Catanzaro-Cosenza, la storia del derby. 1984, incidenti e scontri. Piero Romeo, il capo degli ultrà

Catanzaro-Cosenza. Con la ricostruzione della storia del derby in terra giallorossa siamo giunti agli anni Ottanta.

GLI ANNI OTTANTA

Le fortune del Catanzaro si interrompono improvvisamente dopo l’uscita di scena del presidentissimo don Nicola Ceravolo e il breve interregno di Adriano Merlo. La squadra giallorossa retrocede per due volte di fila e così, incredibilmente, nel 1984, si trova a giocare in serie C contro il Cosenza.

Il neopresidente Pino Albano ha allestito una corazzata per l’immediato salto di categoria mentre a Cosenza, dopo il sofferto varo della Società per Azioni, finalmente si programma il ritorno in serie B grazie alla volontà e alla determinazione di un gruppo di imprenditori animati da belle speranze e guidati da Vincenzo Morelli, figlio di quel Mario che aveva portato i colori rossoblù per la prima volta in serie B nel lontano 1946.

Nella primavera del 1983, nel corso di un concerto dei “Sound” (gruppo new wave londinese) a Catanzaro, due gruppi di giovani rockettari cosentini e catanzaresi si accapigliano a lungo. Tra di loro ci sono molti ultrà. Parecchi danni anche alle auto targate Cosenza. La scazzottata, sembra provocata dai catanzaresi, lascia un po’ il segno. Anche i catanzaresi si lamentano del comportamento dei cosentini in un Catanzaro-Cagliari del 1983 disputato in campo neutro a Cosenza (qualche gruppo di tifosi – non ultrà – avrebbe gridato “Serie B Serie B” all’indirizzo dei tifosi giallorossi) ma sembra che tutto possa rientrare nella normalità. Tanto che a novembre 1984, la settimana che precede il derby d’andata al “Militare” è caratterizzata da una serie di appelli distensivi affidati soprattutto al sindaco della città dei Tre colli Marcello Furriolo. Il primo cittadino appare in televisione per invitare le famiglie cosentine a vivere una sana giornata di sport a Catanzaro. Le risposte sono entusiastiche e tutto lascia pensare veramente a una sorta di happening all’insegna del divertimento.

Le due squadre hanno iniziato il campionato con ottimi risultati e sono entrambe attestate nei quartieri alti della classifica. I due bomber sono il rossoblù Gigi Marulla e il giallorosso Pino Lorenzo. Marulla è di Stilo, ha ventuno anni e fa della velocità e del gioco di gambe le sue qualità migliori. Lorenzo è catanzarese purosangue ed è un centravanti di sfondamento, sorretto da una struttura fisica imponente.

Il 18 novembre 1984 purtroppo i tifosi cosentini si accorgono presto di essere rimasti vittima di un clamoroso “trappolone” da parte dei cugini. L’imponente carovana rossoblù (centinaia di pullman e auto private hanno portato al “Militare” quasi cinquemila supporter) viene fatta oggetto di vili sassaiole e di basse provocazioni. Quanto basta per determinare un’adeguata reazione.

Si accendono incidenti e scontri, sedati a fatica dalle forze dell’ordine. All’ingresso in campo delle squadre la situazione precipita per l’esposizione di uno striscione nella curva giallorossa (“Ma lo sanno le vostre mamme che siete qua?”) che fa letteralmente andare in bestia i cosentini.

Sul campo non c’è partita. Finisce 4-1. Surro, il partner di Lorenzo, realizza addirittura una tripletta e il nostro Marulla, che potrebbe riaprire la partita, sbaglia malamente un calcio di rigore.

Sul 3-0 molti ultrà cosentini decidono di lasciare il campo e si abbandonano a gesti di vandalismo e teppismo. Gli scontri si protrarranno per ore. Il bilancio dei feriti e dei danneggiamenti è disastroso. Decenni e decenni di rapporti complessivamente cavallereschi tra le due città vengono completamente vanificati.

La gara di ritorno è pesantemente condizionata dal ricordo di quella infausta giornata. Le forze dell’ordine centuplicano la sorveglianza sullo stadio San Vito e fanno in modo di impedire ai tifosi catanzaresi l’accesso a Cosenza. Si gioca in un clima surreale. Figuratevi che si era sparsa la voce di un agguato al pullman della squadra giallorossa. Fortunatamente era soltanto un falso allarme. Gli ultrà rossoblù in verità erano molto più impegnati su altri fronti. Quelli della scoperta della mentalità ultrà, dell’organizzazione dei primi raduni nazionali, dell’impegno sociale e nei confronti dei più deboli.

PIERO ROMEO

Alla fine degli anni Settanta Piero Romeo è stato il principale animatore ed ispiratore del movimento ultrà cosentino.

“Le pecore hanno un capo. E le mandrie un cane che sorveglia. Nua sim’i Cusenza e capi un’ni’ vulimu”. (cit. Piero Romeo, capo degli ultrà). Forse era per questo che lo chiamavano tutti “il capo degli ultrà”.

Semplicemente perché, in un mondo nel quale tutti vogliono esserlo, lui non ne voleva proprio sapere e contestava chi lo chiamava così. Alla sua maniera, con quell’ironia tagliente che lo rendeva unico.

Dietro “il capo degli ultrà” c’è la storia di un movimento e di intere generazioni, c’è la storia della città di Cosenza e della sua aggregazione giovanile.

Piero Romeo è stato il nostro capocomitiva in centinaia di trasferte. Non è facile controllare l’esuberanza di tanti ragazzi che comunque sanno che tu sei il punto di riferimento. Il suo scompartimento era la stella polare per chi vagava nei treni di linea il sabato notte per arrivare a Monza, a Brescia, a Modena, a Bergamo, a Bologna e andare a vedere i Lupi.

Lo sguardo di Piero è una delle sensazioni più belle che si possano ricordare dei “primi tempi” di Curva. Raccontarvi del rapporto che aveva con i ragazzi più piccoli significa rievocare scene di vita che ci hanno insegnato i fondamentali del nostro essere uomini. Le storie di Piero sono state quelle più esaltanti per il gruppo.

Piero Romeo ha fatto la storia del movimento ultrà con i raduni, con i rapporti con gli altri compagni. E’ stato quello che si è legato di più a Padre Fedele, anche lì con gli inevitabili alti e bassi che comporta un rapporto con un personaggio così “ingombrante” come il monaco. Ma il lato giocoso di Piero è senz’altro quello che ognuno si porterà dentro per sempre.

I cinquant’anni di Piero Romeo sono stati spesi costantemente per i suoi ideali più belli: quello dell’ultrà vero, che aveva l’appartenenza al gruppo nel sangue, quello della generosità nei confronti di chi non aveva un tetto e di cosa sfamarsi, degli ultimi in generale e quello della buona cucina, il suo mestiere fin da quando era solo un ragazzo.

Abitava a via XXIV Maggio, nel cuore di Cosenza, con i genitori, il fratello Valentino e la sorella Mena. Il sacro fuoco del pallone lo rapisce subito.

Siamo alla fine degli anni Settanta, 1978 per la precisione. Il Cosenza può tornare a giocare al San Vito dopo un anno di squalifica per la drammatica invasione di campo del 1977 in Cosenza-Paganese. E’ allora che un gruppo di giovani cosentini danno vita alle prime forme di tifo organizzato. Nasce il Commando Ultrà Prima Linea ’78. E Piero Romeo è tra i fondatori di quel gruppo insieme all’inseparabile Umberto Bocci, Lello Valente, Pino Martino, Gustino, Giuseppe Russo, Giovanni Iuele, Pino Tarsitano, Giuseppe Milicchio, Paride Leporace e a ragazzi un po’ più piccoli come Luca Ardenti, Sergio Crocco, Nunzio Urso, Francesco Conforti.

E’ in quell’anno che si darà vita a un’aggregazione giovanile che passerà alla storia come una delle più straordinarie stagioni di creatività e innovazione nella città.

L’incontro con Padre Fedele Bisceglia, all’indomani della nascita dei Nuclei Sconvolti, sarà fondamentale per il giovane Piero Romeo. Sono soprattutto il monaco e Piero a volere quella Mensa dei poveri, che fin dall’inizio degli anni Ottanta ha rappresentato un rifugio per tanti uomini e donne in difficoltà.

Piero Romeo è il padrone della cucina. Tocca a lui dar da mangiare a chi non ha la possibilità di farlo in una casa. Una missione umanitaria importantissima per Cosenza, la cui lezione è ancora viva per tante generazioni che si sono succedute nell’animare l’ideale ultrà nella nostra città.

Piero Romeo è stato esempio e punto di riferimento per intere generazioni e non solo in Curva Sud, ma in tutte le Curve d’Italia, per le strade di Cosenza, alla Mensa dei poveri prima e all’Oasi francescana dopo.

Sempre in prima linea, sempre pronto a prendere le decisioni più giuste per il gruppo, lavoratore instancabile quando si trattava di allestire una coreografia importante (come quella del “bandierone” cucito a mano nel 1985 proprio per il derby di ritorno col Catanzaro) e vero pioniere dell’uso dei fumogeni, per i quali aveva un’incredibile passione.

I suoi prepartita sono ormai diventati leggendari. Il suo rapporto con gli ultimi era quanto di più bello potevi goderti ogni volta che lo vedevi parlare fitto fitto o scherzare con Totonno ‘u squalo, Giovanni Grillo, Nunziatina, Mastru Speditu e tanti altri ancora.

Quanto alla coreografia di quel derby del 1985, nel convento di Padre Fedele Bisceglia, il frate ultras ormai conosciuto in tutta Italia grazie al Cosenza, era stato confezionato un enorme bandierone che avrebbe coperto tutta la Tribuna B, dov’erano “sistemati” i supporter rossoblù. Ma ne scriveremo alla vigilia del derby di ritorno.

A dodici anni dalla sua scomparsa “La Terra di Piero” fondata da Sergio Crocco e da altri ultrà della “Vecchia Guardia” ne rappresenta degnamente l’esempio.

Per la cronaca, quel derby disastroso del 18 novembre 1984 finì 4-1 con reti di Mauro al 10’, Surro al 69′ e 77′, Del Rosso per il Cosenza all’83′ e ancora Surro all’87′. Sempre per la cronaca, Surro era entrato al 61’ al posto di Borrello ed il portiere del Catanzaro, Bianchi, para un calcio di rigore a Marulla all’80’ quando però la stragrande maggioranza dei tifosi del Cosenza era già fuori dallo stadio.