Catanzaro, Farmabusiness: il megaprogetto di riciclaggio da 30 milioni del clan Grande Aracri

di Gaetano Mazzuca

Fonte: Gazzetta del Sud

Un sottile filo rosso collega il quartiere Campagnella con i paradisi fiscali delle Seychelles. Ha quasi dell’incredibile la vicenda che emerge dalle carte dell’operazione Farmabusiness. Un complesso sistema di scatole cinesi, società off shore e broker internazionali con al centro un progetto immobiliare che sarebbe dovuto sorgere proprio nel quartiere della periferia di Catanzaro. Un investimento da ben 30 milioni di euro che vedrebbe tra i suoi soci personaggi legati alla potente cosca Grande Aracri di Cutro. La Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, ha iniziato a riannodare i fili dell’ingarbugliata matassa anche grazie agli esperti dell’Unità informazione finanziaria di Banca d’Italia.

Al centro della scena ci sono un imprenditore, titolare di una società di costruzioni di Lamezia Terme, e un avvocato del Nord Italia con precedenti per reati finanziari e una specializzazione nella conversione di monete fuori conio in euro. I destini dei due uomini si incrociano proprio su quel terreno sotto i tre colli di Catanzaro. L’imprenditore calabrese era già finito menzionato nelle due inchieste delle Dda di Catanzaro e Bologna, Kyterion ed Aemilia, che hanno svelato l’enorme capacità del Clan Grande Aracri di infiltrarsi nella vita economica, sociale e politica di mezza Italia e non solo. Proprio la ditta lametina infatti avrebbe dovuto realizzare un complesso immobiliare di ben 1182 alloggi in Algeria che secondo gli inquirenti aveva alle spalle proprio la cosca cutrese. Per partecipare a quella operazione immobiliare era richiesta una fideiussione bancaria di ben 5 milioni di euro. A garanzia del progetto venne posto il conto corrente di un imprenditore di Cropani poi divenuto broker internazionale. Sul suo conto c’erano, almeno in apparenza, 250 milioni di euro. Sarà proprio il rampante 54enne di Cropani a raccontare agli inquirenti, dopo aver deciso di collaborare con la giustizia, la sua arte nel creare “blocchi fondi” e documenti bancari falsi.

Ma torniamo a Catanzaro. Nel 2017 l’imprenditore lametino che aveva presentato il megaprogetto al Comune decide di cedere la sua azienda a una società di diritto britannico di cui era stato amministratore fino a qualche mese prima ma che in quel momento era rappresentata da un libico con un passaporto canadese. Da questo momento la vita del progetto immobiliare passa attraverso una serie di società, la prima è svedese anche se non risulta nel registro delle istituzioni finanziarie del paese scandinavo e anzi è inserita in una black list che segnala i rischi a investitori e risparmiatori. La società svedese è un labirinto, ci sono una serie di altre società con sede nei paradisi fiscali e collegate ad altre aziende attive nell’estrazione di oro e diamanti. Dopo l’accordo comunque la società di investimenti britannica avrebbe dovuto versare, secondo gli accordi, 30 milioni di euro in 12 tranches per subentrare nel progetto di Campagnella. E’ a questo punto che entra in scena l’avvocato settentrionale che per conto dell’azienda di Lamezia dovrebbe incassare le varie rate. Viene aperto anche un conto apposito, si dà comunicazione di un’imminente operazione di conversione da lire in euro, ma non c’è traccia di alcuna operazione. La Banca d’Italia definisce tutta la vicenda come sospetta con  valutazione del rischio alto nella categoria riciclaggio.