Calabria 2021. Il sistema Amalia e la nicastrina: scienza, fantascienza, magia e truffa

Amalia Bruni è un monumento. La candidata a 18 carati – così come l’ha definita Gigino Incarnato detto Tic Tac dal Cinghiale di Cosenza e travestito da Nicola Adamo, arrestato e poi indagato nell’inchiesta Rinascita Scott – osannata come un oracolo benedetto, il grano tossico di Calabria ha invece tanto da nascondere e questo la sta agitando parecchio negli ultimi giorni, tanto da chiedere solidarietà, peraltro mai arrivate, e una difesa ad oltranza del suo “status” di scienziata che i suoi complici della politica corrotta non possono darle, perché hanno già di loro da difendersi, il più delle volte dalla magistratura.

Amalia Bruni è un monumento. Si, lo diciamo anche noi! Ma è un monumento dall’odore sgradevole di cadavere, un monumento ai caduti, quelli morti, in silenzio, nelle RSA lager di Calabria. Questa è Amalia Bruni, la candidata del Pd massomafioso di Calabria, di Gigino Tic Tac e di Carlo Tansi, il sans papiers della politica calabrese, lo scienziato arancione… dalla vergogna.

Diamole del tu, perché così vuole per apparire un poco più umana, una caratteristica che oggi le serve per bucare il video – così si dice – ma lei, Amalia Bruni, “lady truffa” per i lettori di Iacchite’, sa bene di essere la quintessenza dell’arsenico travestito con vecchi merletti. Un pericolo di morte per chi l’ha incontrata e per chi rischia di incontrarla, dandole del tu naturalmente. 

Amalia Bruni, in arte “lady truffa” non è lo spartiacque, ma resta sempre una (ri)proposta usata ed usurata, con l’angoscia di essere per forza scienziata ad ogni costo. Questo è il prologo, e se volete anche i titoli di coda, della storia della Bruni e della sua loggia massomafiosa del Centro Regionale di Neurogenetica cui si lega la truffa della ricerca, dei soldi rubati ai calabresi, della disperazione di tante famiglie infinocchiate, delle sue complicità politiche e sanitarie diffuse e della paura che qualcuno, l’oracolo, le scopra, oggi, narrando anche del suo segreto di Fatima che le sta agitando le notti e pure i giorni. Questo è il “sistema Amalia” fra fantascienza, magia e truffa. E non c’è niente che ci possa fermare. 

La storia ha inizio. Quella della caccia all’Alzheimer, che parte da Lamezia. L’annuncio su Science  è del febbraio 1987: si tratta dell’annuncio della locazione del gene sul cromosoma 21; seguito a ruota dall’inaugurazione dello Smid (Studio multicentrico italiano demenza) a Lamezia nel settembre del 1989 alla presenza del Premio Nobel Rita Levi Montalcini. Poi la chiusura del centro tre anni dopo “per la miopia anche dei dirigenti sanitari”, ma anche la nascita nel 1992 dell’associazione per la ricerca neurogenetica su cui adesso cammina (o dovrebbe camminare) la ricerca. E, infine, nel 1995, la scoperta del gene sul cromosoma 14 e il battesimo del Centro Regionale di Neurogenica che adesso lei dirige. «Quattro gruppi identificarono questo fantasma, praticamente in contemporanea. Uno era il nostro».

Dopo aver incrociato la miopia di dirigenti sanitari, “lady truffa” Amalia Bruni trova accoglienza e finalmente riesce a dare voce alla sua ricerca ed alla sua missione da vestale della scienza calabrese con la Legge Regionale n. 37, e così il 10 dicembre 1996 nasce il Centro Regionale di Neurogenetica. Fu il centrodestra, all’epoca guidato dal prof. Giuseppe Nisticò presidente della Regione a scrivere, insieme alla Bruni, questo nuovo esperimento scientifico, di ricerca e cura per le demenze ed in particolare per lo studio della malattia di Alzheimer. C’era fondamentalmente nelle intenzioni della parte politica, almeno, la buona fede di chi voleva o sperava di invertire una tendenza, infatti nelle finalità della legge si affermava: «La Regione Calabria ha quindi la possibilità di assumere un ruolo trainante nel campo della assistenza e della ricerca scientifica neurogenetica internazionale. Tramite l’utilizzazione della propria memoria storica la Calabria può contribuire alla individuazione delle cause e al trattamento di patologie altamente invalidanti per le quali, con tecnologie offerte dalla genetica molecolare, si aprono nuove strategie terapeutiche». Chapeau!

Infatti, fra le strategie della legge si rilevava l’inesistenza in Calabria di un centro unico cui fare afferire tutte le patologie neurogenetiche e soprattutto dove sviluppare uno studio sul materiale biologico (DNA), ma in particolare si poneva l’attenzione allo studio finora sviluppato sulla ricerca di un originale metodo di studio (clinico-genealogico) volto alla ricostruzione negli anni di enormi alberi genealogici, con i quali fosse possibile seguire le linee di trasmissione della malattia e stabilire in termini probabilistici lo stato di affezione di soggetti vissuti nei secoli passati.

Sulle finalità, le azioni, i programmi e le procedure indentificate nella Legge regionale ne abbiamo già scritto diffusamente, per come abbiamo già evidenziato chi erano gli attori previsti e, successivamente, meglio chiariti con la costituzione del GOIP (Gruppo Operativo Interdisciplinare Permanente) sulle demenze istituito dall’Asp di Lamezia, successivamente incorporata in quella unica di Catanzaro. http://www.iacchite.blog/amalia-bruni-la-grande-pupara-della-sanita-catanzarese-centro-di-neurogenetica-una-truffa-che-va-avanti-da-25-anni/ 

Tutto nasce e sembra finire con lo studio sviluppato con il francese Jean François Foncin, neuropatologo alla Salpetrière di Parigi, con il quale la candidata Amalia Bruni sviluppò uno studio sulla ricostruzione genealogica della familiarità della malattia di Alzheimer, almeno nel ceppo calabrese. Nasce così quella che successivamente, nel 2000, fu definita “nicastrina”, il punto di svolta… e di arrivo, la genesi della truffa sulla quale è sorto il baraccone circense con aspirazioni cliniche e di ricerca, il Centro Regionale di Neurogenetica appunto.

Così il 7 settembre 2000 sulle colonne del quotidiano La Repubblica, veniva annunciata la scoperta: «Un gruppo di ricerca canadese, dell’università di Toronto, annuncia oggi dalle pagine di “Nature” di aver individuato una nuova proteina legata allo sviluppo del morbo di Alzheimer, e quindi forse una nuova strada per combattere una malattia che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Ma sebbene l’annuncio della scoperta arrivi da oltreoceano, la proteina ha un nome italiano: i suoi scopritori l’hanno infatti battezzata “nicastrina”, da Nicastro, la cittadina calabrese in provincia di Catanzaro dove, grazie a un lungo e paziente lavori di “archeologia genetica”, negli anni Sessanta fu identificato un gruppo familiare (le cui origini risalgono fino al XII secolo) con una particolare forma ereditaria della malattia di Alzheimer. Questi studi, che gli esperti definiscono “un pezzo di storia della neurologia”, hanno giocato un ruolo fondamentale nell’individuazione di uno dei geni responsabili della malattia. Ed anche la nicastrina, che a questi studi deve il suo nome, sembra giocare un ruolo molto importante per il nostro cervello. Per costruirlo, prima, durante le primissime fasi dello sviluppo fetale e, forse, per demolirlo poi.

Secondo ipotesi degli scienziati canadesi, infatti, la proteina, legandosi ad un’altra, che si chiama “presenilina”, mette in moto il processo di formazione delle placche amiloidi, i depositi di frammenti proteici che si trovano comunemente nel cervello dei pazienti colpiti dall’Alzheimer, e che sono sospettati di provocare la degenerazione neurale tipica della malattia. Ma la nicastrina interverrebbe in modo assai più positivo agli albori della nostra esistenza, contribuendo a determinare il modo in cui le cellule embrionali si specializzano per formare i diversi tipi di tessuti del corpo. “E’ quasi una giustizia poetica”, ha commentato Peter St. George Hyslop, primo firmatario della ricerca pubblicata da Nature. “Quello all’inizio aiuta a fabbricare un essere umano, alla fine potrebbe distruggerlo”. Non è ancora chiaro se la responsabilità della nicastrina nell’insorgenza delle placche senili sia dovuta ad una sua sovrapproduzione oppure al fatto che non viene eliminata in modo corretto. Tuttavia, gli studiosi hanno scoperto che, alterandone i livelli, è possibile aumentare o diminuire a comando la produzione delle sostanze che costituiscono la base delle placche. Da qui, la speranza che la scoperta della nicastrina, oltre a migliorare la comprensione di una patologia per molti versi ancora misteriosa come l’Alzheimer, possa essere il nuovo bersaglio molecolare di farmaci capaci di curare la malattia, o almeno di rallentare la progressione del morbo».

Fin qui la stampa nazionale. Ovviamente la notizia rimbalza anche nei confini della Calabria, dove si parla del “giorno della nicastrina”. Interessanti sono i paroloni roboanti, quelli che non dicono mai niente, che parlano di “prossimo” vaccino e di un primo passo dove la nicastrina può essere un «target terapeutico su cui costruire dei farmaci adatti, a bloccare parte delle alterazioni dal morbo». Fanno sempre da corollario i soliti soggetti inutili, che chiedono nuovi fondi per una ricerca da fare, mentre all’epoca, diciamo pure come oggi, si lamentava l’esistenza di un ospedale, quello di Lamezia incapace di decollare, insomma un barattolo vuoto. Siamo sempre al niente di niente, la nicastrina nasce e muore nell’indolenza e nella truffa su cui si regge il gioco di “lady truffa” e del carrozzone mangiasoldi, mentre la demenza e il morbo di Alzheimer in Calabria restano sempre un pozzo senza fondo. 

Ma ritorniamo ai fatti e cerchiamo di sintetizzare per necessità. Nel 1996 la Regione Calabria inserisce nel Piano Sanitario il Centro Regionale di Neurogenetica con dotazione di fondi. Lo alloca in strutture di proprietà dell’Asp e ne stabilisce una dotazione organica sempre con personale Asp, stabilendo pure il board di gestione, che prevede la presenza di Asp ed Università di Reggio Caabria, facoltà di Medicina e Farmacia dell’Università di Catanzaro, poi divenuta Università Magna Graecia e nomina il direttore della struttura, ovviamente Amalia Cecilia Bruni, “lady truffa”… Fine della storia dirà qualcuno? Eh no, c’è altro e per raccontarlo dobbiamo fare un piccolo saltello indietro.

E’ il 1992, si è appena conclusa nella polvere l’esperienza dello Smid Sud, siamo a circa quattro anni prima della legge regionale 37/1996, quando nasce l’Associazione per la Ricerca Neurogenetica Onlus, che acquisisce con una donazione le attrezzature del defunto Smid (Studio Multicentrico Italiano Demenze) con presidente sempre l’inossidabile Amalia Bruni. Una donazione di famiglia o fra consanguinei, ma è sempre “lady truffa” a dirigere sia lo Smid che la neonata Associazione per la ricerca neurogenetica Onlus. L’ARN Onlus, come loro stessi dichiarano, sostiene la continuità (?) del lavoro di ricerca – morto nella culla – che è anche inizialmente sostenuta dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), da Telethon Italia e dall’INSERM Francese…ed oggi dal Centro Regionale di Neurogenetica della Calabria – lo scrivono sempre loro – in un lampo di megalomania con il portafoglio degli altri, i soliti calabresi spennati, truffati e pure spernacchiati!

L’ARN Onlus entra a far parte della testa pensante – si dice così? – del Centro Regionale di Neurogenetica, anzi diciamo la verità si duplica perché “lady truffa”, la candidata Amalia Bruni gioca con due fiches: quella come direttore del CRN e quella come presidente dell’ARN Onlus. La bilocazione lametina del grano tossico di Calabria.

Ricordiamo ancora, nella ormai famosa legge regionale 37/1996, l’ARN Onlus si affianca al Centro Regionale di Neurogenetica come supporto per la ricerca ed assistenza ed inoltre: “[…] fornirà, tramite apposita convenzione, le attrezzature minime necessarie per attivare la prima fase del progetto […]”.

Alle domande che avevamo già fatto, ne aggiungiamo un’altra, giusto per non dare la sensazione che siamo anche noi asini, come quelli che hanno scritto in complicità o che, nella migliore delle ipotesi si sono lasciati Am(m)alia(re), dalla favella di lady truffa.

Se lo Smid muore nel 1992 e dalle sue ceneri risorge l’araba fenice ARN Onlus, “che sostiene la continuità del lavoro di ricerca”, era stato verificato il lavoro di ricerca fatto nel periodo 1992-1996? E quali erano i risultati scientifici tali da consolidare la presenza dell’ARN nella direzione e nella gestione del Centro Regionale di Neurogenetica? Ed ancora, se c’era questa continuità nella ricerca, perché fu assassinato, magari per avvelenamento, lo Smid? Lo sappiamo che nessuno risponderà, ma in coscienza era giusto dirlo.

Dunque, il Centro Regionale di Neurogenetica con la legge regionale entra a far parte del piano sanitario, con tanto di dotazione finanziaria per l’attività e con una dotazione di personale inquadrato nell’Asp territoriale ed ha una funzione ben specifica, effettuare ricerca, cura ed assistenza sulle demenze e sulla malattia di Alzheimer, costituendo un centro di valenza regionale, cui fare affluire tutte le notizie con il supporto di un laboratorio di genetica molecolare, quel surplus “scientifico” che doveva fare la differenza nel panorama sanitario nazionale, mettendo la Calabria nelle condizioni di competere.

Belle parole, ottime intenzioni, ma la verità resta sempre inchiodata. Oggi, come ieri, lungo i venticinque anni di vita e di sfruttamento delle risorse e delle speranze dei calabresi, non c’è stato niente, a parte la nicastrina, morta ancora prima di nascere e viziata dal segreto di Fatima, che non è ancora arrivato il momento di rivelare. D’altronde non esistono altre evidenze che ci facciano essere più morbidi: da questo famoso “Centro”, il tendone circense di “lady truffa” nulla è stato partorito, con buona pace di chi ha avuto la sventura di esserci andato e con la soddisfazione delle diverse case farmaceutiche, che vedevano prescrivere con abbondanza tanti farmaci, solo farmaci, che non erano quelli sperimentali e miracolosi come tante volte i clown che fanno i medici insieme “all’addestratrice di allodole” hanno spacciato quasi fosse “fumo”. Puzzone, naturalmente… 

La verità è quella che anche l’Asp pubblica sul suo sito istituzionale, dove il CRN è un semplicissimo ambulatorio CDCD (Centro Diagnosi e Cura Demenze) al pari dei tanti altri presenti in Calabria, incluso quello che gestisce a Catanzaro Lido l’ormai famoso dott. Pietro Gareri, la vittima quasi illustre della sciabola – come si fa con le bottiglie di spumante sulle barche dei vip –, la cui testa è stata fatta saltare proprio per volere di Amalia, con la complicità del buon dott. Maurizio Rocca.

Ma ne scriveremo continuando la narrazione. Al centro dell’affaire anziani c’è l’altra creatura di Amalia Bruni ed è l’ARN Onlus, la sanguisuga dei soldi ed il centro dei traffici, abbastanza opachi – vi diremo anche perché –, quello che si va ad aggiungere ad un altro aspetto grottesco e criminale: parlare di cure miracolose nella gestione dell’Alzheimer e soprattutto esporre come un feticcio esseri umani, che sono i soggetti miracolati, secondo il verbo di Amalia, “lady truffa”. Abbiate pazienza, ci sono ancora fatti sconvolgenti che verranno fuori, almeno finché la signora resterà in campo per nome e per conto di quei quattro parassiti che continuano ad usarla come sempre meno credibile foglia di fico.