Coronavirus, il primario di Shangai spiega come hanno fatto in Cina a contenerlo

Il medico dell’ospedale di Shanghai spiega come hanno fatto in Cina a contenere la diffusione del coronavirus. Da cinque giorni di fila non ci sono contagi interni

di Andrea Fioravanti

Fonte: linkiesta.it

Da sei giorni di fila in Cina non ci sono contagi da coronavirus. L’effetto diretto di due mesi di quarantena forzata per 60 milioni di persone a Wuhan, epicentro del focolaio e nella sua provincia dell’Hubei. L’emergenza non è finita, ma il peggio sembra passato. Secondo la Commissione sanitaria nazionale ci sono ancora 5.120 persone in trattamento negli ospedali sugli 81.093 contagiati totale. L’89% dei pazienti è stato dimesso, ma 3270 persone non ce l’hanno fatta: il 4% del totale. «In questo momento la situazione in Cina è sotto controllo. Ma c’è un nuovo problema che stiamo affrontando: i contagi di ritorno (39, secondo la Csn, ndr). Ci sono molte persone che cercano di tornare: studenti, turisti o residenti in altri paesi. Non dobbiamo abbassare la guardia» spiega, Xia Jindong, 52 anni, primario a capo del Dipartimento di Radiologia dell’Ospedale centrale di Songjiang a Shangahi.

Jindong, qual è stato il giorno più difficile nell’emergenza?
Il 7 febbraio. Stavo lavorando in ospedale e avevo il raffreddore. Ho avuto paura di essere infetto e di non poter più aiutare i miei pazienti. Fortunatamente, il governo ci aveva fornito tutta la protezione richiesta per curare senza mettere a rischio la nostra incolumità. Poi, alla fine, si è trattato solo di un raffreddore, ma in quel momento ho avuto la sensazione di essere sopraffatto: stavano arrivando sempre più pazienti, alcuni perdevano la vita e mi sono chiesto «dov’è la luce?». Probabilmente è lo stesso pensiero che si staranno facendo molti medici e infermieri in Italia in questi giorni. Noi siamo rimasti forti perché quello era il nostro dovere.

Il suo collega, il dottor Lu Ming, di Wuhan, a capo di una delegazione di medici a supporto dell Policlinico San Matteo di Pavia, dice che la cura col plasma aiuta a guarire dal coronavirus in alcuni casi. Potrebbe essere la soluzione?
Le decisioni terapeutiche variano in base alla condizione fisica di partenza del paziente. Non esiste una terapia universale unica. Ma è vero, in alcuni pazienti la cura col plasma ha funzionato e sono guariti. Purtroppo non ci sono risultati scientifici per sostenere che sarà efficace per ogni paziente. Noi abbiamo usato le tecniche della medicina tradizionale cinese unite alle moderne medicine occidentali. La cosa più importante è aiutare il paziente a reagire al covid-19 con il proprio sistema immunitario. Perché alla fine è un virus che viene ucciso se gli anticorpi della persona rimangono forti nel tempo.

Per limitare la diffusione del contagio bisogna fare dei tamponi a tappeto?
Non è davvero necessario fare dei tamponi a tutte le persone. Il costo del test e del personale sanitario impiegato sarebbe troppo alto da sostenere. Invece la cosa importante da fare è identificare il prima possibile tutte le persone che hanno avuto stretti contatti con gli infetti. Un attento monitoraggio di queste persone ci ha permesso di scoprire che molti non avevano il tampone positivo ma solo febbre e tosse. A questi abbiamo fatto altri test come la CT (tomografia computerizzata, ndr) per capire se ci fossero anomalie e intanto ricoverarli. Come vede, in quei casi il tampone non è risultato positivo, ma segnali del genere ci dicono che è necessario isolare immediatamente i pazienti con sintomi per evitare che contagino altre persone.

Gli ospedali italiani dovrebbero mettere i pazienti positivi in ospedali specifici come avete fatto voi in Cina?
Le misure più importanti che hanno l’effetto di limitare la diffusione del coronavirus sono due: isolamento e quarantena. Ma non è abbastanza. In Cina abbiamo costruito ospedali extra di due tipi. Uno per la terapia intensiva, l’altro per i pazienti positivi che non hanno sintomi gravi o addirittura non presentano alcun sintomo. Dovreste fare lo stesso. Perché purtroppo se si visto che se si lasciano le persone positive a fare la quarantena in casa è molto difficile controllare la diffusione.

Alcuni italiani, anche se in una percentuale molto bassa, non hanno rispettato i decreti del governo. È successo anche in Cina?
Il governo ha dovuto applicare delle politiche molto rigide per garantire in modo eccellente il rispetto della quarantena. Osservo da fuori ciò che sta accadendo in Italia e noto che il blocco non è stato molto efficace a causa della crescita rapida degli infetti nelle prime fasi. Poi è difficile recuperare.

Che consiglio può dare agli italiani?
Vi dico: comprendo l’impatto del blocco sull’economia, ma sfortunatamente, è l’unico modo che abbiamo per combattere un virus pandemico. Alla fine la vita umana è la cosa più importante. Se sei morto, l’economia o la libertà diventano meno rilevanti. In questa situazione l’azione del governo è decisiva per isolare i pazienti positivi e assicurarsi che il virus non infetti il 60 percento della popolazione. A questo punto del contagio è la cosa principale da evitare per non far andare in collasso il vostro sistema.

In Cina il coronavirus sembra nella fase discendente. Ha paura di un nuovo fenomeno di contagi quando la gente comincerà a uscire in massa?
Dobbiamo prestare ancora più attenzione ed essere precisi. Non dobbiamo abbassare le guardia, ma monitorare con scrupolo i casi positivi dei nostri concittadini di ritorno dagli altri Paesi. Finita l’emergenza, le persone non potranno tornare subito alla vita normale. Bisogna purtroppo mantenere l’abitudine che stiamo portando avanti ora. Ovvero indossare la maschera quando si va al lavoro o negli spazi pubblici, lavarsi le mani, non avvicinarsi troppo, etc. L’autoprotezione può impedire di diffondere non solo il virus ma anche altre infezioni. Il problema più grande che ho visto in Italia adesso è che gli ospedali sono sovraccarichi. In questo momento e nel breve futuro non avranno abbastanza risorse per curare malattie diverse di qualsiasi paziente che non ha il virus. Per questo è importante che le persone mantengano questo standard di vita fino a quando la situazione non tornerà alla normalità. Ci vorrà tempo.