Claudio Giuliani e il Cosenza Calcio: “Le mie partite nel campionato Ragazzi e il provino ad Alessandria con Franco Rizzo”

Il Cosenza Ragazzi 1956. In piedi: Guido Lupo, Mario Uxa, Morrone, Figlia, Marrelli. Marotta, Rosa Acciardi, Claudio Giuliani, Attilio Giuliani, Peppino Maio, il dirigente Bruni, Delmorgine. Accosciati: Malvasi, Avolio, Guido, Veltri, Covello, Stancati, Alfano

di Gabriele Carchidi

Avevo intervistato l’ingegnere Claudio Giuliani nel 2007 per la collana “Campioni di Cosenza” legata alla nascita e allo sviluppo del calcio giovanile cosentino a prescindere dal Cosenza Calcio e puntando invece sulle cosiddette squadre di quartiere. Lo conoscevo già per la sua attività politica ma non sapevo che Claudio Giuliani è stato testimone diretto della nascita delle formazioni giovanili del Cosenza a metà degli anni Cinquanta. E non solo. A 14 anni, nel 1954, il giovane Claudio Giuliani è uno dei tanti ragazzi tesserati dalla Sicilia, la società cara all’avvocato Luigi Cribari, che insieme a Politano, Indomita e Fiamma domina la scena dei campionati giovanili.

Di seguito, un ampio stralcio di quella intervista che conservo ancora oggi e che è veramente un pezzo di storia indimenticabile del calcio cosentino. 

“Abitavo a corso Mazzini, nel palazzo che aveva lo stesso nome della mia famiglia. Sono cresciuto insieme ai quattro fratelli Rizzo (Pino, Lillo, Emilio e Franco, primo calciatore calabrese a giocare in Nazionale e a diventare Campione d’Italia), a Gigino Giordano, a Franco Verardi, a “Mammulicchio” Ambrogio e a tanti altri giovani talenti animati da una grande passione ma contrastati dalle famiglie che, almeno all’inizio, non volevano neanche pensare a un figlio che facesse il calciatore di professione.

Sicilia e Fiamma avevano un’anima destrorsa, Politano e Indomita erano molto vicine alla sinistra ma noi ragazzi non ci interessavamo affatto di politica e ci tesseravamo a seconda di chi ci veniva a chiamare per prima. Il papà dei fratelli Rizzo, Manilio, era titolare di un negozio di abbigliamento a due passi dalla fontana di Giugno. I suoi figli si divisero equamente: Pino ed Emilio giocavano con la Sicilia, Lillo con l’Indomita mentre Franco era il più piccolo e seguì le orme di Lillo.

Io giocavo da mezzala e qualche volta anche da centravanti. La nostra sede era nella zona cosiddetta dei “Mutilati”, dietro la stazione di benzina della Esso a viale del Re. Era una specie di capannone: quando dovevamo giocare al “Morrone” ci spogliavamo lì e scappavamo, a piedi, al campo perché di spogliatoi per le squadre giovanili, all’epoca, neanche si poteva parlare. Esisteva solo il Cosenza…

Come facevo a “sfuggire” al controllo della mia famiglia? Avevo un complice: era Ninnuzzu, il mitico giornalaio di palazzo degli Uffici. Quando dovevo andare a giocare lasciavo le scarpe nel suo chiosco e scappavo di casa dalla finestra del bagno. Mia madre però mi “beccava” spesso e allora ero costretto a rifugiarmi da Mastro Peppe, il custode del “Morrone”, in attesa che si calmasse…”.

Il Cosenza aveva affidato a Ciccio Delmorgine il compito di creare un settore giovanile e il buon Ciccio si rivolse all’avvocato Cribari per reclutare un po’ di ragazzi che facessero al suo caso. “Io fui tra i primi a passare al Cosenza. Delmorgine apprezzava molto la mia struttura fisica e mi impostò da mediano, ma non dimenticò mai le mie attitudini offensive e, non appena la partita si metteva male, non esitava a mandarmi in avanti a dare una mano agli altri compagni. La prima “nidiata” di giovani talenti rossoblù non era per niente male. In porta giocava Nicola Marotta, in seguito numero uno della Morrone, tra i migliori espressi dalla scuola cosentina; i terzini erano Aldo Marrelli e Franco Stancati. In mediana c’eravamo io, Pietro Malvasi e Luigi Morrone. Malvasi già allora era un campioncino. fortissimo a calciare e a impostare la manovra: avevamo una bella intesa. Io più destro, lui più sinistro, entrambi con un grande temperamento. All’ala destra giocava nientepopodimenoche Franco Covello, il futuro senatore democristiano: era un po’ gracilino ma si impegnava allo spasimo, così come fa ancora adesso in ogni avventura nella quale si lancia… Le due mezze ali erano “Peppinuccio” Veltri, velocissimo e tecnicamente molto bravo e Mario Avolio; gli attaccanti Franco Figlia e Franco Guido”.

Il Cosenza baby di Ciccio Delmorgine disputava il campionato Ragazzi e quello di Prima Divisione (l’odierna Prima Categoria), nel quale assumeva la denominazione di “Cosenza B”.

Il Cosenza B 1957. In piedi: Ariani, Morrone, Polizzo, Guido, Barca, Giuliani. Accosciati: Malvasi, Coaro, Albanito, Lecce

“In quegli anni Delmorgine mi aveva onorato della fascia di capitano e mi faceva giocare in difesa. Sfruttavo la mia velocità e la mia abilità nel salto: non a caso con il Liceo Classico Telesio, la mia scuola, correvo gli 80 metri in 9″2 ed ero campione provinciale di salto in lungo. Giocavamo il campionato di Prima Divisione ma non potevamo vincerlo. Perché? Le squadre dei paesi si davano battaglia perché volevano arrivare in Promozione ma a noi del Cosenza interessava solo giocare per fare esperienza e, magari, esordire in prima squadra. Ma per noi cosentini non c’era speranza… E così dovevamo accontentarci delle partitelle del giovedì, nelle quali dovevamo stare attenti a non urtare la suscettibilità dei titolari, che non avevano nessuna voglia di fare brutte figure al “Morrone” davanti a 2 mila tifosi e spesso ci picchiavano…”.

Nel 1957-58 il Cosenza di Claudio Giuliani contende alla Sicilfiamma – in sostanza la squadra nella quale era cresciuto che si era unita alla Fiamma – il successo nella fase provinciale del campionato Ragazzi. La prima finale termina in parità (2-2) e il regolamento prevedeva la ripetizione della partita per stabilire la squadra che avrebbe proseguito il cammino nella fase interregionale. “Nella seconda finale vinse la Sicilfiamma – ricorda Giuliani – ma in molti non sanno cosa accadde nella fase finale della prima partita. Noi eravamo stati bravi ad annullare il doppio vantaggio della Sicilfiamma: un mio gol e un altro di Malvasi ci avevano ridato entusiasmo e voglia di vincere e ci siamo riversati tutti nella loro area di rigore. A un certo punto, l’arbitro Salazar, di idee politiche molto vicine a quelle dell’avvocato Cribari e di Teodoro Pastore, storico factotum della Fiamma, non potè evitare di accordarci un calcio di rigore. Lo sbagliammo, ma sulla respinta del portiere entrò Malvasi e segnò. Sarebbe stato il gol della vittoria ma Salazar ce lo annullò: disse che qualcuno aveva bestemmiato e quindi non poteva renderlo valido. Scoppiò una rissa… e la partita finì 2-2. Tre nostri giocatori, tra cui anche il portiere Marotta, vennero squalificati e affrontammo la seconda finale in chiare condizioni di svantaggio. La Sicilfiamma comunque era una squadra forte: superò anche la fase interregionale e partecipò alla finale nazionale con Milan e Juventus arrivando al 4° posto assoluto”.

Dall’autunno del 1958 Claudio Giuliani, dopo aver conseguito la maturità al Liceo Classico Telesio, lascia Cosenza e raggiunge Torino per studiare ingegneria meccanica al “Politecnico”. “Ma il calcio non l’avevo certo dimenticato. Don Salvatore Perugini, che era il presidente del Cosenza, aveva scritto una lettera alla Juventus nella quale pregava i dirigenti del club torinese di farmi un provino. Mi chiamarono, ma non risposi mai… Perché? Mi vergognavo di andare a provare e poi ho sempre avuto un’antipatia viscerale per la Juve…

Tre anni dopo invece mi chiamò Franco Rizzo, che intanto era stato appena ceduto dal Milan all’Alessandria. I “grigi” piemontesi giocavano in Serie B e Franco mi propose di venire a provare nel ruolo di attaccante. Gli dissi di sì. Sostenni il primo allenamento in una giornata “ghiacciata”: il primo tempo andò molto bene, ma non ce la feci a scendere in campo per il secondo. Non riuscivo più a muovermi e non mi sentivo le gambe dal freddo. Il loro massaggiatore mi aiutò e anche l’allenatore Rava, uno dei campioni del mondo dell’Italia di Vittorio Pozzo del 1938, fu favorevolmente impressionato dal mio provino. Giocai anche altre partite e stavo per essere tesserato. Rava però voleva che partecipassi almeno a tre allenamenti alla settimana e io non potevo farlo perché mi avrebbero escluso dal “Politecnico” e così non se ne fece più nulla”.

Ma il destino di Claudio Giuliani prevedeva ancora sport. Nella sua permanenza a Torino, si lancia nell’avventura dell’automobilismo, tra l’altro passione di famiglia. Gare in montagna e in velocità alla guida di Abarth e Giannini. Cinque anni di passione sfrenata prima di laurearsi, non più a Torino però, ma a Napoli.

Infine, il ritorno a Cosenza e la politica. “Scoperta” nel 1980, a quasi 40 anni, grazie al suocero Alberto Maria Saba, grande figura repubblicana. Giuliani viene eletto consigliere comunale per tre volte consecutive, è sindaco facente funzioni nel 1985 e nel 1986, ricopre gli incarichi di assessore ai Trasporti, alle Finanze e all’Urbanistica. Sotto la sua gestione nasce il Cotraplan e inizia il complesso lavoro che darà vita alla variante al piano regolatore con la supervisione dei cosiddetti cinque saggi Sara Rossi, Bruno Zevi, Carta, Detragiache e Sibilla. L’ingegnere non ha mai fatto mistero della sua delusione per la deriva della politica e quando gli si chiedeva dei suoi trascorsi politici, diceva sorridendo sornione alla sua maniera, che era meglio ma molto meglio ricordare i vecchi tempi del calcio cosentino. Ciao ingegnere, che la terra ti sia lieve.