Catanzaro. Abusi, complicità e interessi privati: Abramo e la burocrazia lavorano sottobanco

Whatever it takes, ad ogni costo! La regola è questa nella città di Catanzaro, quella del sistema massomafioso, l’imperativo nelle stanze dei bottoni di Palazzo de’ Nobili, il luogo dove tutto diventa possibile e dove la legalità si piega ai voleri della politica inquinata.

Appena varcato il portone del Comune di Catanzaro sembra di entrare in un mondo parallelo rispetto ai bisogni della città, o più specificatamente ci si trova nel cortile murato riservato ai fruitori dell’ora d’aria, dove tutti parlano di tutto, dove si narra di situazioni al limite del penale e dove le solidarietà diventano complicità, quelle che saltano ancora prima di essersi consolidate. Siamo nel mondo comico-criminale dove molte narrazioni intercettate, ci offrono uno spaccato di connivenze radicate fra le espressioni politiche e una buona fetta di burocrazia tossica, quella specializzata nel seppellimento e nel trafugamento della legalità.

Nel serraglio delle rane dalla bocca larga ed i sordomuti a progetto la verità ritorna sempre a galla per inerzia o per stupidità, le responsabilità ritornano ad essere individuali e vengono messe in fila. Si scopre così che l’Anticorruzione è soltanto un vessillo ostentato, così come si comprende che la vicenda Gettonopoli non è stato un incidente di percorso, bensì il risultato più che scontato di un metodo incrostato ed assuefatto nel tempo, dove tutti erano protagonisti e meno che mai vittime.

Catanzaro è la città del sistema, ma anche la prateria sconfinata di faide quelle tutte interne al Consiglio comunale ed al suo retrobottega, quel locale malfamato dove si agitano faccendieri, mercenari politici e dirigenti da sempre in mostra sugli scaffali delle offerte merceologiche, il classico 3×2.

Nessuno può chiamarsi fuori. Sono tutti, salvo rare eccezioni, complici del sistema e responsabili della cattiva immagine della città di Catanzaro, quel valore ormai consolidato e santificato da un incrocio tossico che ammorba ormai da anni i corridoi del palazzo.

Quella burocrazia che nei fatti vessa i cittadini con procedure stancanti ed al limite della vergogna e del buon senso, solo per sventolare un vezzo di legittimità, diventa magicamente se si tratta di interessi privati di peso, corsia di sorpasso ed al tempo stesso laboratorio creativo dove la norma diventa creta da modellare nelle mani di dirigenti stregoni.

Si scopre così, come avevamo già anticipato, che esistano immobili nel quartiere marinaro già negli anni passati sede di attività commerciali, edificati per metà su terreno demaniale mentre la restante metà è frutto di abusivismo peraltro mai sanato. Se tutto questo non ha impedito al settore Attività Economiche di concedere le autorizzazioni per l’esercizio di attività commerciali, il come resta una domanda sospesa, oggi riallineare i documenti e trovare un escamotage per restituire titolo all’immobile e risolvere il problema del demanio è un imperativo assoluto ad ogni costo: Whatever it takes.

Nascono così le nuove “staffette”, quelle “partigiane 2.0”, che dismessi i panni dell’alto funzionario comunale – giusto per capirci il Segretario Generale dott.ssa Vincenzina Sica – diventa sherpa del sindaco Abramo, il nuovo proprietario dell’immobile in questione, presso la dirigenza della Regione Calabria Settore Demanio, per risolvere quella che appare una vicenda privata e non già una pratica di interesse pubblico. Siamo pienamente nel capitolo del sistema, quella contro-anticorruzione che sembra più una riforma scismatica della legalità, un’altra vicenda ibrida che consolida il sentire diffuso che il Comune di Catanzaro non è la casa dei cittadini, ma la casa maledetta di una triangolazione perfetta di abusi, complicità e diffusi interessi privati.