Calabria corrotta, il Pd e i milioni della “gara del secolo”

Seguire sempre il flusso dei soldi. La corruzione segue sempre lo stesso percorso: i rubinetti dello stato e dell’Europa.

In questi anni c’è stato un ribollire nel sottobosco della politica calabrese. Gare e appalti come se piovessero. Milioni e milioni in palio tra le diverse fazioni del Partito Democratico (diventato ormai partito unico del potere senza alcuna distinzione), che gestiscono in prima persona il traffico dei soldi che devono arrivare.

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A Lorica quel gran furbacchione del direttore generale del Parco della Sila Michele Laudati (recentemente scomparso) si faceva fare pubblicità addirittura sul Sole 24 Ore per annunciare che aveva dato 16 milioni di euro in project financing e una gestione da 5 milioni all’anno per far costruire gli impianti di risalita. Laudati è stato denunciato dal Movimento 5 Stelle perché non avrebbe potuto neanche ricoprire quell’incarico ma Oliverio faceva finta di niente. E i soldi sono andati al gruppo Barbieri, che già lavorava a Cosenza su piazza Fera (altri 16 milioni più gestione). Favorito sfacciatamente dall’amministrazione Occhiuto nel silenzio pressoché totale delle opposizioni (a parte Katya Gentile ma solo in un secondo tempo) per come è emerso chiaramente nelle indagini della Guardia di Finanza incredibilmente archiviate, nel mese di agosto 2016, dalla procura. Ma altrettanto incredibilmente (per i truffatori si capisce) rispolverate dalle DDA di Reggio e Catanzaro che hanno messo le manette a Barbieri dopo cinque mesi (19 gennaio 2017) e – si spera molto presto – anche a qualcun altro.

Tutto questo (parliamo del ladrocinio di fondi pubblici) accadeva anche con gli applausi di Giacomo Mancini, in questo perfettamente coincidenti con quelli del sindaco Occhiuto. Che rivendicava addirittura la primogenitura di questi fondi Pisl quando era assessore regionale al Bilancio. Guarda caso, erano Pisl anche quelli di piazza Fera. E Barbieri ha vinto entrambi i bandi: ma come si fa? E soprattutto: perchè il Pd non parla?

Ve lo spieghiamo noi. Oltre alla “pappatoia” dei Barbieri, graditi a tutti, belli e brutti, c’è anche la “gara del secolo” della depurazione cosentina: 35 milioni in project financing ma soprattutto 13 milioni all’anno di gestione delle tariffe di ben 26 comuni dell’agglomerato Cosenza-Rende. Se li moltiplichi per 15 anni di contratto, esce fuori una cifra pazzesca. E quei milioni sono la “manna dal cielo” per la quale si sono mossi i soliti apparati della politica e della giustizia deviata.

Il bando di gara è finito ormai da anni (i termini per la presentazione della domanda sono scaduti a marzo 2015) sulla ribalta delle cronache per una serie di strafalcioni che possono capire anche i profani in materia.

Si è discusso a lungo della fissazione della tariffa per la gestione dello smaltimento delle acque reflue, fissata in 40 centesimi a metro cubo quando la media italiana non supera i 20 centesimi. E si è parlato a lungo anche di altre irregolarità, tipo il mancato coinvolgimento del Consiglio d’amministrazione del Consorzio Valle Crati o tipo la pacchiana e grottesca “trasformazione” del Valle Crati in azienda speciale (definita in maniera palesemente irregolare), come prescriveva lo stesso bando di gara.

Per non parlare dei rilievi dell’Ordine degli Ingegneri e della stessa Assindustria di Cosenza.

Un bando di gara a dir poco discutibile, il can can mediatico, il “solito” attentato farlocco (si bruciano macchine per acquistare credibilità, tanto c’è la procura di Cosenza che è “venduta”) al capo della stazione appaltante Maximiliano Granata, presidente del Consorzio Valle Crati e, a luci spente, si piazza il “colpaccio”.

Rigettato il ricorso al Tar dell’azienda perdente, rimanevano solo i dettagli. Ma non è andata come tutti si aspettavano.

L’azienda unta dal signore è la General Construction. Più che dal signore, dovremmo dire dai servizi segreti, visto che il suo patron Alfonso Gallo è un massimo esperto della materia, cresciuto alla scuola di Sua Eccellenza Luigi Bisignani, ex braccio destro di Giulio Andreotti. Un bel quadretto, non c’è che dire.

Subentrata a Salvaguardia Ambientale nella gestione dell’impianto di depurazione di contrada Coda di Volpe a Rende, l’azienda è entrata direttamente grazie a un decreto della procura della Repubblica di Cosenza (eccola qui di nuovo!), che ha dissequestrato la struttura (che, nei fatti, non è stata mai sequestrata) e l’ha “regalata” a questi signori.

L’obiettivo, manco a dirlo, era ed è proprio quello di mettere le mani sul corposo finanziamento del Cipe e sui 13 milioni all’anno di gestione per lo smaltimento delle acque nere.

E’ del tutto evidente che il bando di gara è stato costruito su misura per la General Construction. In questo, ci ha messo la faccia Maximiliano Granata, che, forte del suo legame con la moglie Lucia Marletta, giudice della procura di Cosenza, ha messo in piedi tutto il sistema per favorire i suoi amici.

Il suo garante politico? Il sindaco Mario Occhiuto, ci mancherebbe altro. Che lo ha investito della presidenza del Consorzio in maniera scandalosa e gli ha affiancato quella vecchia volpe spelacchiata dell’ingegnere Rino Bartucci, al quale è stato affidato il compito (!) di redigere lo studio di fattibilità per arraffarsi i milioni.

Gallo oggi è una potenza industriale. La General Construction è il subappalto fisso di un colosso come Ansaldo energia e successivamente ha varato una fusione al suo interno con relativo cambio di nome (oggi si chiama Geko) per tirarsi fuori da tutti i casini di Gallo.

Inoltre in Campania ha praticamente in mano la costruzione dei nuovi impianti biologico meccanici per la gestione dei rifiuti e l’impressione netta che avevano gli addetti ai lavori era una sola: General Construction o l’azienda subentrante dalla fusione vincerà gli appalti anche in Calabria.

E’ arrivato il momento di spiegare perchè. A “pilotare” Gallo nei meandri della trasversalissima politica cosentina e calabrese è Paolo Pollichieni, il giornalista che oggi dirige il Corriere della Calabria (prima era stato il numero 1 a Reggio della Gazzetta del Sud e dopo aveva diretto Calabria Ora, il giornale dello strozzino cosentino Piero Citrigno) ed è legato a doppio filo al potentissimo Marco Minniti, eminenza grigia dei sistemi di sicurezza (si fa per dire) del nostro paese e promosso addirittura a ministro dell’Interno.

Gallo e Pollichieni (lo sanno tutti, anche i suoi prodi giornalisti) hanno antichi rapporti romani. La questione della “gara del secolo” (con annesse milionate) la stavano gestendo alla grandissima ma a neanche due settimane dalla scadenza dei termini per la presentazione delle domande qualcosa si è bloccato. E sono venute fuori sui media tutte le magagne del bando di gara.

A livello politico, è evidente che c’è stata una talpa a soffiare le notizie e a creare il polverone. E’ stata la solita faida interna al Pd (Pollichieni, che è di Locri, è un’autorità in materia). O meglio, una fronda anti Minniti. Anche se chi dovrebbe e potrebbe revocare il bando è il presidente della Regione Oliverio, che però si accuccia subito quando sente il nome del potentissimo ministro.

Nel bel mezzo dei casini che si sono aperti quando “La Provincia” e quindi il sottoscritto ha tirato fuori questa storia, il signor Granata, in perfetto stile “procura di Cosenza”, ha dato il via alle procedure per mettere in piedi la “solita intimidazione”, materializzatasi nell’incendio della sua autovettura, per dimostrare che lui era nel giusto e che c’era la “mafia” a contendergli la gara su cui ha messo le mani da anni.

Da allora (5 maggio), Granata è andato alla velocità di una Formula Uno. Anche perché il sottoscritto ha lasciato “La Provincia” in attesa di mettere in piedi “Iacchite’”.

Aperte le buste e rintuzzato il ricorso al Tar dell’azienda che non doveva vincere la gara, adesso sta dando fiato alle trombe perché vuole a tutti i costi accelerare i tempi e convocare la Conferenza dei servizi per papparsi tutti i soldi della “gara del secolo”.

Ma i tempi si sono allungati, alla Regione sono esplosi altri casini e alla fine la strategia è cambiata. Ad un certo punto, Gallo da carnefice è diventato vittima. Il Comune di Cosenza lo ha portato finito costringendolo a pagare stipendi e gestione senza ricevere un euro (a parte un versamento “cash” da 600mila euro finito anche nel mirino della magistratura), la gara è diventata sempre di più un miraggio e adesso la magistratura, sempre “teleguidata”, ha sequestrato il depuratore facendogli capire che come gliel’ha affidato adesso glielo toglie. A Gallo rimangono poche alternative: o sta zitto ed evita guai peggiori o parla e mette tutti nei casini. Secondo voi cosa farà?