Caro prof. Gottlob, ma era proprio necessario? (di Saverio Di Giorno)

di Saverio Di Giorno

Caro prof. Gottlob, ma era proprio necessario? Il professore di Oxford luminare in intelligenza artificiale ha partorito l’ennesimo spot da rilanciare. In ordine di tempo abbiamo avuto i mandarini e i muli di Muccino e Raul Bova, lo spot Calabria Meravigliosa dello Zar(ro) di Calabria (Roberto Occhiuto) adesso abbiamo Calabria fantastica versione Oxford del professor Gottlob. Manco fosse un Amadeus qualunque costretto a nominare Pitagora ogni dieci parole. Ovviamente subito rilanciato da tutti i media.

Il succo di tutte queste pubblicità è semplicissimo: il paesaggio è meraviglioso, si mangia bene, i calabresi sono brave persone ospitali, gentili, non sporcano e non fanno pipì in giro. Per chi si aspetta di trovare Zi’ ‘Ntoni al valico con il fucile è comunque un buon risultato. Sia chiaro, il buon Gottlob non poteva rispondere diversamente alla domanda di Vespa: come mai lascia Oxford per la Calabria? Il problema sta altrove, sono gli altri.

Il problema sono i media che rilanciano come se ci fosse bisogno di qualcun altro per certificare che la Calabria ha potenzialità. Quando lo dicono i calabresi, evidentemente non sono credibili. Il problema sono gli esponenti delle istituzioni che si appendono questa dichiarazione come medagli al petto. Quasi volessero dire: vedete, grazie a noi abbiamo questi risultati. Sgomberiamo ogni dubbio: non è così. Se ci sono importanti ricercatori e centri all’avanguardia che resistono miracolosamente è nonostante voi, non grazie a voi.

Al buon Gottlob si può solo rimproverare una cosa: che la Calabria sia meravigliosa è fuori di dubbio, che sia ideale per fare ricerca è molto più opinabile. È forse facile da professore ordinario, esperto mondiale con consolidata carriera e prestigio riconosciuti. Chiedete a qualsiasi giovane ricercatore che si barcamena tra assegni precari, affitti, fondi che non arrivano e laboratori carenti quanto sia ideale fare ricerca in Italia e in Europa. Un paese (e di conseguenza anche una regione) che dedica sempre meno fondi alla ricerca e allo sviluppo. Caro professore, fra qualche tempo – ammesso che frequenterà con assiduità i cubi – cerchi di capire come dietro le Alpi vengono assegnati… gli assegni, come si assume il personale e quali progetti vengono finanziati. Si chieda se i criteri siano sempre e solo la qualità o non l’appartenenza politica, la vicinanza di quel professore alla politica locale, e l’azienda da coinvolgere in questo o quel bando.

Al professor Gottlob bisognerebbe raccontare del 1978, quando già allora si parlava di Unical e di Calabria come promessa dell’informatica. Bisognerebbe raccontare del Piano TelCal e di 400miliardi di lire e del ruolo di quella che sarebbe diventata la futura parlamentare Enza Bruno Bossio. Quella promessa ha portato i frutti che lei stesso può vedere: una regione indietro (anche) su questo fronte. L’attaccamento all’Università della politica continua fino ai giorni nostri, al 2018 quando un’indagine della procura di Reggio Calabria aveva coinvolto anche la figlia di Bruno Bossio e Adamo e riguardava l’accesso ai dottorati di ricerca. E che dire dei legami con il comune di Rende? Invece di beneficiare il territorio di talento e ricerca, è il territorio che preme sul polo universitario.

Nonostante questo (e non grazie), molti ricercatori calabresi sono tra i più citati al mondo, l’Unical raggiunge posizioni ragguardevoli nelle classifiche e le innovazioni partono da team di ricerca calabresi. Un’eroica resistenza il cui merito – per favore! – va ai soli talenti, ai singoli e non è mai frutto di un sistema organico e operativo. Singoli che ovviamente non vengono valorizzati né trattenuti in alcun modo: avete mai visto un consulente, un esperto, un ricercatore a ricoprire ruoli di rilievo o che abbia un ruolo in un progetto o una politica? Meglio l’appartenenza, la fedeltà e il ricatto.