Calabria, protesta un gruppo di enti di formazione professionale: “La Regione ci ha messi in ginocchio”

Gli Enti di formazione professionale della Regione Calabria rischiano di vedere ridotta in maniera considerevole la propria attività con dolorose ricadute occupazionali su un territorio già allo stremo.
Infatti, la delibera della giunta regionale n. 337/2008 attualmente in vigore stabilisce che la percentuale massima delle lezioni in Fad sia del 30% e non del 50% come prevedrebbe l’accordo stato regione da cui scaturisce la stessa. Non è difficile comprendere che gli enti operanti nel settore formazione a causa di ciò hanno assistito da subito ad un calo delle iscrizioni ai corsi ed alle ovvie conseguenze che ciò comporta.

Il governo regionale si è dimostrato sordo alle istanze degli Enti di formazione che, insieme alle associazioni sindacali datariali che siglano questo documento, hanno da subito tentato di avviare un dialogo per evitare che un provvedimento errato nei suoi presupposti potesse trasformarsi in un boomerang per la Calabria.
Gli organismi competenti però, compreso l’assessore al Lavoro e al Welfare Angela Robbe, ed il Direttore Generale del Dipartimento Fortunato Varone, fin qui non hanno voluto dare ascolto alle osservazioni formulate anche con apposita istanza di riesame in autotutela che è stata ingiustificatamente respinta.

La Regione, per giustificare la decisione di operare una così sostanziale riduzione del tetto delle ore per i corsi di formazione Fad, si nasconde dietro l’accordo Stato-Regione del 9 novembre del 2017, con il quale veniva previsto che i corsi di formazione professionale per il 50% del monte ore complessivo non potessero essere erogati in modalità Fad.
Un accordo di per se stesso penalizzante per gli Enti di Formazione che in virtù della legge n°40/2008 erano riusciti a produrre ottimi risultati in termini di iscrizioni ai corsi e di indotto economico sul territorio.

Per averne una prova tangibile basterebbe verificare i dati relativi al traffico di passeggeri all’Aeroporto di Reggio o di Lamezia Terme nelle giornate conclusive dei corsi organizzati in città e per sostenere gli esami. Un flusso di persone che si fermavano nelle città, consumavano nei bar e nei ristoranti e occupavano le stanze degli alberghi, con le conseguenti ricadute positive per il settore dell’accoglienza.
La Regione, con la delibera di recente adottata senza nessuna spiegazione plausibile, ha ulteriormente peggiorato la situazione abbassando la soglia del 50% con atto di arbitrio e non conforme alla legislazione nazionale in materia. Creando palesemente un danno agli Enti di formazione, ai loro lavoratori e allo stesso territorio calabrese che perde in maniera palese un’occasione di sviluppo.

Si tratta, inoltre, di una delibera che non ha analogie con quanto avviene nelle altre Regioni italiane le quali, pur tenendo fede alle linee guida degli accordi Stato Regione, consentiranno agli Enti di formazione di organizzare corsi Sab, con una durata minima di 90 ore, con una percentuale del 50% da poter erogare in modalità Fad. Pertanto in uno dei pochi settori in cui la regione Calabria anziché essere essere il solito “fanalino di coda” era “punta di diamante”, inspiegabilmente assistiamo ad una retrocessione, acquisiamo che essere virtuosi non corrisponde agli “interessi” che ci vogliono subordinati alle regioni del nord e se pensiamo al tema oggi attuale del “regionalismo” comprendiamo che il regionalismo c’è già e come sempre favorisce un’altra latitudine d’Italia. Questa volta però vorremmo che fossero individuate le responsabilità, conoscere i nomi di chi ancora una volta “ha venduto l’oro di Napoli per pagare i debiti Piemontesi”, o se questo debito potrebbe essere la giusta ricompensa a chi nell’anno 2015 era ricorso al TAR ottenendo un esito negativo.

Come se ciò non bastasse la Regione continua ad ostacolare l’attività degli Enti di formazione anche in altri settori non provvedendo, ad esempio, a recepire le linee guida degli accordi Stato-Regioni. E’ il caso dei corsi di formazione per la qualificazione professionale del responsabile tecnico di lavanderia. Un vuoto normativo che si perpetua dal 2011 ( anno in cui è stato siglato l’accordo Stato-Regione in materia) che non consente di poter effettuare corsi di qualifica per Tintolavanderia, e che vede costretti gli operatori economici che vogliono aprire attività del settore a migrare per formarsi .

Davanti a questo scenario si capisce come gli Enti di formazione siano stati messi in ginocchio da una politica miope e illegittima da parte del governo regionale che si è sottratto anche ad ogni forma di ascolto alle istanze. Un’azione governativa in mala fede? Sicuramente contraddittoria: per i corsi Sab la Regione si riferisce agli accordi Stato-Regioni per giustificare il proprio operato, mentre nel caso dei corsi per tecnico di lavanderia non provvede ad adeguarsi ad essi. Insomma o gli accordi Stato-Regioni sono obbligatori o non lo sono. Altrimenti si rischia un’interpretazione schizofrenica delle normative e si rende impossibile l’attività degli operatori del settore.

Inevitabile, dunque chiedersi quali siano gli interessi dietro a una delibera di giunta così miope e errata nei suoi presupposti giuridici, ma in grado di creare difficoltà enormi per tanti lavoratori calabresi. Anche perché la formazione professionale era finita nel mirino delle Regioni del Nord che vedevano di cattivo occhio uno dei pochi flussi migratori “al contrario”, con cittadini settentrionali pronti ad arrivare al Sud per formarsi.
Proprio mentre ci si oppone al regionalismo differenziato e alla cosiddetta “secessione dei ricchi”, la nostra Regione rifiuta questa possibilità e confeziona un regalo alle Regioni del Nord? E poi, la riduzione delle ore della formazione in Fad ha prodotto ricadute benefiche in altri settori? E’ servita a potenziare altri comparti?

Tutte domande che non trovano risposta. Per evitare, dunque, che si possa pensare che dietro l’azione governativa ci siano interessi privati di altra natura, sarebbe opportuno che la Regione spiegasse nel dettaglio le sue decisioni e iniziative. Un dovere di trasparenza nei confronti dei cittadini, degli operatori del settore e degli stessi lavoratori.
Chiediamo ancora una volta la giusta attenzione alla classe dirigente calabrese e agli esponenti politici di tutti i partiti e gruppi per fare in modo che in tempi rapidi si possa ottenere giustizia e la possibilità di operare nell’interesse della Calabria e nel rispetto delle leggi vigenti.
Reggio Calabria 01/04/2019 Firmato

Giuseppe Sangrigoli (Cefip Form)
Pellicano’Antonino (associazione CHRIANS)
Cali’ Caterina (ass. Informatic World)
Caracciolo Tullio (Istituto Cenide)
Giovanni Misitano (ass. artigiani CASARTIGIANI R.C)
Giuseppe Prattico’ (Unimpresa Italia)