Calabria 2021. Amalia Bruni, grano autentico di Calabria oppure Ogm?

La Calabria sta per ritornare al voto! Così almeno sembra a giudicare dal fermento nei box dei diversi schieramenti, veri o farlocchi, dal traffico di meccanici e dai diversi “piloti” che scaldano i motori dei loro bolidi, nuovi modelli di ingegneria meccanico-politica, salvo poi scoprire che si tratta delle solite vecchie e pericolose carrette, che per renderle presentabili, hanno avuto una nuova mano di vernice e qualche nuovo logo rivisitato attaccato sulla carrozzeria: vecchia storia, soliti problemi!

Si sta componendo la griglia di partenza per il prossimo Gran Premio della politica calabrese, una gara che nella sostanza resta un altro autoscontro da Luna Park di periferia, perché ci sono tutte le evidenze, che tutti nascondono, per l’ingresso in pista della safety car a tutela dell’incolumità dei calabresi per alcune variabili non di poco conto.

La prima in assoluto è capire ed accettare che la politica è puttana! Quella caratteristica di essere meretrice che in Calabria negli ultimi lustri ha toccato l’apice, caratterizzando il valore morale della politica regionale.

La seconda è capire se alcune Procure calabresi, come la DDA di Catanzaro di Nicola Gratteri scioglierà prima della chiamata alle urne le sue “riserve”. Quella puzza di cadavere in decomposizione che si fiuta nell’aria e che, prima di fottere nuovamente i calabresi, dovrebbe imporre di superare un vincolo di neutralità che alcune Procure si impongono come fatto di correttezza non dovuta, entrando in campo anche a gamba tesa, tanto da evitare per tempo l’ingresso di nuove o riciclate pattuglie di farabutti, che in gergo si definiscono impresentabili.

La terza, che è pure una forma di autotutela pensata e declinata sempre per sottrazione, è capire chi e quanti supereranno il check up contro l’impresentabilità voluto da alcune forze politiche, sopportato da altre e dalle restanti glissato, che dovrebbe passare ai raggi x le “qualità” dei singoli piloti. Un protocollo soltanto parziale perché non indaga e non identifica i “capibastone” che da sempre si nascondono dietro le “nuove” promesse della politica calabrese.

Se partiamo da queste premesse e se l’eventuale fallo tecnico in campo delle Procure della Repubblica lo leggiamo come una restituzione di legittimità e di legalità a quei tanti calabresi, circa cinquecentomila anime, che da anni non votano per un “fine pena mai”, forse allora avremo una competizione elettorale alla pari non inquinata dalle “mazzette” e dalla ‘ndrangheta. Abortire volutamente per un vezzo criminale di complicità diffusa in politica, quella che dice di difendere la democrazia dagli attacchi ad orologeria della giustizia, lascerebbe sempre aperta la porta della stalla verso una prateria di politici criminali nel DNA, mafiosi, massoni, affaristi e collusi con i peggiori colletti bianchi del sistema burocratico.

Questa riflessione, che non è assolutamente giustizialista, diventa una domanda che lasciamo aperta sull’agenda dei candidati attuali alla presidenza della Regione Calabria, fatto salvo il loro passaggio indenne dalle Forche Caudine degli impresentabili e la loro eventuale risposta come impegno. Quel giogo da cui si determina il “vincolo di presentabilità” non lascia esclusi “i presidenti” né come singoli, né i loro retrobottega: storie di vizi piuttosto che virtù, di appartenenza e di improvvide parentele politiche con padrini-padroni e di frequentazioni in quella “terra di nessuno” fra legalità e mafiosità.

Questa è la cornice all’interno della quale, in queste ore, si consumano abbandoni del talamo nuziale; abbandoni in trincea senza l’onore delle armi; presunti abbandoni di campo per fuorigioco chiamato sul principio politico, ma forse dettato dalle soffiate arrivate in anticipo in qualche “commissione” parlamentare e la “riffa” del magico coniglio o della “coniglia” che poi così magica non è…

La “divinazione” è l’ultima caratteristica da curricula sul piatto della politica calabrese che arriva come uno sputo, carico di batteri e di spore di virus in tutte le sue varianti, quello che decreta la nascita di un “fenomeno” secondo la consolidata anglosassone logica di marketing “door to door”: la vendita porta a porta di un vecchio arnese da spacciare per l’ultimo prodigio della Folletto o un Bimby di ultimo grido. Ciarpame merceologico di un metodo fallimentare sotto ogni aspetto con aggravante politica, che pesca nel barile del letame raschiando il fondo, un “qualcosa” voluto dai poteri forti della politica e che abbracciano la politica nella desertificazione di ogni possibile classe dirigente presentabile. Quella spazzatura da non confondere come “espressione civica”, perché civica non è per caratteristica, per clonazione, per imprinting.

Amalia Bruni è il prodotto finale, ma non originale, la scienziata dai titoli e non dagli effetti, chiamata perché sussurrata dal sottobosco, quella della mission impossible della sinistra cosentina, sinistra anche come effetto evocativo: l’altro spot inguardabile di Muccino 2 la vendetta.

Si presenta alla stampa con tutto il carico del suo background professionale, con la dialettica di chi sa spiegare il suo lavoro, calca con padronanza il palcoscenico, ma pecca di modestia: parla di se stessa in terza persona secondo la regola della “divinazione calabra” che la aggiunge come quarto elemento alla S.S. Trinità…

Acclarato il carisma scientifico di Amalia Bruni, faremo nel prosieguo qualche domanda e qualche approfondimento storico, ci domandiamo: perché uno scienziato di fama internazionale abbandona le sue ricerche per candidarsi alla guida della Regione Calabria?

Perché proprio oggi e non prima, magari prima di Callipo ed Oliverio?

Perché butta a mare la sua “creatura”, il Centro Regionale di Neurogenetica, per una seggiola in Consiglio Regionale?

Si è concluso il suo percorso attivo nella ricerca e sperimentazione sulla Malattia di Alzheimer?

Sono tutte domande che un cittadini mediamente istruito, che non crede alle divinazioni a contratto, si pone e, rispetto alle quali qualche risposta dovrebbe pure averla. Non basta pensare che sia un problema di maquillage visto che la Bruni ha affermato: “che ci ha messo la faccia”, perché non basta se dietro a tutto c’è un problema di sanità sia pure in termini di ricerca.

Ed allora cominci a spiegare la dottoressa Bruni quali sono i veri motivi, cosa si agita nel backstage di quella sinistra, “sinistra” che l’ha voluta come l’unta del Signore e che, come sempre non dice la verità fino in fondo. Chi sono i suoi “padrini” dai colletti bianchi con la coppola ripiegata in tasca, che percorrono sempre l’autostrada asfaltata di denaro della Calabria sulla corsia di sorpasso? Da quale linea telefonica riservata è partito l’ordine di svincolo alla sua candidatura? Chi sono gli attori di questa conference call telefonica che incrocia bipartisan spezzoni di politica corrotta in Calabria, alcune curie, pezzi di massoneria, spezzoni affamati del Terzo Settore ed i vari affaristi della sanità?

Basterà ai calabresi sapere che “lei c’ha messo la faccia?” per potersi fidare, per considerarla una risorsa piuttosto che una condanna, l’ennesima che da decenni sopportano nel balletto che passa da destra a sinistra e viceversa, come d’altronde ha fatto pure la dottoressa Bruni? Non basta. Lo diciamo perché sappiamo che non basta a noi ed a tutti i calabresi in buona fede, che non vanno a votare e che se votano non sono più disponibili a tapparsi il naso ed ogni altro orifizio…

“Di che pasta bisogna esser fatti per impegnarsi per la propria terra? Di quella più grezza, di farina di grano duro, quello calabrese delle colline di Girifalco. Così risponderei a chi, pochissimi in verità, mi ammonisce e mi ricorda i pericoli di questo impegno. Impegno che certo spaventa e intimorisce per la complessità, ma che, per quanto mi riguarda, mi appare meno oneroso del prendersi cura di una persona fragile e della sua famiglia, magari con un percorso di anni di malattia” così si è fotografata Amalia Bruni candidata alla presidenza delle Regione Calabria della feccia del Pd con i ripetitori a Cosenza e di quello che resta del Movimento 5Stelle.

Non ce ne vorrà la dottoressa Bruni se cercheremo di capire chi ha prodotto il grano, se si tratta di un grano autentico o di un Ogm, chi ha messo il lievito sperando che sia “madre” ed in particolare in quale forno è stato prodotto questo pane originale di Calabria. Cercheremo di capire chi fornisce il carburante e se questo è fiscalmente tracciabile. Insomma andremo a retromarcia nella storia, leggeremo le complicità e le connivenze dei documenti, dandoci le risposte ai tanti perché che restano sul tappeto e che questa volta non sono polvere da nascondere…Basta attendere ancora qualche ora e pubblicare quello che i media di regime non pubblicheranno mai. L’informazione, almeno quella, non è più condizionabile dal “superclan dei calabresi” che vorrebbe mettere sulla poltrona un altro esponente della massomafia per continuare la litania: Nisticò, Chiaravalloti, Loiero, Scopelliti, Oliverio, Santelli…