Corigliano, l’irresistibile ascesa di Antonello Colosimo in Umbria: piccoli Gattopardi crescono

La notizia è di qualche giorno fa: Antonello Colosimo è stato nominato presidente della Corte dei Conti della Regione Umbria.

Antonello Colosimo, coriglianese di origine ma coniugato con una napoletana e residente ormai da tempo a Roma, giudice della Corte dei Conti, è un soggetto che ha già conquistato la ribalta delle cronache per le sue “prodezze” da colletto bianco. In particolare, viene citato per i rapporti che il gip di Firenze definiva «poco chiari» con l’imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli, quello che è passato alla storia perché poche ore dopo il terremoto de L’Aquila, rideva nel letto al pensiero degli appalti in arrivo (anche se lui nega..).

Per essere più chiari ed espliciti, il giudice Colosimo faceva parte del gruppo ribattezzato “dell’autoprotezione civile”.

Si tratta della pista che da Giugliano, in Campania, portava dritto all’inchiesta che aveva fatto tremare l’Italia: quella sul “sistema gelatinoso” che condizionava gli appalti, dal G8 al terremoto de L’Aquila. A scorrere gli atti dell’indagine di Firenze, spuntava un episodio che risaliva al Natale 2007. Quei centomila euro sono la somma che l’imprenditore napoletano Francesco Maria Piscicelli avrebbe preso in prestito, qualche anno prima, a tassi di usura, da soggetti legali alla criminalità giuglianese.

L’obiettivo? Per gli investigatori, doveva dirottarli verso gli uffici romani di via della Ferratella, quartier generale della Protezione civile. Proprio intorno al palazzo romano ruotava l’indagine che aveva scosso la Protezione civile. E che vedeva, nelle oltre 20 mila pagine di intercettazioni, citati a diverso titolo numerosi “attori” della scena politica e istituzionale di Napoli e non solo. Per esempio, c’era anche il solito, immarcescibile Bertolaso.

Imputato a Napoli per gestione illecita dei rifiuti e indagato a Firenze per corruzione, il capo della Protezione civile era stato anche sentito come testimone nell’ambito dell’indagine che la Procura di Napoli stava conducendo sugli appalti del Piano Sicurezza. Un filone nato dalla costola della vicenda Global Service, nel quale si ipotizzava l’esistenza di una lobby di imprese capace di aggiudicarsi le commesse più rilevanti. In questo stesso procedimento era stato ascoltato, sempre come teste, l’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini, l’uomo che procurava escort per le feste di zio Silvio, i leggendari “bunga bunga”.

E Antonello Colosimo? Beh, ci sguazzava alla grande in tutto questo verminaio, eccome se ci sguazzava. Magistrato della Corte dei Conti con qualifica di Consigliere, aveva ricoperto all’epoca dei fatti l’incarico di Capo di Gabinetto del Ministro delle Politiche agricole. E aveva inoltre ricoperto vari ruoli dirigenziali e di responsabilità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, in vari ministeri ed istituzioni. E ci ha sguazzato così tanto che alla fine, una decina di anni fa, l’hanno anche arrestato.

Un ufficio nella capitale in via Margutta, un autista, la pretesa della ristrutturazione di una casa a Capri, favori e tangenti per 200mila euro, addirittura un costosissimo abito. Per questo l’ex consigliere della Corte dei conti ed ex capo gabinetto del ministero delle Politiche agricole Antonello Colosimo era finito agli arresti domiciliari con l’accusa di concussione nel filone sugli appalti del G8 e dei Grandi eventi estesi alla Maddalena. A chiamarlo in causa era stato proprio Francesco Maria De Vito Piscicelli, l’imprenditore che rideva la notte del terremoto in Abruzzo, già coinvolto negli affari della Cricca e che poi aveva deciso di collaborare con i pm capitolini fornendo elementi sul meccanismo di malaffare sorto presso il provveditorato ai lavori pubblici.

Nei numerosi colloqui con i pm Piscitelli ha raccontato del metodo tangentizio che andava «oliato» costantemente per ottenere le commesse. «Ho descritto il sistema illecito – aveva dichiarato l’imprenditore in passato -. Ho fatto i nomi di politici di centrodestra e di centrosinistra che hanno ricevuto soldi. Io ho sborsato un milione di euro in mazzette».

Ma torniamo a Colosimo, che ovviamente – data la sua “caratura” – è riuscito non solo a farla franca ma oggi tomo tomo cacchio cacchio s’è beccato pure la nomina di presidente della Corte dei Conti umbra. E i nostri lettori sanno bene che c’è un legame ben preciso tra Calabria e Umbria in tema di magistratura corrotta. Alberto Liguori, allievo di Mario Spagnuolo, alias il Gattopardo, procuratore capo di Cosenza, è stato nominato ormai nel lontano 2016 procuratore capo di Terni, è finito lungo lungo e con tanto di colloqui imbarazzanti nelle chat del famigerato Palamara ed è un pezzo grosso di Magistratura Democratica insieme al suo Gattopardo “capo“. In Umbria ha già provveduto ad insabbiare procedimenti molto pesanti contro la famiglia iGreco, che proprio in questa regione ha portato a termine uno degli affari più scandalosi del malaffare italiano con il Gruppo Novelli, portato vergognosamente alla bancarotta con l’avallo del Ministero dello Sviluppo Economico targato Calenda all’epoca in cui Renzi era premier.

Beh, Colosimo fa parte a tutti gli effetti della cricca di Alberto Liguori e del Gattopardo nella quale non galleggiano solo iGreco ma anche altri faccendieri di lungo corso come il massone Trebisonda e il palazzinaro Oranges. Solo per conoscenza, è doveroso precisare che al diciottesimo compleanno della figlia del Trebisonda, ospiti d’onore sono stati tale Caterina Chiaravalloti, presidente del Tribunale di Latina ma soprattutto figlia dell’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe, noto per la sua appartenenza alla loggia coperta sulla quale ha indagato De Magistris e indaga ancora anche Gratteri, Alberto Liguori, alias il piccolo Gattopardo, il Presidente del Tar Calabria fratello dei fratelli, e guarda un po’ il caso anche lui,  il chiacchierato ed ambiguo magistrato della Corte dei Conti Antonello Colosimo, oggi “promosso” in Umbria come Liguori, tutti accompagnati da coniugi o occasionali amori. Il Trebisonda è abile nel circondarsi di amici in tutti i posti strategici del potere, in modo da avere coperture in ogni ambito.

Colosimo, anche se vive a Roma, non ha mai spezzato i legami affettivi con la “sua” Corigliano, città che ha dato i natali al suo papà Giovanni. Ma anche se suo padre era coriglianese, a Colosimo di questa città non è mai fregato un fico secco fino a quando ha capito che Trebisonda e “fratelli incappucciati” gli avrebbero potuto fare avere favori, soprattutto caldeggiare l’intitolazione del liceo classico di Corigliano a suo padre, ed allora è ritornato in pompa magna a Corigliano, millantando di essere innamorato della città. Oggi c’è persino qualcuno che si complimenta con lui per il prestigioso incarico. Della serie: al peggio non c’è mai fine.