Cetraro, qui la questione morale non è mai arrivata (di Saverio Di Giorno)

di Saverio Di Giorno

Con quale faccia? Qual è il volto che deve avere la legalità e soprattutto quello dell’antimafia? È una domanda necessaria dopo la piazza di Libera a Cetraro. La manifestazione in solidarietà del maresciallo D’Ambrosio indetta da Libera a seguito dei colpi di arma da fuoco esplosi contro l’auto dei carabinieri ha visto la partecipazione di tantissimi esponenti politici. Molti mai visti in altre occasioni. Ecco, la legalità sicuramente non deve avere il volto di una campagna elettorale.

Si è scritto spesso che la legalità non ha il volto della giustizia. La giustizia non può accertare tutto (e non deve nemmeno farlo). Per troppo tempo lo si è creduto, ma se ogni cosa dovesse essere giudicata sulla base del codice penale non ci sarebbe più bisogno di essere presentabili, di avere comportamenti etici. Sarebbe sufficiente non fare reati. Invece esistono responsabilità sociali, politiche. Non ci sono giudici per queste, ma solo le azioni, la propria storia. E vediamo quindi le storie di molti dei presenti. Ancora una volta. Tutte le volte che servirà.

L’azione violenta è un atto spregiudicato che arriva in seguito all’ennesima operazione contro il clan Muto, ma capiamoci: la criminalità alza il tiro? Più che un atto di guerra, pare un atto di stizza. Il clan Muto sebbene mantenga un prestigio storico, ha perso molta incidenza: in parte picconato dall’intervento della magistratura, in parte perché congiunture storiche hanno fatto cadere in disgrazia gli esponenti politici ed imprenditoriali di riferimento. Non ci vuole un esperto per capire che un atto del genere – non un’intimidazione ad un’attività, ma un attacco frontale allo Stato! – porta più male che bene. Attenzione, visibilità e persino esponenti che fino all’altro ieri sostenevano che il Tirreno fosse un’isola felice e la ‘ndrangheta non esisteva. Un clan forte e radicato non si sarebbe mai sognato un’azione del genere e poi ricordiamolo: i clan dell’Alto Tirreno e in generale del Cosentino con le istituzioni dialogano, si scambiano effusioni e garanzie reciproche!

Proprio alla luce di questi “scambi” il discorso sui volti dell’antimafia deve essere ancora più rigido e attento che altrove. Bisogna anche sembrare onesti ricordava Borsellino. Un’antimafia credibile non può dialogare con tutti senza pretendere almeno un chiarimento, una presa di distanza. Una piazza antimafia può avere la faccia del sindaco senatore Magorno che non ha mai risposto alle domande in merito alle questioni di corruzione, che non ha mai preso le distanze dalle accuse di vicinanza al clan Muto e che a lungo non ha espresso questa stessa vicinanza di oggi allo Stato in occasione dell’indagine “Re Nudo” che arriva anche nel suo comune.

Una piazza antimafia non può avere la faccia del consigliere Aieta che non ha mai preso le distanze dalle parole dell’ex sindaco Mario Russo che diceva che Aieta senza i suoi voti non sarebbe andato da nessuna parte. Non può avere nemmeno la faccia di altri sindaci della costa che si sono accompagnati a Russo senza nessun distinguo come la sindaca di San Nicola Arcella, Barbara Mele.

Non può avere la faccia del senatore Morra (anche lui presente) che non ha mai detto nulla sui mancati controlli nelle procure calabresi, a partire da quella di Cosenza.

Certamente non può essere quella della deputata Enza Bruno Bossio per motivi che è anche noioso ripetere. C’era anche l’assessore Ultimo dal quale ancora aspettiamo notizie sulle navi di rifiuti tossici spiaggiate e sugli imbarazzanti misteri delle discariche e rifiuti calabresi.

Dov’è la parola ‘ndrangheta, la parola mafia nei loro discorsi e nei loro passati comizi? Libera ha ricordato che molti di questi (quasi tutti) durante la restituzione dell’hotel La Perla al demanio non c’erano. Un simbolo dell’unione tra Stato e ‘ndrangheta. Ma di casi ce ne sono a decine: dove erano in altri casi di restituzioni, alle manifestazioni dei licei, sulle opere pubbliche, sui rifiuti? Proprio in questi giorni si sono registrati sequestri di rifiuti: simboli di politici che di comunità e ambiente non sanno o non vogliono sapere nulla e sono pronti a distruggere un territorio se l’opera frutta qualcosa. Ora si sono convertiti sulla via di damasco? È più importante l’obiettivo o c’entra la campagna elettorale? Chi vuole essere o si accinge ad essere diverso (i sindaci di Santa Maria e Scalea) non può condividere la stessa piazza. Non senza i dovuti distinguo.

Si sarebbe preferito vedere meno di questi volti e più volti di cittadini comuni che invece, molto più colpevolmente degli amministratori, sono stati assenti in alcune fasi come ha ricordato il referente di Libera. Certo dai tempi in cui Muto era innominato si è aperto un varco, ma occorre più coraggio. Non si tratta di essere cavalieri senza macchia e senza peccato per rendersi conto di questo. Gli errori nulla tolgono alla persona e nemmeno le proprie contraddizioni. I puri sono ambigui. Le contraddizioni morali creano tensione, ricerca, passione. Ma tutto questo non c’entra niente con una questione morale che non è mai arrivata a queste latitudini. Questa è una più semplice e urgente questione di trasparenza e credibilità.