prospettiva nel tempo e nella costruzione di un soggetto rinnovato e di sinistra (almeno nei termini in cui parla Zingaretti), e non è bastata una ricomposizione che appare come esclusivamente di facciata. Anzi, a ben vedere, con ogni probabilità l’aver riaccolto le sparute truppe di Oliverio (a cui sarebbe lecito chiedere dove son finite le quattro liste ed il perché suoi fedeli ascari quali D’Acri e Sergio siano zompati altrove) ha avuto un duplice effetto negativo: ha tarpato le ali all’idea che si stesse tentando d’aprire una via nuova (e bastava vedere i nomi dei suoi pochi candidati presenti nelle liste) da un lato, ha indebolito la rappresentanza in consiglio dando voce a chi ha già l’idea che occorra ora aprire l’ennesimo regolamento di conti.

In più ha spinto una percentuale considerevole di calabresi delusi a scegliere le opzioni Tansi ed Aiello proprio perché convinti che tanto quel blocco di potere stava rientrando. Ed è questo il limite del PD, e più in generale, del centrosinistra calabrese: non riuscire mai ad andare oltre, ad andare avanti. Ogni passo, ogni scelta, anche la più innovativa, ha il destino di dover affrontare il fuoco amico di chi non considera un opzione il farsi da parte. Ed è qui che Zingaretti non deve mollare. Lo dico, per quel poco che conta, da “compagno” che ha sempre militato a sinistra (dal Prc a Sel fino a Sinistra Italiana) e che sceglie di aderire al PD in un periodo difficile. Una scelta che è dettata da un lato dalla presa d’atto che a sinistra non c’è nulla di rilevante se la precondizione è quella dell’isolamento (ed è stato grave non accettare la sfida – anche senza una lista – di Callipo); dall’altro la speranza che si passi dalle parole (cambiamento, sinistra…) ai fatti.

Abbiamo bisogno di un partito/una sinistra nuova, che cambi linguaggio e pratiche, che superi le stagioni del trasformismo. Abbiamo bisogno di chiudere il tempo degli uomini buoni per tutte le stagioni. Abbiamo – e lo dico con rammarico – la necessità che discorsi come quello del neoconsigliere Bevacqua a Rende in “ossequio” a Manna ed a una parte della maggioranza di centrodestra diventino impensabili. E non abbiamo bisogno di virgulti che in pubblico gettano escrementi sul partito e poi in privato sostengono blocchi di potere, nemmeno legati al suo territorio e che sono parte integrante del sistema che nel cosentino gestisce il partito da trent’anni. Avremmo poi bisogno di tante altre cose: parlare di lavoro con gli occhi del sindacato e dei lavoratori, cancellare tutto il letame morale rappresentato dal “pacchetto Minniti”, ricollocarci credibilmente al centro delle dinamiche della sinistra calabrese…ma tutto questo viene dopo una necessaria fase interna. Ed allora che facciamo? Terremo fede a ciò che ci siamo detti? Siamo convinti di poter costruire un partito che proponga il meglio che la sinistra sa esprimere in termini di idee e programmi?

E non posso non rendermi conto che questo valga anche nei circoli della mia città, Corigliano-Rossano. Circoli che hanno il merito d’aver, prima di ogni altro e forse unico, preso posizione in favore del progetto di Zingaretti. Ed ora anch’esso deve avere la capacità di non restare in mezzo al guado. D’essere, forte di un risultato importante ottenuto da un giovane capogruppo e da ancor più giovani dirigenti, risoluto nel non cedere ai colpi di coda di un passato restio a farsi da parte. Non pensiate che non ci rendiamo conto che tutto il vecchio, tutto ciò che si muove sempre “contro”, si stia riorganizzando. Lo sappiamo. Li sentiamo. Li vediamo. E non è questione se e come affrontarli. È questione di capire se ne valga la pena. E la pena ne può valere solo se c’è tutto il resto. Se non si cambia rotta. Ora si faranno, giustamente, le analisi del voto in cui proporremo le nostre ragioni dimenticando i nostri torti.

Ma l’importante è non perdere di vista il perché è utile analizzare il voto. Per una semplice valutazione oggettiva? Per una contrapposizione tra le due ex città? Per inficiare il possibile congresso futuro ovvero per reclamare il trono? Chiariamolo questo perché è il cuore della discussione. Non solo in un’importante città come Corigliano-Rossano. Perché occorre partire dai circoli, da tutti i circoli in ogni città, in ogni piccolo paesino. Perché se non abbiamo l’onestà di dire quali sono i nostri scopi, i nostri progetti ed i percorsi che intendiamo prendere, rischiamo di continuare a tenere paralizzato un partito che deve ancora nascere. E, per farlo nascere, oggi, non può essere consentito che si porti il dibattito solo ed esclusivamente sulla sconfitta alle regionali. Avrebbe senso contrapporre il risultato ottenuto con quello che si sarebbe potuto ottenere candidando Oliverio? Magari si prendevano ancora meno voti. Magari ci si ritrovava con un partito ancora più vecchio e bloccato. Magari si stava dalla parte della Bruno Bossio e contro Gratteri…E cosa si otterrebbe?
Invece ora, grazie anche alle scelte fatte dal commissario provinciale Marco Miccoli, si ha una possibilità. Che si trasformi in qualcosa di più sarà frutto delle scelte che si prenderanno in questi giorni. E tra queste non può esserci il tornate indietro.

Alberto Laise iscritto al Pd