Capodanno con Fabri Fibra: “La libertà di pensiero e di parola è un’altra cosa”

L’arrivo di Fabri Fibra per il concerto di Capodanno a Cosenza ha scatenato ormai un vespaio di polemiche riguardanti il sessismo e l’omofobia del soggetto. Un gruppo di associazioni cosentine, tra le quali il Centro contro la violenza alle donne Roberta Lanzino e l’Arcigay, hanno chiesto l’annullamento del concerto al sindaco. Ma sui social ormai da giorni impazzano le polemiche tra chi non vorrebbe vedere il soggetto “esibirsi” a Cosenza e chi invece lo sostiene, chiamando in causa addirittura la libertà di espressione o la censura.

Qualche giorno fa ci è capitato di leggere un dialogo tra amici (un ragazzo e una ragazza), senza troppe velleità, che in poche battute spiega meravigliosamente l’oggetto del contendere.

Lui, il ragazzo, infastidito dal can can mediatico, afferma: “Non difendo nessuno, ma se non sapete cosa sia il rap e il perché del suo linguaggio almeno leggete Bukowski così vi affrancate dalla cultura morale“.

Ecco, il problema sta tutto qui: ma davvero possiamo dire che quella di Fabri Fibra è arte o poesia e quindi, come tale, soggetta a “licenze” anche al limite della tolleranza?

Il miglior commento che ci è capitato di leggere in questi giorni è proprio la risposta a questo quesito dato da una cosentina. Non è importante il suo nome ma quello che sostiene.

“… Non è che poiché si ritiene che un determinato linguaggio sia sbagliato, allora non conosciamo e ignoriamo. Personalmente non trovo neanche corretto rispondere con un “e ma allora i Velvet”; “e ma allora Vasco Rossi”; “e ma allora Bukowski”. Dovremmo allora soffermarci a contestualizzare ogni licenza poetica.

Qui si parla di un Capodanno organizzato con soldi pubblici da un’amministrazione che si dimostra poco coerente: o sostieni i processi e le azioni contro la violenza alle donne o non la sostieni. Il sostegno deve essere continuo e costante, non solo in occasione della Giornata mondiale. E poi, io lo capisco che non vi sentite toccati ma un testo che dice che mi strappa le ovaie con un uncino, soprattutto in un periodo in cui la violenza è in aumento, mi fa paura.

Infine, la distribuzione mediatica di un testo musicale non ha la stessa valenza di un testo del 1969 (Taccuino di un vecchio porco). Non sono una moralista, mi disturbano queste etichette che si mettono addosso alle persone solo perché si sentono offese da qualcosa. La libertà di pensiero e di parola è un’altra cosa, non questo. E questa non è neanche contestazione…“.

Non c’è davvero nient’altro da aggiungere.