Catanzaro e la Chiesa postulatrice di massomafia

Ciliberti e Bertolone

«È stato chiesto se sia mutato il giudizio della Chiesa nei confronti della massoneria per il fatto che nel nuovo Codice di Diritto Canonico essa non viene espressamente menzionata come nel Codice anteriore. Questa Congregazione è in grado di rispondere che tale circostanza è dovuta a un criterio redazionale seguito anche per altre associazioni ugualmente non menzionate in quanto comprese in categorie più ampie. Rimane pertanto immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione».

Con queste parole, mai modificate o cancellate, la dichiarazione della Congregazione per la dottrina della Fede, sottoscritta dall’allora prefetto cardinale Joseph Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI, il 26 novembre 1983, ha ribadito in modo netto l’ineliminabile solco che esiste tra la visione dei credenti, improntata al Vangelo da vivere nel quotidiano, e quella degli aderenti alle logge segrete, “iniziati” che si legano a una fratellanza tra eletti il cui interesse prevale su ogni cosa.

Su questa affermazione che segna l’inconciliabilità fra la Fede e la massoneria in molti dovrebbero riflettere. Non solo quanti percorrono i corridoi dei Sacri Palazzi, ma anche quelli che su un riconoscimento o “protezione” purificati dall’odore dell’incenso, percorrono i corridoi meno sacri, di altri palazzi di “potere”. Il pericolo di un asservimento della Chiesa ad una logica criminale, che emerge come normalità dai faldoni delle inchieste della Procura di Catanzaro del dott. Gratteri,  evidenzia come fatto serio il rapporto tra Chiesa e massoneria e l’intreccio tra le logge segrete e la criminalità organizzata. Un elemento sempre più dilagante e più volte denunciato anche da Libera anche in occasione della giornata della memoria delle vittime di mafia, quel 21 marzo dimenticato dalla memoria comune.

La città di Catanzaro, l’ex isola felice non è immune da quanto detto, ha nel suo dna il seme della massomafia che predilige l’attenzione del Bene comune a vantaggio di pochi eletti e non, dove la Chiesa locale sembra non aver tenuto un comportamento improntato alla chiarezza ed alla trasparenza nei rapporti con la massoneria e con il mondo del sistema Catanzaro. Oltre a quanto già emerso dai documenti delle inchiesta Basso Profilo, si narra della presenza di sacerdoti e di vescovi nelle liste nelle diverse “obbedienze” della massoneria, cui Catanzaro non è immune e che riportano come attuali le dichiarazioni di Monsignor Galantino, quando da segretario della CEI dichiarava: «Credo sia fuori luogo fornire elenchi senza prove. Comunque un prete o un vescovo, con le proprie scelte, non rende buono quello che buono non è. Né in questo né in altri casi. Anzi, e lo dico prima di tutto a me stesso, il male compiuto da un prete o da un vescovo è ancora più grave».

Secondo l’ultimo rapporto della Commissione Antimafia, tra gli oltre 17 mila iscritti nelle logge delle quattro “obbedienze” (Grande Oriente d’Italia, Gran Loggia d’Italia, Gran Loggia regolare d’Italia, Serenissima Gran Loggia regolare d’Italia) ci sono proprio tutti: imprenditori, politici, studenti, sacerdoti e magistrati. E anche mafiosi. La Commissione con l’aiuto della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, ha rilevato all’interno delle logge 193 “fratelli” con «evidenze giudiziarie per fatti di mafia».

Restringendo l’indagine alle sole Sicilia e Calabria, risulta che ogni due logge ci sarebbe la presenza di un mafioso o un suo complice. Catanzaro docet… ci verrebbe da dire!

Gli argomenti in gioco sono di estrema gravità e c’è il fondato sospetto che la “criticità” denunciata proprio dalla Dda di Catanzaro con le sue inchieste, la si voglia fare passare come una “sensazione” della quale spegnere l’allarme con la classica formula promoveatur ut amoveatur, da qui la recentissima notizia di una possibile promozione a Procuratore capo di Milano dello sfasciacarrozze Gratteri…

La contiguità e l’alleanza della massoneria con i poteri dello Stato e con la Chiesa è un fatto denunciato non solo in “alcuni” ambienti ecclesiali, ma anche in alcune espressioni della magistratura, quella che da sempre diversamente dalle correnti continua a svolgere il proprio ruolo, giusta è la sottolineatura di Gian Carlo Caselli, quando afferma riferendosi alle alleanze indicibili: «sono un problema nazionale che ha condizionato e condiziona la nostra democrazia». Ma, sempre l’ex Procuratore della Repubblica di Palermo, Caselli sul tema massoneria, quella che a Catanzaro abbiamo scoperto essere massomafia, aggiunge: «In democrazia non dovrebbero esistere associazioni segrete con vincolo di obbedienza. Invece esistono e sono spesso veicolo di incroci torbidi fra mafiosi e altri potenti, con reciproco rafforzamento. Ma guai a chi ne parla più di tanto! C’è un processo di rimozione/riduzione collaudato da tempo e riscontrabile in molti delicati casi. Certi intrecci, ancora negati o ridotti a folclore locale, non riguardano solo qualche appalto».

«Ma guai a chi ne parla più di tanto!» emblematica e profetica l’affermazione di Gian Carlo Caselli, che dalle colonne di Famiglia Cristiana nel marzo del 2018 lanciava il monito e ricordava che toccare la massoneria e le sue relazioni con Santa Romana Chiesa era un fatto altamente tossico. Lo tenga a mente questo Procuratore Gratteri!  Ma, soprattutto non pensi che a Catanzaro, anch’essa una città ad alto rischio tossico, ci sia qualcuno o qualche istituzione, laica o consacrata, che abbia il coraggio di sottoscrivere tutto il suo agire: non c’è perché tutti o quasi tutti hanno il cadavere nascosto nell’armadio o nel sottoscala. Nessuno può facilmente dichiararsi vergine e puro. I palazzi restano delle strutture architettoniche, belle o brutte, ma non possono essere considerati “sacri” per appartenenza, per frequentazione o per esposizione di stemmi la cui dignità resta dubbia, quando deriva dai tanti “abbracci” E’ per questo che, seguendo la traccia delle inchieste che portano la firma di Gratteri, troviamo il passaggio delle istituzioni religiose non certo con il compito di redimere le anime e professare il Vangelo, ma li troviamo sempre o quasi sempre, in correlazione a meccanismi che vanno in sottrazione dei diritti dei cittadini, come la trasparenza, dove la Curia di Catanzaro è perfettamente in sintonia con il sistema Catanzaro.

Catanzaro isola felice! Non è vero. Catanzaro è la città della massomafia dove ogni forma di potere diventa sodale e permeabile alle regole delle ‘ndrine e delle alleanze, dove  nessuno sembra scandalizzarsi più di tanto quando si afferma che le mafie vivono, sono diventate strapotenti e si arricchiscono sempre di più grazie alle protezioni e agli appoggi della malapolitica. Quel fenomeno diventato anche catanzarese, risorto come l’Araba Fenice ma mai defunto veramente che è strettamente collegato – oltre che al voto di scambio – alla dilagante corruzione, pratica criminale per natura silenziosa con cui si riesce a creare un clima di complicità per raggiungere gli obiettivi desiderati con minori rischi. Corrompere, infatti, è più conveniente che uccidere.

Nella narrazione dei fatti e nel confronto degli atti scopriremo che la Chiesa in Calabria più volte avrebbe avuto “bisognodi vergognarsi, di marcare il distinguo con situazioni ambigue perché troppo affiancate alla massoneria o alla mafia. Scopriremo altresì che la mutazione e l’evoluzione peggiorativa del tessuto e del futuro della città di Catanzaro, passa inevitabilmente per la radice della massomafia, dove la Chiesa locale, la Curia, da qualche anno svolge un ruolo attivo e protagonista nella politica, nell’imprenditoria, nella speculazione edilizia e perché no, nell’esercizio inopportuno ex cathedra dove l’infallibilità della dottrina e della Fede si scontra, necessariamente, con gli atti di indagine e con le complicità piccole e grandi.

Ricerco, ergo sum. La verità è quella che stiamo seguendo, quella che sul piano storico è vista come un dato, piuttosto che un risultato, il risultato di un percorso di conoscenza. La magra alternativa, in quest’ottica, resta quella tra un vero attinto immediatamente per illuminazione, e una congerie di difficoltose supposizioni, che dal vero si ritraggono timidamente senza mai sfiorarlo…

Catanzaro non può continuare a nascondere la verità, quella che non può trovare nella Curia locale complicità e connivenze, quando i fatti denunciati passano prima ancora da un possibile reato, che resta alla Procura competente verificare, quanto da un limite di opportunità e di sostenibilità anche morale, rispetto al quale il silenzio non è metodo di trasparenza e di rispetto dei cittadini.

Siamo sulla linea di confine caldo perché i cittadini chiedono anche attraverso le nostre pagine una risposta ai dubbi su alcune procedure di concorso, come quelle sparite dal calendario della provincia di Catanzaro, ma in particolare su quelle che sono in fase di espletamento nel comune di Catanzaro dove i dubbi si rincorrono. C’è in questa vicenda, un possibile limite di trasparenza e di chiarezza per quanto attiene alle progressioni verticali che interessano i dipendenti di categoria C e D del comune capoluogo di regione, dove i nominativi dei possibili vincitori si sussurrano nei corridoi, ancora prima dell’effettivo svolgimento della prova. Ci sono dubbi sulle composizioni delle commissioni, ma soprattutto ci sono dubbi sulla credibilità politica e comportamentale della giunta Abramo. Ci sono vicende denunciate da queste pagine alle quali nessuno ha fornito una risposta, dove i silenzi del sindaco Sergio Abramo e del Vescovo Vincenzo Bertolone diventano imbarazzanti e rumorosi, perché attengono al comportamento istituzionale di un figlio prediletto proprio della Chiesa locale…

Abbiamo più volte detto che non ci stupisce che il valore della fratellanza e delle obbedienze, quello che si richiama al grembiule e cappuccio, venga mutuato e taciuto dalla Chiesa catanzarese che continua a fare sua proteggendo un tipo di politica allevata a santini e Vangelo, lasciandola pascolare indisturbata nella zona grigia a braccetto con un manipolo di “riservati”, che anche a Catanzaro hanno il compito di governare un sistema, il sistema Catanzaro che abbiamo scoperto criminale per iniziativa della Procura di Catanzaro.

Ci stupisce ancora di meno il fatto che la Curia di Catanzaro agiti il pastorale in senso di sfida alla verità, come fece Papa Wojtyla nel suo attacco frontale alla mafia, dimenticando che la massomafia è all’interno del meccanismo della politica locale, dove determinati atteggiamenti anche per dovere di morale non dovrebbero essere difesi, ma semmai deprecati. Per come non ci stupisce il silenzio che accompagna la minaccia terrena del clero settario che a difesa dell’ordine precostituito, il suo non dei cittadini liberi, restituisce valore alla “Chiesa del silenzio” dove l’interruzione delle regole di diplomazia risolvono il problema, perché spengono la parola e forse la coscienza. Ci stupisce ancora di meno che si risponda alle domande poste, annunciando la reprimenda del Vescovo di Catanzaro, preoccupato di difendere i suoi testimoni politici, piuttosto che la morale secondo  il racconto nei corridoi del palazzo comunale, dell’assessore Danilo Russo. Dall’altra parte, quella dei colletti bianchi interessati direttamente ai concorsi in itinere, si agita invece lo spettro delle Forze dell’Ordine mandati nella nostra Redazione con una velocità insolita ed inusuale. Forse abbiamo colpito nel segno?

Noi non abbiamo messo in dubbio la legalità e la trasparenza che viene decantata quasi fosse un canto Gregoriano, abbiamo soltanto riportato notizie ricevute sulla base di atti assunti dall’amministrazione comunale di Catanzaro, che nell’esecuzione vedono protagonisti, possibili parenti del delegato di Giunta, nonché una diretta regia presso la Curia cittadina, dove il discernimento delle competenze su un incarico pubblico o delle materie è una vicenda familistica. Così abbiamo capito. E’ per questo che rinnoviamo la domanda all’assessore Russo sulla composizione del corpo docente dell’asilo comunale Pepe, giusto per toglierci il dubbio di una possibile nuova edizione, l’ennesimo scandalo nel comune di Catanzaro, una “parentopoli” giurata sul Vangelo dove superficialità, ignoranza, supponenza ed arroganza sono il binario sul quale deraglia il treno della credibilità dell’amministrazione Abramo, ormai oggetto dei fischi del popolo e degli avvisi della Procura di Catanzaro.

I concorsi e gli incarichi, come quello riconosciuto alla dottoressa Marino Erminia Marta che richiede una risposta pubblica dell’assessore con delega al Personale, Danilo Russo, sono il vero recovery del comune di Catanzaro, quello che attira l’interesse dei funzionari con “prole da sistemare” e che consacra a metodo di gestione il sistema Catanzaro con la benedizione dei Sacri palazzi. Siamo ritornati agli organigrammi piramidali, alle società politico-immobiliari, alle ditte amiche, alle cartiere carosello, ai fondi illeciti e alla costruzione di consenso con uso improprio delle risorse pubbliche e delle istituzioni. Questo è quello che è emerso come un fiume carsico dagli atti della Procura di Catanzaro, che si chiama massomafia e che rappresenta il limite e la promozione a migliori incarichi del dottore Gratteri, colui che è diventato l’ostacolo per il sistema e per quanti professando la loro amicizia, continuano in forza del cerimoniale e di una lettura pro domo sua del Vangelo a proteggere i figli diletti ed arroganti di una Chiesa troppo permeabile al bisogno dei fratelli ed agli abbracci delle obbedienze. Su questo né il sindaco Abramo, né l’assessore Russo si possono esimere dal rispondere, senza agitare lo spettro del diluvio biblico, visto che i Carabinieri hanno già provveduto ad informarci che abbiamo fatto centro e che le nostre parole, stranamente, hanno agitato i personaggi indicati (politici, ecclesiastici e colletti bianchi) su quello che non è veggenza, ma indubbiamente verità.

Non stiamo parlando di eroi afghani, perché di eroismo o di virtù eroiche non c’è nulla. Stiamo parlando di un capolavoro di confusioni e di nebulosità che sono sempre un ottimo mezzo per chi vuole mantenere uno status quo e soprattutto rovesciare le frittate, spacciandosi per vittima perseguitata dalla magistratura, dalla cronaca e da una stampa troppo aggressiva, perché non asservita al potere ed alle obbedienze massomafiose, un qualcosa che dovrebbe sottolineare quanto sia necessario che gli ecclesiastici si mostrino sempre coerenti sul punto dell’inconciliabilità fra Fede e grembiule.

Invece, purtroppo, e specialmente in Calabria non sempre preti e prelati si ricordano degli argini imposti dalla dottrina in tema di massoneria, una dottrina che spesso, poi, in manifesta contraddizione, usano a proprio piacimento, magari per “punire” chi non si piega ai propri voleri. Ci sono, insomma, anche Vescovi che continuano a ignorare l’esortazione rivolta loro da papa Francesco di non essere mai padri-padroni, quello che sfugge anche alla Curia di Catanzaro.

Su questa che non sembra proprio una contraddizione guardando alle vicinanze della Chiesa calabrese al mondo della massoneria e della ‘ndrangheta, parlano gli atti delle inchieste del Procuratore Gratteri. Si disvela un mondo di relazioni e di solidarietà coperte dai paramenti sacri, dove la vicenda miserevole dell’assessore comunale di Catanzaro: quello che parla di trasparenza e fa assumere la “cugina” nell’asilo, che non risponde su una sua diretta o indiretta vicinanza o adesione alle logge della città, che usa la Curia cittadina per la sua difesa mai diretta, ma solo minacciata è il costume ed il metodo vigente. Perché si incrocia e fa  sopravvivere il sistema Catanzaro, dove tutti ed ognuno hanno il loro ruolo e dove la collaborazione interna o alleanza che di si voglia, è la via sicura di esistere, ma specificatamente è il percorso che legittima il sopruso anche morale. A Catanzaro la Fede ed il Vangelo, declinato in dialetto catanzarese, hanno una valenza diversa dalle regole dalla Santa Sede, la fratellanza in Cristo e nel “compasso” è un valore più ampio e la Curia nelle sue molteplici espressioni benedice e protegge, instaurando una specie di no fly zone sulla città.

Incontreremo nuovamente nel percorso di verità e di ricostruzione dei fatti la Curia di Catanzaro, capiremo che le sue attività non sono solo pastorali, ma diventano business senza regole e senza rimpianti, scopriremo che le ditte amiche non sono solo tali per il sistema Catanzaro, quello di stampo politico massomafioso. Capiremo che, la voce ed il monito di Papa Francesco non supera i confini della Calabria lasciando intatte situazioni di imbarazzo, tanto da sporcare e delegittimare figure autentiche di “santità” riconosciute dal popolo, solo perché rimaste nel solco dell’insegnamento della Conferenza Episcopale Calabra e della sua “illuminata” guida.