Ma chi è il grande “puparo” della sanità calabrese? Chi è che muove i fili dei “burattini” che si alternano nei ruoli di sempre meno credibili “commissari”? Nessuno osa fare il suo nome per quanto è ammanicato ed accriccato ma quando anche Cotticelli e persino il superpoliziotto Longo e il parassita Occhiuto farfugliavano di riunioni e di vertici per decidere le sorti della nostra sanità, o per accollare debiti in un bilancio e sempre e comunque per favorire la lobby delle cliniche private, gli addetti ai lavori sapevano benissimo che c’era dietro lui, il grande “puparo”. Anche se non potevano farne il nome. E noi siamo qui a spiegarvi chi è o meglio chi era, visto la fine (ingloriosa) che ha fatto.
Andrea Urbani, di professione commercialista, è stato fino a pochi mesi fa e per lungo tempo il direttore generale della programmazione sanitaria italiana ed è un burocrate – o se preferite boiardo o meglio ancora “colletto bianco” – dal potere enorme. Il suo nome è legato a doppio filo alla Calabria perché dal novembre 2013 all’agosto 2017 è stato la longa manus dell’apice del sistema nell’ambito della struttura commissariale della sanità calabrese. E sono in tanti a dire – e non più a bassa voce – che sia stato e sia tuttora una pedina in mano al boss indiscusso della “politica sanitaria” calabrese ovvero il Cinghiale, al secolo Tonino Gentile.
Andrea Urbani è stato “l’uomo giusto al posto giusto” nell’ambito della struttura commissariale, tanto da sopravvivere, in qualità di sub-commissario (grazie al suo mentore, che nel frattempo aveva in mano anche il ministro della salute Beatrice Lorenzin facente parte del suo vecchio partito), a ben 4 commissari che, invece, nel tempo, sono cambiati, ossia, nell’ordine: D’Elia, Scopelliti, Pezzi e Scura.
Con Massimo Scura si era arrivati al punto di rottura, nella tarda primavera di 4 anni fa, perché, a parere del boiardo, il commissario si intestardiva nel presentare documenti (i famigerati decreti che dovevano sbloccare le assunzioni di medici e infermieri) che “non posso firmare perché ritengo illegittimi, dunque la mia permanenza nella struttura è diventata inutile”.
Urbani, che oltre alla Lorenzin rispondeva agli ordini del Cinghiale, fino a quel momento non aveva gettato la spugna nonostante fossero ormai evidentissime le crepe del suo rapporto con Scura. C’era chi interpretava questo passo come un possibile via libera all’investitura di Palla Palla a commissario della sanità per come annunciato anche da Renzi e c’era chi vedeva un passaggio intermedio nella nomina di qualcun altro. Poi arrivarono il governo gialloverde, il decreto Calabria e il generale Cotticelli e il superpoliziotto Longo ma Urbani era stato riconfermato direttore generale della Programmazione sanitaria nazionale, nel febbraio 2021 dal ministro della Salute, Roberto Speranza, nonostante il suo nome ormai fosse chiacchierato non soltanto in Calabria. Poi però, qualche settimana fa, è arrivato il benservito ma con un “paracadute” niente male come l’incarico di amministratore delegato al San Raffaele di Milano. Ma proprio in queste ore – finalmente! – l’Anac ha deciso di metterlo sotto inchiesta. Come riferisce Il Fatto Quotidiano. E ti saluto Urbani…. Fine ingloriosa di un grande puparo.