Catanzaro e la massomafia: i lavori allo Stadio Ceravolo

CATANZARO E LA MASSOMAFIA

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Come abbiamo documentato, la città di Catanzaro non è poi tanto distante dalle altre realtà cittadine della Calabria. E’ come Cosenza, Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone, non c’è differenza, a parte una “migliore relazione” fra i traffici e chi dovrebbe, per mandato riconosciuto, sanzionarli. Questo è il dubbio che ci resta, ma speriamo veramente di essere in errore, almeno questa volta. Non possiamo pensare che la Procura di Catanzaro abbia dimenticato in qualche cassetto delle indagini che hanno una sostanza, che mettono a nudo il Re e che si incrociano e si articolano fra di loro certificando, quello che ormai da giorni, abbiamo definito il sistema Catanzaro.

Catanzaro è una città mafiosa perché coltiva questa mafiosità nel dna della sua politica locale. E’ un ibrido istituzionale perché ha partorito e continua ad allevare una classe dirigente geneticamente modificata in loggia-locale di ‘ndrangheta. E’ una città ad alta concentrazione massonica incapace di indignarsi, salvo qualche singhiozzo, perché ha abortito sotterrando ogni residuo di materia grigia.

Catanzaro è mafia, massoneria e massomafia e, aggiungiamo noi, anche una locale di ‘ndrangheta dai colletti bianchi. Di questo la Procura del dottore Gratteri ne ha notizia? Oppure i dossier investigativi sono coperti dalla polvere della dimenticanza? Basterebbe un poco di buona volontà e rileggere le carte magari facendo un ripasso a ritroso nella storia, negli affari e fra le ditte amiche della città.

Noi ci stiamo provando e quanto abbiamo scritto fino ad oggi, non è invenzione giornalistica, è il riassunto delle carte fitte di omissis, che sono lo spaccato della città di Catanzaro, del suo mondo di mezzo e di tanti grandi e piccoli nani politici, che rincorrono il profumo del denaro, senza mai porsi la domanda, che dovrebbe essere legittima, da dove venga questo fiume di banconote…

Ripartiamo dall’inizio. Abbiamo parlato delle denunce di Dirigenti del comune di Catanzaro, che lamentavano la prepotenza di alcuni consiglieri comunali troppo attenti agli interessi specifici di alcuni imprenditori o grandi famiglie della città, siamo approdati alla logica delle ditte amiche, per arrivare tramite la vicenda di Farmaeko all’impero dei contatti e delle appartenenze alla piramide di riciclaggio di Mimmo Tallini, incrociando per caso il mondo di mezzo dell’ex assessore Massimo Lomonaco, il prestanome oltre che di Tallini anche del sindaco Abramo ed il giustizialismo presunto del figlio, l’avvocato Antonio Lomonaco. Già tutto questo potrebbe bastare come indice di irrespirabilità dell’aria nella città di Catanzaro, ma al peggio non c’è mai fine.

A Catanzaro l’attività politica più importante è il mattone, quello che muove il denaro dei pubblici appalti e che soddisfa gli appetiti dei liberi muratori e di tanti consiglieri comunali, molti dei quali appaiono negli organigrammi aziendali della politica cittadina e regionale, di cui ci soffermeremo in altre puntate…

Abbiamo iniziato parlando di Antonio Corsi, Jonny per gli amici, denunciato dal Dirigente Andrea Adelchi Ottaviano. “Un altro esempio, è la sponsorizzazione da parte del Consigliere Corsi della non apertura del supermercato Eurospin che aveva intenzione di aprire a Catanzaro alla Via Lombardi. In questa occasione il Consigliere Corsi è arrivato addirittura a chiedere accesso agli atti ed estrazione di copia prima ancora che lo richiedesse la ditta concorrente ad Eurospin che è AZ S.p.a.. In detta circostanza, rappresento che il Consigliere Corsi è dipendente dell’AZ S.p.a. e quindi, a mio avviso, si trova in conflitto d’interessi”. E già da qui si capiva in modo assolutamente chiaro che l’attività non era politica, ma era finalizzata a difendere posizioni di monopolio, in danno della funzione pubblica, solo perché tutto si richiamava all’asservimento alle grandi famiglie, ai loro privati bisogni.

A svelare il gioco degli interessi delle ditte amiche ci aveva pensato Eugenio Riccio, che aveva dichiarato in qualità di persona informata dei fatti: “Per completezza d’informazione, ritengo che il vero punto dolente dell’intera questione sia la permanenza ultradecennale di alcuni funzionari e dirigenti in posizioni chiave del Comune di Catanzaro. La mia idea è che possa ipoteticamente esistere un meccanismo collaudato da anni che vede, da un lato, i dirigenti ma soprattutto i funzionari che, ad esempio, gestiscono in prima persona le procedure c.d. “negoziate” e quindi le metodologie di invito e di selezione delle ditte, nonché l’affidamento degli incarichi e le ditte che risultano spesso aggiudicatarie di gare negoziate o affidamenti diretti”. Ma Riccio, nel rincarare la dose sottolineava a sostegno della sua denuncia di malaffare fra la politica, la burocrazia cittadina asservita e le ditte amiche della politica e dei colletti bianchi infedeli che “Tali ditte, oltre a risultare aggiudicatarie delle maggiori opere cittadine e non solo quelle poco anzi elencate, poi risultano onnipresenti nella miriade di lavori di manutenzione ordinaria della città che si riferiscono alle c.d. procedure negoziate”.

CATANZARO E LA MASSOMAFIA: I LAVORI ALLO STADIO “NICOLA CERAVOLO”

E’ palese che nel comune di Catanzaro si traffica con le ditte amiche e che queste riconoscono di fatto una premialità, fatta anche di qualche buccia di patata, a quella politica imbrogliona e truffaldina, che butta il cuore oltre l’ostacolo del salvadanaio, monetizzando l’impegno istituzionale, si fa per dire, giusto per essere diplomatici!

Tutto passa dagli appalti delle opere pubbliche del comune di Catanzaro, piccoli o grandi che siano, i famosi ottanta cantieri, che sono sempre buoni se restano nel perimetro chiuso dei soliti noti, più che noti aggiungiamo noi. In tutto questo ci sono opere di piccola entità, ma anche opere da grandi numeri, chiacchierate, che suscitano perplessità, agli occhi dello stesso Eugenio Riccio, che aggiunge:  “…Con riferimento alle anomalie afferenti all’esecuzione dei lavori pubblici in città, mi preme sottolineare, a titolo esemplificativo, il caso emblematico dello Stadio Ceravolo di Catanzaro ove vi sarebbero alcune anomalie tra il progetto risultato aggiudicatario della gara e l’effettiva sua realizzazione che, allo stato, presenta un’evoluzione del tutto diversa rispetto al progetto. Mi riferisco, ad esempio, agli 800.000,00 euro circa originariamente previsti per l’istallazione dell’erba sintetica che, allo stato, non risulta essere stata ancora impiantata…”. 

La curiosità di Riccio, la stessa che non sembra animare altri attori più legittimati come la procura cittadina, porta in evidenza i lavori di ristrutturazione dello Stadio Ceravolo per una modica cifra di circa 5 milioni di euro.

Infatti, pesanti ombre si addensarono sui lavori dello stadio Ceravolo, tanto che la Procura della Repubblica accese i suoi riflettori su una vicenda che, allo stato, appare inquietante visto che si parte da un dato: ben prima che le buste venissero aperte qualcuno già sapeva il nome della ditta che avrebbe effettuato l’opera. Infatti, circa un mese prima che la commissione del comune capoluogo rendesse noto il nome dell’azienda vincitrice, un imprenditore si  presentò al comando della Guardia di Finanza, dove bello chiaro e tondo dichiarò che l’affidamento dell’appalto era già stato deciso, fornendo  i nomi dei vincitori. Che fine ha fatto quella denuncia oggi ?  Poche settimane dopo, le anticipazioni dell’imprenditore si trasformarono in realtà. Ed allora, il pm titolare dell’indagine, il dott. Vincenzo Russo interrogò nuovamente  come persona informata sui fatti, l’imprenditore autore della denuncia. Un lungo colloquio su cui, al momento, vige il più stretto riserbo. Ci chiediamo: se la Procura di Catanzaro ripete ai cittadini di denunciare senza indugi, allora che fine hanno fatto questi verbali di denuncia e di interrogatorio?

Comunque, la commissione aggiudicatrice, presieduta dal capo dell’area tecnica del Comune, Giuseppe Cardamone e composta dall’architetto Giuseppe Carpanzano, dal geometra Giovanni De Santis (in rappresentanza della Lega calcio) e dal segretario verbalizzante, Antonio Fusinato, alla presenza dei rappresentanti delle cinque ditte che parteciparono al Bando, aggiudicò la gara all’ATI (associazione temporanea di imprese) “Ro.Gu.–Costantino–Co.Es.” con un punteggio complessivo di 80,7065 punti su 100. L’organismo assegnò i punteggi in base alla somma delle valutazioni relative ai progetti tecnici, ai costi e alla tempistica di esecuzione dei lavori delle offerte pervenute. Non solo,  ’ATI vincitrice presentò un ribasso economico pari allo 0,318%, per un importo totale di 4 milioni 169mila 698 euro circa, con un cronoprogramma (poi nei fatti NON rispettato) che prevedeva, a partire dalla consegna dei lavori, 60 giorni per il rifacimento del campo A e dei box dello stadio e 360 giorni per il completamento di tutte le opere di riqualificazione.

Appare strano che il progetto che era stato presentato alla stampa nella sede del comune di Catanzaro alla presenza dell’allora presidente della Regione Giuseppe Scopelliti e dell’assessore Tallini e del sindaco Sergio Abramo, il cui progettista era l’ingegnere Romeo, persona di fiducia del defunto presidente del Catanzaro Calcio, Giuseppe Cosentino non era quello successivamente aggiudicato nel bando di gara.

Tornando all’aggiudicazione della gara, a sovrintendere tutte le operazioni ci fu il capo ultrà, consigliere comunale Andrea Amendola, interfaccia di Mimmo Tallini, che stranamente dopo l’aggiudicazione era sovente praticare il piazzale davanti allo Stadio Ceravolo, e disponeva a suo vantaggio la vendita dei biglietti, forniti dal presidente Cosentino. I bene informati parlano di circa 100 biglietti alla settimana, incluse le trasferte. Era stato proprio Amendola a fomentare la rivolta degli ultrà contro il rifacimento in sintetico del rettangolo di gioco.

Il dato emerso nel corso della presentazione del progetto di cinque milioni di euro, per la  ristrutturazione e adeguamento dell`impianto Ceravolo, svoltasi in Comune prevedeva oltre alla realizzazione del manto erboso in sintetico – erba sintetica di ultima generazione -, quella consigliata dalla Lega Calcio, di cui doveva essere dotato anche il campo B (da utilizzare per gli allenamenti), una palazzina che avrebbe dovuto ospitare spogliatoi e tribuna stampa e la riqualificazione dell`antistante piazza Martiri Ungheresi.

Addirittura in quella conferenza stampa, lo stesso presidente Scopelliti annunciò che il ribasso di gara sui cinque milioni, che a suo avviso si sarebbe aggirato intorno al 15%, sarebbe stato messo a disposizione del Comune di Catanzaro  per nuovi interventi.

Alla luce di quelli che furono i fatti, emerge oggi grottescamente che l’ATI vincitrice dei lavori sullo Stadio Ceravolo non solo si mangiò tutta la somma aggiudicata, ma anche il ribasso, senza aggiungere neanche un euro alle migliorie tanto declamate che consentirono l’aggiudicazione, come ad esempio la riqualificazione di piazza Martiri Ungheresi che ha visto ingoiare circa 400 mila euro per una piastrellata e la realizzazione di una camera adibita a biglietteria della stadio.

Non solo nel progetto aggiudicato vi erano circa 800 mila euro per la realizzazione del campo centrale del Ceravolo, in erba sintetica appunto, cosa che non solo non è stata realizzata, ma addirittura questa enorme somma fu nascosta da un presunto rifacimento del drenaggio dell’acqua del campo erboso, cosa che sicuramente ha visto impiantare solo quattro tubi e sei pozzetti, che certamente non hanno il valore degli 800 mila euro di sintetico. Chi ha intascato questi soldi? Per quale campagna elettorale e di chi servirono quelle somme?

Lasciamo quest’altro interrogativo aperto che insieme a complicità ed appartenenze di gruppo, animerà le prossime puntate di Catanzaro e la massomafia. Rassegnatevi…