Catanzaro. Avvocati, sacerdoti, marescialli, senatori, galoppini e boss: tutta la “rete” nella rubrica di Antonio Gallo

di Alessia Candito

Fonte: Repubbllica

Avvocati, sacerdoti, ex marescialli, senatori, galoppini, boss. Nella rubrica di Antonio Gallo, il braccio economico dei clan del crotonese arrestato nell’inchiesta che ha terremotato l’Udc e convinto alle dimissioni il suo segretario Lorenzo Cesa, c’è di tutto. Del resto, per ogni progetto, appalto, lavoro o necessità l’imprenditore sapeva muovere la leva giusta. O trovare in rubrica l’amico o l’amico dell’amico dell’amico, buono per muoverla.

Certo, per gli affari nulla è meglio di un politico. Per questo, quando gli arrestano l’amico e compare d’anello Antonio Caridi, senatore di Ala finito in carcere per concorso esterno come politico costruito a tavolino dai clan per infiltrarsi nelle istituzioni, si dispera. “Io avevo il tesserino del Senato, capito? Entravo uscivo, avevo la chiave del suo ufficio, quindi non… facevo tutto da lì, non è che facevo… mi, mi creavo i contatti avevo fatto un percorso… poi lui era uno che si faceva volere bene pure a Roma” si dispera. “Pure io avevo situazioni ancora importanti lavorative, che avevamo creato dei rapporti con lui… il problema è che è dentro, questa è la cosa più grave, il lavoro va e viene”. 

Ne parla esplicitamente con Antonio Speziali, il figlio dell’ex senatore del Pdl, Vincenzo. Uno subito pronto a consigliargli che per mettere le mani sugli appalti della A2A di Milano era necessario agganciare Larussa “per farsi mettere in contatto con una persona che in Finmeccanica aveva contatti”. Con lui, Gallo si lamenta. Con Caridi libero, si riusciva a lavorare. “Adesso invece”. E i due concordano, sintetizzano gli investigatori, per entrare negli affari romani, l’uomo da agganciare era l’ex sottosegreterio di Stato Rocco Ghirlanda “per evitare di disturbare continuamente tutti”. L’imprenditore dei clan crotonesi si lamenta “vedi cosa vuol dire avere un politico al posto giusto… mannaggia ai guai mannaggia”. 

In ogni caso, mentre Caridi è dentro si organizza. Tramite i consiglieri comunali di Catanzaro Simeri e Crichi, Lorenzo e Tommaso Brutto, bussa alla porta dell’assessore regionale Udc, Talarico – tutti finiti ai domiciliari – e del segretario nazionale Cesa (solo indagato) per non perdere il “giro romano”. E magari pescare qualcosa anche in Calabria. Nella lista dei desideri di Gallo, si legge nelle carte, ci sono “Enel, Eni, Arpacal, Calabria Verde, Tim”, a cui spera di arrivare grazie ai buoni uffici dei nuovi “amici” dell’Udc.  

Ma può contare anche su tutta la rete dell’amico senatore finito in galera. Che rimane pienamente a sua disposizione. Della scuderia fanno parte ad esempio Antonino Pirrello e Francesco Simone, personaggio vicino alla famiglia di Bettino Craxi in passato inciampato nell’inchiesta Cpl Concordia, con cui Gallo si era messo in affari per tirare su un villaggio turistico in Calabria. Ovviamente, tramite una società intestata a prestanome e grazie ai contributi di Invitalia. Lì dove – grazie ai buoni uffici dell’ex senatore Caridi, secondo indiscrezioni – lavorava da impiegato Natale Errigo, storico portaborse dell’ex senatore, imparentato con boss e luogotenenti dei clan di Archi, il feudo della ‘ndrangheta reggina, e passepartout politico dell’affermazione elettorale di Talarico alle politiche del 2018. Con voti raccolti in “ambienti ndranghestiti” chiariscono i giudici.   

Appoggi e amici però Gallo li aveva anche fra preti e prelati. A Don Giovanni Scarpino, direttore della comunicazione della Conferenza episcopale calabrese, e Marcello Froiio, parroco di Vallefiorita si rivolge in cerca di aiuto. E non certo spirituale. Teme che gli investigatori gli stiano con il fiato sul collo e cerca supporto e occhi, o meglio investigatori, indiscreti. Con don Scarpino il rapporto sembra consolidato, i due si vedono spesso a pranzo come in una gelateria a Roma.

È lì che Gallo si confessa. E il don subito lo rassicura “a questo qua lo tartassavano…sono stati tre o quattro mesi là…chiusi…lui gli dava una stanzetta…quelli si chiudevano…no?…lo abbiamo detto al Generale…il Vescovo…che era Ciliberto.. lo disse al Generale…vedi che questa è un’azienda perbene”. In realtà, si spiega nelle carte, l’imprenditore in questione era imputato per scambio elettorale politico mafioso. “Sentire che il prelato aveva interessato un vescovo perché interpellasse un generale della GDF per intervenire sulla pattuglia – annotano gli investigatori – lascia quanto meno sbigottiti. Come sbigottiti lascia la facilità con cui gli indagati potevano avvicinare altri ufficiali della Gdf, da interpellare all’evenienza”.

Nel ramo, il “jolly” di Gallo era di certo uno, Ercole D’Alessandro. Per anni uomo simbolo del Goa di Catanzaro, “Ercolino” – così tutti lo chiamavano – ha accumulato contatti, conoscenze, rapporti con magistrati, colleghi, ufficiali, persino agenti della Dea con cui anche dopo la pensione – o almeno, fin quando il comando generale non se ne è accorto ed è intervenuto – aveva mantenuto contatti e rapporti di collaborazione. Una rete – è emerso dall’indagine –  che l’ex maresciallo ha usato per accreditarsi con gli ambienti più diversi. Imprenditori, politici, faccendieri. Obiettivo? Monetizzare. Strappare un contatto da direttore del servizio di vigilanza della Sicurtransport per sé o far coinvolgere il figlio nelle avventure imprenditoriali di Gallo in Albania. Ed ottenere entrambi.

Del resto, Ercolino chiacchiera. Millanta. Racconta di proposte di collaborazione con i servizi. Vaneggia di amicizie con magistrati e prefigura contratti da consulente con la procura di Catanzaro che nessuno ha mai ipotizzato. Trasforma contatti professionali in rapporti di amicizia e fiducia, come quello con l’ex prefetto Arturo De Felice, amministratore della Sacal. Al patron della Sicurtransport, Luciano Basile, assicura di averlo convinto a cucirgli su misura un appalto per la vigilanza in aeroporto. Ma quando l’imprenditore lo incontra, il nome della società fa cadere De Felice dalle nuvole. “No, è una finta” gli assicura D’Alessandro. Quanto ci sia di vero e di millantato nelle sue affermazioni è tutto da verificare. Certo è che riesce a risultare credibile anche agli occhi di D’Alessandro, che convincere a reclutare il figlio –in qualità di socio – nelle sue scorribande imprenditoriali in Albania.

Lo stesso succede quando all’imprenditore – dicono i brogliacci – “consiglia di interessare l’allora presidente Cantone dell’Anac e il procuratore Pignatone della Procura della Repubblica di Roma”. Quando si racconta in rapporti con Pierferdinando Casini e racconta “io l’altro giorno quando sono andato a Roma, mi sono incontrato anche con Pier Ferdinando Casini che questo amico mio che stiamo andando giorno 12, praticamente è il braccio destro suo per quanto riguarda l’estero… e mi ha detto Casini che io, qualsiasi cosa avete bisogno, in Albania”. O con Cesa, cui racconta di aver raccomandato imprenditori, avvocati, persone di potere. “Lorenzo – racconta di avergli detto –  metti da parte questo… gli ho fatto nome e cognome… lui ha il fratello… che ha tre o quattro società… la cognata ne ha altre tre o quattro (Alfano), come il cognato di Renzi con la sorella, così è un business”.

Chiaravalloti

Un avvocato lo ha presentato anche a Gallo. Si tratta di Claudio Larussa. Uno che “gli agganci ce li ha perché lui è amico del Presidente della prima sezione… è molto amico.. ed ha anche uno studio a Roma e a Milano” lo presenta l’ex maresciallo. Anzi “a Milano – corregge-  e a Roma” con Chiaravalloti, specifica. E poi dice – annotano gli investigatori – “che un giorno il vicepresidente della Corte Costituzionale li ha portati a mangiare in via Parma, sotto il Quirinale, con Chiaravalloti e con Claudio (Larussa ndr) sono molto amici”. Gallo e Larussa, si piacciono, parlano la stessa lingua e concordano. In primo luogo sul ruolo che deve avere Casini, stimato in Albania perchè in commissione Esteri “ Ma bisogna avere un rapporto con i politici lì, cioè questo ti deve creare un rapporto… e che si può fare tanto”. Ma su cosa Gallo e il suo entourage abbiano in Albania e grazie a chi, gli approfondimenti sono in corso.