Calabria mafiosa: Don Magorno, Sebi Romeo e la Festa dell’Unità (dei clan)

A settembre 2016, neanche tre anni fa, il Pd apriva la sua festa in quel di Reggio e il primo giorno a parlare di ‘ndrangheta e questione morale, sul palco c’erano i massimi esponenti in materia: il deputato segretario Magorno e il consigliere Sebi Romeo. Il primo affiliato alla temibile cosca di Franco Muto di Cetraro e l’altro affiliato, attraverso il suo compare Nino De Gaetano, alla cosca dei Tegano ma anche a quella dei Libri come abbiamo appreso ieri dal procuratore Bombardieri.

Non c’è che dire, la scelta era stata la più giusta. Chi meglio di loro, che sono organici alla ‘ndrangheta, poteva spiegare ad una platea di picciotti e aspiranti tali, come ci si comporta nell’onorata società? Nessuno.

E i due, da esperti mafiosi quali sono, lo fecero con cognizione e disinvoltura, oltre a mostrare una certa preparazione in materia. Spiegarono alla platea che la ‘ndrangheta non deve essere un alibi, ma piuttosto serve a produrre gli alibi. Specie quando succedono fatti a noi riconducibili (in riferimento ai politici mafiosi come loro), di cui qualche magistrato onesto chiede conto.

E’ qui che entra in campo la ‘ndrangheta, e con il loro aiuto possiamo dire tutto e il contrario di tutto. Possiamo dire che, ad esempio, quel giorno lì non eravamo lì, e di testimoni pronti ad affermare il falso ne troviamo quanti vogliamo.

Possiamo fare e ricevere favori senza che nessuno ficchi il naso nei nostri loschi affari. Possiamo tranquillamente dire chiacchiere a chi ci pare e passare per persone per bene, come stiamo facendo noi, senza che nessuno (tranne quei rompipalle di Iacchite’) ci rimproveri niente.

Insomma, concludeva Magorno, essere ‘ndranghetisti oggi in Calabria significa assicurare un futuro a noi stessi e al partito. Non da meno l’intervento di Sebi, che dal pulpito diceva: “Nel nostro partito non esiste una questione morale, dato che siamo tutti immorali”. E dunque, senza nessuno che abbia una morale, il problema non esiste. Ed è inutile parlarne. Perciò dico che non esiste una questione morale. Piuttosto se c’è questo problema è da ricercarsi in quella parte di società onesta di calabresi che si fanno mille problemi anche per taroccare un certificato elettorale.

Con questi, diceva Sebi, non dobbiamo avere niente a che fare, il pericolo di un contagio di onestà è qualcosa che oggi il nostro partito non può permettersi. Per finire, tutti i partecipanti si lanciavano nel più classico appello all’unità: solo uniti possiamo vincere.

Al punto che in tanti avevano proposto di aggiungere una parola al nome della testata storica del partito: l’Unità dei clan. Proposta accolta da 10 minuti di applausi. Una bellissima prima giornata dove picciotti e boss si sono scambiati copiate e purtati, e che Magorno, il più titolato tra i boss, ha voluto chiudere con una citazione: “Senza piccioli e rispetto sei il nulla mischiato al niente…”. Standing ovation, ma questa volta di 90 minuti più “recupero”… 

Bene, a distanza di neanche tre anni, voi non ci crederete ma uno dei protagonisti di quella indimenticabile serata ovvero Don Magorno, ha annunciato la sua autosospensione (!!!) dal Pd fino a quando non si farà chiarezza… Neanche una parola di conforto all’ex amico Sebi ma in compenso un nuovo appello all’unità per una “Calabria migliore”. Che dire? La faccia di bronzo (ma sarebbe meglio dire di culo) di questo soggetto non finisce mai di stupire e c’è da giurare che quando arriverà il suo momento, non ci penserà un solo secondo a buttarsi tra i “pentiti” ma con un grosso punto interrogativo: troverà un giudice disposto ad accoglierlo? Dopo l’ennesima uscita infelice di ieri, mi sa che Don Magorno si è bruciato anche le ultime, residue possibilità.