Calabria 2021. Amalia, lo smacco della “Magna Graecia” e la creatura di famiglia

La Calabria è terra di “modelli”, quelli che nel tempo la magistratura ha declassato a “sistemi”, mettendoli in relazione con ambienti criminali, quella caratteristica che ne ha determinato il salto di qualità. Siamo passati così dal sistema Reggio o modello Peppe Dj, per approdare al modello Cosenza del cazzaro ed ancora di più al sistema Catanzaro di Sergiun e di don Tallini, dove la caratteristica riconosciuta è la massomafia e le diverse ‘ndrine politiche che hanno generato operazioni come Farmabusiness o Basso Profilo. E non stiamo qui a parlarvi poi di Vibo, indiscussa capitale della massomafia dall’alto dei Mancuso e dei Mangialavori (tanto per citare gli estremi) e di Crotone, patria delle ‘ndrine che contano in tutto il mondo e fino a dentro il Vaticano.

Oggi, come conseguenza logica di mutazione della specie stiamo indagando il “sistema Amalia”, quello della lady truffa con aspirazioni di governo alla Regione Calabria in tandem con i cosentini e i vibonesi che capeggiano le liste massomafiose di Robertino Occhiuto, candidato designato dal sistema. La protetta del Pd mafioso e dalla cupola cosentina, quella da sempre rappresentata dalla coppia diabolica di Capu i Liuni e Madame Fifì, riconosciuta badante della scienziata lametina, sua confidente, ma soprattutto sua garanzia. D’altronde chi meglio di Enza Bruno Bossio può migliorare, elevandole a premio, quasi Nobel, le capacità di truffa che ormai sono la caratteristica consolidata della “primadonna” Amalia Bruni, il grano tossico di Calabria, ancora prima del suo medagliere accademico scientifico?

Il Re è nudo, si dice solitamente, ma in questa circostanza appare più adeguato dire che la Regina mostra la culotte, mettendo a repentaglio il trono di Amalia e la nobiltà dell’augusta coppia Adamo-Bruno Bossio (con rispettive amanti/e di contorno), perché il tema morale ritorna prepotentemente in primo piano, facendo traballare la reale casata della truffa. Non c’è pace a palazzo reale marechiaro, dove nei corridoi ormai si organizza l’abdicazione forzata ancora prima dell’incoronazione ufficiale e dove il sacro oracolo non è più tale per il ritorno negativo delle notizie e delle storiche marachelle della scienziata Amalia Bruni, per i lettori di Iacchite’ Lady truffa, diventata erede al trono troppo presto e troppo in fretta, senza valutare che la storia ritorna e che la ghigliottina diventa, ogni giorno di più, la soluzione meno indolore.

E non bastano i patetici sondaggi commissionati dal Pd, che sono realmente ridicoli e che persino i bambini bollano per quelli che sono. Non ci ha abboccato proprio nessuno e nel frattempo le liste a sostegno di Amalia sono ridotte a 3 (tre!). Della serie: siam rimasti in tre, tre somari e tre briganti sulla strada longa longa di Girgenti… Se chiudiamo gli occhi per un attimo sentiamo persino la voce di Mimmo Modugno mentre la canta. 

Queen Amalia si deve consegnare, suo malgrado, alla storia e raccontare, senza omettere i particolari, il suo percorso di scienza e di truffa. Deve rispondere dei suoi crimini sanitari, senza per questo scomodare il Tribunale di Norimberga, perché bastano abbondantemente le confessioni delle famiglie calabresi sulla sua “miracolosa” cura per le demenze e per la malattia di Alzheimer, ma tornano anche a suo sfavore tutti i risultati conquistati e distribuiti a vantaggio dei malati in oltre venticinque anni di truffa in quello che è il suo “centro” di potere, il carrozzone circense denominato Centro Regionale di Neurogenetica e nelle sue appendici massomafiose che ne sono la radice e la genesi.

“C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato”. Dal libro del Qoèlet.

Il tempo è ormai arrivato per sradicare le piante velenose, l’ormai famoso grano tossico di Calabria e riprendiamo la narrazione dove avevamo interrotto.

Abbiamo avuto modo di capire che il Centro Regionale di Neurogenetica che doveva essere il punto di svolta e di eccellenza nella cura delle demenze e della malattia di Alzheimer, altro non è che una scatola vuota almeno in termini di ricerca e di coordinamento nei processi clinici e di studio. E’ un miserevole ambulatorio territoriale, un CDCD (Centro Diagnosi e Cura Demenze) senza alcuna lode rispetto alla struttura sanitaria calabrese, ma quello che ci lascia ancora di più perplessi è capire che il Laboratorio di Genetica Molecolare, l’altra struttura complessa sotto il governo di Amalia Bruni come medico dirigente dell’Asp di Catanzaro, è un museo pseudo-egizio, dove mummie e ragnatele sono la caratteristica ufficiale.

C’è peraltro da considerare che la famosa “nicastrina”, la scoperta eccezionale di Amalia Bruni, almeno così viene spacciata al pari di una canna di fumo (puzzone però non certo afgano…), quella che nasconde il segreto di Fatima, è stata certamente l’origine della sua scalata, ma resta a memoria dei posteri il suo vero fallimento, perché da allora nulla si è mosso a parte il denaro che è stato incanalato nelle tasche sue e dei suoi compari e, che i calabresi generosamente hanno pagato. Quando la miracolosa scoperta fu resa nota alla comunità scientifica con la pubblicazione su “Nature” il 7 settembre 2000, la prima firma fu quella del professore Peter St. George Hyslop dell’università di Toronto e non già quella di lady truffa Amalia Bruni, colei che ne ha sempre professato la maternità univoca, salvo poi scoprire che era una maternità surrogata, una specie di Santissima Trinità cooperativa. Ma pure accettando il creazionismo di lady truffa, questo non venne riconosciuto, visto che non è nemmeno citata per sbaglio negli articoli che annunciavano la scoperta della nicastrina sulla stampa nazionale, dimenticata e scomparsa dai radar come una sorta di Triangolo delle Bermude, salvo poi riapparire, stranamente, sui giornalini locali di regime (nel senso che li pagano i politici), quelli sempre autocelebrativi a richiesta ed innamorati del dollaro, come Amalia Bruni del resto, diciamolo pure!

Sarà forse questo il motivo se nei successivi vent’anni e fino ad oggi, la ricerca a Lamezia non ha battuto chiodo? Si è esaurita la spinta scientifica in terra di Calabria? Possiamo dire di si, senza avere paura di essere smentiti, ma possiamo anche aggiungere che si è spenta per sempre anche la funzione clinica e di cura, se è vero com’è vero che la demenza e la malattia di Alzheimer in Calabria resta sempre in brache di tela. 

Eppure la Calabria è stata generosa con Amalia Bruni e la sua combriccola circense, visto che le ha elargito a mani basse quantità di denaro, che per lei non bastavano e non bastano mai, senza aver visto in cambio nulla e senza riuscire, nemmeno oggi, a capire come siano stati spesi questi soldi, anche nella consapevolezza, quella certamente conosciuta nell’ambito politico e scientifico, che la ricerca non si può fare nel sottoscala di casa e volutamente isolata, come una torre di avorio dal mondo globale e dalle realtà accademiche. E’ questo il limite ed il vizio storico di Amalia Bruni e della sua miopia che si deve a tutti i costi chiamare scientifica, solo perché deve difendere il suo “status” autoproclamato ed il suo orticello di pomodori, che si deve per forza dire che sono belli e buoni, quando in verità non hanno ne sapore, ne colore.

Ma la storia ritorna sempre quando meno te l’aspetti! Ti mette spalle al muro e scopre le sottane svelando che non c’è nessun oracolo, che non si tratta di un cristallo fragile bensì vile vetro ed allora la verità la si chiama sfortuna, ma sempre verità resta. 

E così, sulle colonne della Gazzetta del Sud prima e del Corriere della Calabria dopo, più precisamente giorno 08 agosto 2021 (avantieri o domenica scorsa se preferite) viene data la notizia di una scoperta nella lotta sull’Alzheimer condotta da un gruppo di ricercatori di diversi atenei nazionali, di cui fa parte anche l’Università Magna Graecia di Catanzaro e con i quali nulla ha da spartire Amalia Bruni. 

Il team si compone di ricercatori provenienti da importanti Atenei di tutto il paese: Milano(Dipartimento di Chimica), Trento (Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale eIntegrata), Pavia (Dipartimento di Scienze del Farmaco) e dallo Spin-Off UniversitarioNet4Science e dall’Associazione Crisea. Impulso principale viene però l’Università Magna Graecia col suo Dipartimento di Scienze della salute. «La ricerca, i cui risultati potrebbero rappresentare una vera e propria svolta nell’ambito della prevenzione e della gestione della malattia, è stata pubblicata sulla copertina della più importante rivistainternazionale di Chimica Farmaceutica, il Journal of Medicinal Chemistry, con il titolo Identification of compounds targeting HuD. Another brick in the wall of neurodegenerative diseases treatment».

A parlare è Francesca Alessandra Ambrosio, 30enne assegnista di ricerca dell’Università Magna Graecia di Catanzaro. Il risultato a cui fa riferimento è quello conseguito dal team multidisciplinare di cui fa parte, nella ricerca per la prevenzione della malattia di Alzheimer, dopo un lavoro di circa due anni. «Si tratta di uno studio di chimica computazionale che ha portato ad identificare l’acido folico come molecola importante nella prevenzione di una malattia invalidante e cronica». Il suo è il primo nome della ricerca, insieme a quello della collega Adriana Coricello e di Nicoletta Marchesi. Insieme a loro fanno parte del team anche Simona Collina dell’Università degli Studi di Pavia, Giosuè Costa dell’Università degli Studi Magna Græcia di Catanzaro, Francesca Vasile dell’Università degli Studi di Milano coordinati dal professor Stefano Alcaro, presidente del centro Crisea e coordinatore del Dottorato in Scienze della Vita presso l’ateneo catanzarese.

La storia ti consegna come leggenda, ma al contempo ti riporta nella polvere! Cade così un falso totem, la leggenda di Amalia Bruni e dell’esclusività del suo centro di ricerca, quell’entità autonoma ed inappellabile sulla quale ha costruito le sue fortune, anche quelle presunte politiche, ma che non bastano per superare lo scoglio della verità.

Non basta nemmeno il patetico “non virgolettato” di qualche redattore compiacente del Corriere della Calabria, che cerca in qualche modo di salvare la faccia ad Amalia Bruni, nello stesso articolo che annuncia la scoperta del team di cui fa parte l’università Magna Graecia di Catanzaro. Non basta perché è ormai chiaro che la ricerca ha bisogno di grandi potenzialità finanziarie ed umane, che nel Centro Regionale di Neurogenetica non ci sono mai state, per una scelta di esclusività e monopolistica di lady truffa, per non scoprire l’arcano e non rompere il giocattolo mangia soldi. Si spiega anche la sua “storica” antipatia nei confronti dell’Università di Catanzaro, quella che siede nel gruppo di comando del Centro Regionale di Neurogenetica, ma è messa alla porta da lady truffa, da sempre innamorata dell’Unical di Cosenza, dove non esiste alcun dipartimento di medicina che possa essere connesso all’attività del suo centro. E dove il rettore stesso che la riceve la prende per i fondelli e non le porterà neanche un voto perché lo sanno tutti a Rende che voterà De Magistris e il candidato rendese che troverà spazio nelle sue liste.

A Catanzaro è un fatto risaputo l’odio di Amalia verso l’università cittadina, per come è fatto risaputo che la città difende il suo ateneo e che, la candidata Amalia Bruni è soggetto non gradito nell’ateneo e negli ambienti medici e politici cittadini, anche quelli che si definiscono storicamente di sinistra.

Questa ostilità verso la ricerca di gruppo in collaborazione con il mondo accademico e segnatamente contro quello di Catanzaro, oltre al vezzo di divinazione, serve a coprire l’oracolo e non disperdere il suo potere, la famosa gallina dalle uova d’oro, che se ne fotte degli anziani e delle loro patologie, ma che deve soltanto intascare il controvalore in oro nei forzieri della creatura di famiglia, l’ARN Onlus (Associazione per la Ricerca Neurogenetica).

Nata nel 1992, come abbiamo già visto, da una fusione a freddo nel talamo nuziale, l’ARN si propone come soggetto scientifico nella costituzione del Centro Regionale di Neurogenetica e ne fornisce, in prima battuta – così recita la legge regionale – il supporto delle attrezzature minime necessarie. Quello che doveva essere un supporto iniziale, aperto ad altri soggetti pubblici e privati, mai pervenuti ovviamente, diventa strutturale ed oggi scrivere CRN o ARN sembra essere la stessa cosa, una specie di confusione dove non si capisce chi e che cosa deve fare, ma soprattutto dove vengono canalizzati i soldi dei contribuenti calabresi e con quali finalità scientifiche e ricerca consolidate.

Le dotazioni finanziarie arrivano all’ARN Onlus, per l’attività di ricerca sulla base di una convenzione in essere con l’Asp di Catanzaro, ma non è dato capire come questi fondi siano gestiti, fatto salvo il mantenimento di personale a contratto o partita IVA che viene, almeno così dichiarano, assegnato all’attività del CRN per la ricerca ed in altre attività connesse ed esterne al centro. Casa Alzal è quello che viene definito un centro diurno per le demenze, ma come avremo modo di analizzare, sembra essere allo stato una specie di dopolavoro ferroviario, senza alcuna caratteristica sanitaria e di tutela, ma che sempre nella filosofia della truffa di Amalia Bruni e dei suoi complici lametini, serve solo a drenare soldi e raccontare l’ennesima storiella.

Difficile è determinare le forme di spesa e le partite di bilancio dell’attività dell’ARN Onlus, tutto è oscurato e nel loro sito istituzionale (http://www.arn.it/it/home-it/), che dovrebbe essere perfettamente leggibile visto che questa istituzione vive sui contributi pubblici e sui soldi dei contribuenti calabresi, andare a verificare i bilanci d’esercizio è attività vana. Nella pagina dedicata non è presente alcun documento, né link di richiamo alla necessità, una pagina vuota com’è vuota tutta la storia di ricerca, con annessi carrozzoni che ruotano intorno ad Amalia Bruni, lady truffa.

Chi non volesse credere, può tranquillamente fare la ricerca come l’abbiamo fatta noi, la pagina che otterrà come risposta è quella che abbiamo pubblicato.

Eppure di fondi ne arrivano e ne sono arrivati negli anni, venticinque per non dimenticare, all’ARN Onlus e, al netto delle assunzioni delle figlie di qualche amico, come Valentina Laganà, figlia dell’attuale presidente Antonio Laganà, non sono fornite altre annotazioni magari in ordine a investimenti strutturali per apparecchiature di laboratorio, ma tutto ruota intorno alla mangiatoia degli amici degli amici, dove la ricerca è e resta una chimera. Chi non volesse credere può sempre aprire una consultazione con i familiari dei malati di demenza e Alzheimer della Calabria.

Sono le risorse umane, ci pare di capire, il fulcro dell’attività, garantire il tozzo di pane ai figli di…dislocati, come dichiarano sul loro sito, tra CRN e Casa Alzal, una pattuglia di operatori OSA, neurologi, psicologi, biologi, infermieri, genealogisti, informatici, archivisti, assistenti sociali, avvocati, etc a garanzia del corretto funzionamento del CRN.

Rientra ovviamente anche la piattaforma informatica integrata, pagata anche con i fondi del CCR (Chronic Care Model), i famosi progetti dell’Asp di Catanzaro che hanno scritto una parte dell’informativa della Guardia di Finanza sull’operazione “Stop and go”? La nostra è giusto una domanda. D’altronde è sempre lei, Amalia Bruni, lady truffa che dichiara di essere stata la responsabile scientifica del progetto incriminato, come lo dichiara sul suo curriculum.

Interessante è il parterre dei soci onorari, dove fra qualche attore, regista e componente Slow Food Calabria il piatto piange, o meglio è una pietanza per pochi intimi massomafiosi. Per come piange nello scorrere l’organigramma dell’ARN, dove fra amici e congiunti i cordoni della borsa sono sempre saldamente nelle mani di Amalia Bruni, la lady truffa di Calabria, insieme al consorte, già candidato a sindaco per il Pd a Lamezia Terme, Tommaso Sonni.

La storia continua nel mare magnum dei fondi traditi e della speranza di cura rubata. Settembre è ancora lontano…