Checco Zalone, la Calabria e la rilettura di Mimì: “Io mo’ sarei ‘u diverso… che ipocrisia nell’universo” (testo)

Esattamente un anno fa, ma alla seconda serata del Festival di Sanremo, Checco Zalone aveva fatto “irruzione” all’Ariston spiazzando tutti con una “scorrettissima” digressione che coinvolgeva anche la Calabria. Impossibile non ricordarla oggi che ci accingiamo all’avvio della 73^ edizione del Festival. 

Checco Zalone a Sanremo è stato geniale e spiazzante come sempre, anche se “dirottato” in una platea che non gli è proprio congeniale. E ha scelto di ambientare la prima performance della sua serata in un villaggio della Calabria. D’altra parte non è la prima volta che Checco inserisce la Calabria nei suoi “copioni”. Nel suo ultimo film “Tolo Tolo” aveva fatto incazzare il sindaco di Vibo per questa battuta: “Torniamo in Africa, è meglio, ci vogliono far sbarcare a Marina di Vibo Valentia, su dai, un minimo di dignità…”. Ma capirai se un sindaco di… Forza Italia poteva capire la sua ironia. E’ come far capire la vera natura dei berlusconiani al potere in Calabria ai calabresi che votano i parassiti ma tant’è. Torniamo allo show. 

La storia di Zalone è una sorta di remake della vecchia Cenerentola e narra di un principe 40enne gay che si innamora di Oreste, un trans brasiliano conosciuto al ballo organizzato dal padre, un re omofobo – ovviamente calabrese – che di notte però mascherato va a trans (lo apprenderemo dopo…) e che intende far maritare il figlio con una donna “vera”.

“I tempi stanno cambiando – ha detto Zalone rivolgendosi ad Amadeus – certo i pregiudizi non possono essere scrostati via dalle nostre coscienze con un detersivo anche perché mica tutti sono donne… (l’hai pensato, dì la verità…). Possiamo però rivolgerci alle nuove generazioni insegnando loro che l’amore è universale e non è solo tra uomo e donna, Amadeus e altri feticismi…”.  E così parte la fiaba. “Una fiaba narrata in Calabria, piena di luoghi bellissimi e di bella gente, così anche al Sud sono contenti e non si possono offendere… sti terroni”. A questo punto, accompagnato da Amadeus, voce narrante al leggio, Checco racconta la sua storia Lgbtq ambientata in Calabria.

Scroscio di risate sulle battute fatte in calabrese, un misto tra reggino, vibonese e crotonese. “Figghiu miu… tuo patre si dispera, hai 40 anni e non hai a mugghiera…”; “Papinu beddru, non punirmi con la frusta… non trovai a zita giusta…”. “E tra mille fimmini di Cutro, di Vibo e di Riace non trovasti nu cazzu i ‘sticchiu ca ti piace?“. L’ultima battuta la capiscono in pochi ma tra questi c’è Amadeus che lo guarda e scoppia a ridere e Zalone, quasi trasognato: “Ho esagerato, è troppo?”… Si va avanti, il re adesso sta cercando la “fimmina” da dare al figlio e apre le “selezioni” per il ballo.

“Fimmine calabre di tutto il regno, il re vi dona un sogno al gran ballo tutte v’aspetta, vi raccomando la ceretta”. Oreste do Brazil vorrebbe tanto partecipare al ballo in quel castello ma non è neanche “depilada”. Ed ecco che arriva la svolta da una nuvola argentata. “Sono Fiorenza, la fata di Cosenza. Vengo dai cieli, porto carrozze e tolgo peli”. Ed è proprio la fata di Cosenza che depila completamente Oreste il trans (“così liscia io mai vista ma sei una fata o un’estetista?”) e lo prepara per il ballo, intimandogli di tornare entro mezzanotte se no gli ricrescono i pili e u pomo d’Adamu… Ovviamente Oreste “strega” il principe ma deve andare via: “Sono le 11,58 e non so che accade sotto…”. 

E così, quando il re capisce chi è la “prescelta” si incazza (“‘c’ho un figlio pervertito… ma veramente come sposa mi porti questa cosa?”) e fa incazzare anche Oreste, che in realtà lo conosce benissimo: “Re indignato ti ho sgamato, sei un cliente affezionato, che arriva mascherato nella strada fredda e buia e ci piace con la ‘nduja”, per poi correggere il tiro “… arrivi mascherato nella strada dissestata e ci piace ‘a soppressata”.

Fino alla fatidica fine della storia con tanto di proposito suicida del principe finito in burletta con la voce di Oreste… “E’ finita, io mi ammazzo… solamente perché ho il c….”. Il pubblico dell’Ariston applaude e sorride ma il meglio deve ancora venire. 

Zalone, dopo la narrazione in prosa, ha cantato la storia Lgbtq tutta calabrese dal pianoforte dell’Ariston sulle note dell’immortale “Almeno tu nell’universo” della calabresissima Mimì Berté (in arte Mia Martini), suscitando questa volta largamente l’ilarità del pubblico con l’intento, del resto già palesato nel prologo, del voler far riflettere sui diversi modi di amare.

IO MO’ SAREI ‘U DIVERSO… CHE IPOCRISIA NELL’UNIVERSO

Sao, c’è gente strana… che vuole a fragola e a banana

viene da me continuamente, poi dopo un po’ si pente e non è più cliente

ma poi torna daccapo… chiediglielo a Lapo… 

Sao, la gente è colta e la prima che si volta c’è un professao di storia greca

che la mattina spiega e la sera poi si piega e vuole che gli dico “Sporcaccione, fammi mau…” in greco antico…

Io mo’ sarei ‘u diverso… che ipocrisia nell’universo 

di me si sa che io sono metà e metà si è vero ma tu sei un coglione intero e per questo pagherai di più… 

Poi il finale. “Qualcuno si sarà offeso e se ci saranno denunce, querele, interrogazioni parlamentari – afferma Zalone – il “foro” di competenza è quello di Amadeus”.

Da calabresi ci sentiamo onorati dell’attenzione di Checco Zalone e ancora più onorati dalla splendida rilettura del successo sempreverde della nostra Mimì. Zalone è un comico geniale che sa dove e quando colpire e non è mai banale come tanti altri che vengono considerati molto più di lui. E ci fa piacere che spesso pensi alla Calabria. Chissà che prima o poi qualcuno si decida a liberarci dei sindaci e dei presidenti di Regione berlusconiani e dei capimafia (che poi sono tutti politici “mascherati”) omofobi che la notte vanno a caccia di trans. Incrociamo le dita.