Corigliano-Rossano. Giovane di 29 anni muore in attesa della barella: “Amar a chin ci chiava”

Perchè è morto Eugenio? È la domanda che da ieri sera assilla i familiari del 29enne coriglianese deceduto nel Pronto soccorso dell’ospedale “Nicola “Giannettasio” di Corgliano-Rossano in attesa che venisse imbarellato e trasferito in ambulanza all’ospedale dell’Annunziata di Cosenza per problemi respiratori conseguenti a un’infezione dentale non curata bene.

Il problema più banale, però, proprio quello della barella, s’è rivelato fatale per il giovane, che era obeso e necessitava d’una barella che ne sorreggesse il peso. L’autoambulanza del 118 giunta da Castrovillari a quanto pare era sprovvista della barella adeguata al suo peso. E dal “Giannettasio”, forse, nessuno aveva avvisato nessuno di quella necessità. Così, Eugenio, è morto d’infarto, proprio durante le fasi drammatiche del tempo perso. Che, forse, sarebbe stato utile a salvargli la vita.

La famiglia vuole vederci chiaro nella morte del congiunto. Il papà adottivo, il noto dottore commercialista coriglianese Carlo Plastina, già presidente dell’Ordine dei commercialisti di Rossano, questa notte ha formalizzato una circostanziata denuncia ai carabinieri, invocando che sul corpo di Eugenio la magistratura disponga l’autopsia.

Il povero Eugenio – in città più noto col cognome “Bisogni”, che aveva cambiato da poco assumendo proprio quello del padre adottivo – era stato accompagnato dai familiari già nella giornata di lunedì nel Pronto soccorso dell’ospedale “Guido Compagna”, sempre a Corigliano-Rossano, da dove era stato poi dimesso con la prescrizione d’una bombola d’ossigeno da usare a casa. Col trascorrere delle ore, però, le sue condizioni erano peggiorate e la famiglia Plastina aveva deciso di recarsi al Pronto soccorso del “Giannettasio”. Fonte: AltrePagine

Gentile Testata,

dopo aver letto l’ultimo fatto di cronaca relativo al comparto sanità
locale ho sentito il bisogno di inviare queste due righe, la cui
eventuale pubblicazione mi auguro possa diventare parte di quella
discussione sulle tragiche condizioni in cui versa il sistema che sembra
latitare nell’opinione pubblica. Tutto ciò che si legge a riguardo sono
da un lato le notizie di cronaca, dall’altro i comunicati stampa della
politica il cui scollamento dalla realtà farebbe ridere se non ci fosse
da piangere.

Partiamo dalla cronaca recente: un ragazzo di 29 anni è morto nel Pronto
Soccorso del Giannettasio a quanto si è appreso per la mancanza di una
barella adeguata alla sua corporatura. Una cosa raccapricciante, in un
sistema in cui abbiamo notizia di sprechi milionari e di truffe
clamorose. Cerchiamo di fissarcela in mente questa cosa: un ragazzo di
29 anni, che potrebbe essere un fratello, un cugino, un figlio, un amico
di chiunque di noi, si presenta in un Pronto Soccorso sperando di veder
risolti i suoi problemi e invece muore. Muore perché a quanto si legge
l’ambulanza che deve trasferirlo a Cosenza deve venire da Castrovillari
(Castrovillari-Rossano 55 km. + Rossano-Cosenza 98km. se ti senti male
devi aspettare che si macinino 153 chilometri con l’aggravante della
viabilità calabrese) e quando arriva si scopre che non ha la barella
adatta. Muore perché il famigerato piano di rientro ospedaliero non ha
colpito gli sprechi ma i bisogni. Muore perché i presìdi sanitari sono
sottorganico, muore perché è impossibile che un pugno di medici e
operatori possa far fronte ad un’utenza di 200mila persone. Muore perché
funziona poco o nulla. Per esperienza personale mi sono trovato spesso
ospite del Pronto Soccorso del Giannettasio, almeno 4 o 5 volte
dall’inizio dell’anno, e ogni volta il livello di sconforto per quello
che accade lì dentro tocca vertici impensabili. Nonostante la buona
volontà di chi ci lavora ci sono momenti in cui davvero sembra di essere
in un teatro di guerra, con gente che geme, urla e si lamenta nelle sale
d’attesa perché non ci sono posti  per tutti. Gente che viene da paesi
limitrofi costretta a dormire in sala d’aspetto in attesa di una
soluzione per i propri cari tenuti in osservazione. Un bagno senza manco
la maniglia a servire tutta l’utenza (con risultati in termini di
mantenimento dei livelli di igiene che tutti potete immaginare).

Ma continuiamo a leggere le note stampa della politica. Quelli che
comandano spiegano soddisfatti che tutto è in evoluzione, con tante
soluzioni in arrivo. Quelli che non comandano si sprecano in
indignazioni al chilo. E nel frattempo la gente si ammassa nel Pronto
Soccorso e, se va male, muore a 29 anni. E non si vedono mobilitazioni
all’orizzonte. A prescindere da quali siano le cause, l’ultima
manifestazione che si ricordi è del 2017. Pochi, pochissimi eravamo. E
nel frattempo le cose sono andate peggiorando. Probabilmente non si
riesce più a coinvolgere, non si riesce più a indignare, spesso neanche
a distinguere la protesta sacrosanta dalla semplice ricerca di
visibilità. E allora ci torna in aiuto una vecchia massima in vernacolo
locale, che ci restituisce intatta nel tempo tutta l’ineluttabilità
delle condizioni di vita in Calabria: amar a chin ci chiava.

Cordialmente

Ciccio Ratti, cittadino