Cosenza, allarme criminalità: non ci sono boss per garantire la sicurezza sociale

La recrudescenza di questi ultimi mesi dei reati commessi dalla cosiddetta microcriminalità in città è dovuta, come vi abbiamo ampiamente raccontato, a due fattori.

Il primo: la totale incapacità investigativa degli uffici della procura e di quelli della polizia giudiziaria a contrastare e prevenire i reati. Brancolano, per ogni cosa, sempre nel buio. Che si tratti di un furto di una mela, o di gente che liberamente spara dove si trova e in pieno giorno, oppure di tangenti, di incendi di auto, di estorsioni, di furti negli appartamenti, loro, gli Sherlock Holmes casarecci, non cavano mai un ragno dal buco.

Il massimo che riescono a fare è  arrestare qualche piccolo scassinatore, come quelli della “retata” di ieri, per lo più disperati e costretti a compiere reati dalla loro conclamata tossicodipendenza. Che non è una giustificazione, sia chiaro: chi sbaglia paga.

Dico questo solo per sottolineare la “portata” criminale di quelli che l’ufficio della procura vorrebbe far passare come il male della città. Gente che ruba il monitor di un PC che sul mercato clandestino vale meno di 10 euro, è gente alla frutta. Più che in galera dovrebbero obbligarli a seguire un serio e lungo programma di “recupero”.

Ma non riuscendo a fare altro che prendersela con il più basso e diffuso livello del disagio sociale cittadino, non gli resta altro da fare quando li beccano, a Pm e polizia giudiziaria, che esibirli come trofei. Questo per mitigare la loro incapacità a perseguire altri e più gravi reati, nella speranza che il popolino recepisca un messaggio positivo “dell’attiva azione” delle forze di polizia nel contrasto al crimine. Senza però dire che oltre a questo “livello criminale” non riescono ad andare. E quando non arrivano neanche a questi disperati, ed hanno necessità di esibire uno scalpo alla pubblica opinione che lo reclama, acchiappano i primi che gli capitano sottomano. Come nel caso dei fratelli De Grandis accusati di essere gli autori della rapina di qualche giorno fa alla gioielleria di corso Mazzini.

Il secondo: come vi abbiamo raccontato l’altro giorno, in attesa della grande retata che necessariamente dovrà scaturire dalle dichiarazione dei pentiti Lamanna, Bruzzese, Foggetti e Mister X, le organizzazione criminali locali vivono una sorta di momentaneo stand by. La DDA registra una continuata e reiterata attività estorsiva, di importazione e di spaccio di droga, e usura, in riferimento alla “sola cosca”, oramai autonoma, degli zingari. Che da tempo ha rinnovato l’organigramma criminale della propria struttura organizzativa.  

I PM di Catanzaro definiscono l’attuale cosca degli zingari, attiva su Cosenza, da sempre interna ai traffici illeciti della malavita e con una certa autonomia restando sempre però fuori dalle grazie dell’ormai sfaldata e storica cosca dei “Banana”. Come dire: una rivalità interna al gruppo. Ed è stata proprio la “vacatio”, a seguito dei tanti arresti che si è creata all’ultimo lotto di via Popilia, regno dei Banana, che ha favorito l’ascesa della “minoranza interna” che si è trovata forte di numero e fuori dalle ultime retate della DDA. Sono loro che oggi su Cosenza si muovono come vogliono e non devono dare conto a nessuno. C’è da dire che badano solo agli affari loro e fin quando rispetti i loro affari e ti servi da loro, non c’è problema, e per il resto puoi fare quello che vuoi. Non garantiscono come succedeva in passato la “quiete sociale”.

I reggenti italiani che dovrebbero garantire la tranquillità sul territorio sono in attesa anch’essi degli eventi, e si limitano a  farsi gli stretti e necessari cazzi loro. Non controllano più il territorio, ed in questa situazione chiunque si alza la mattina fa quello che gli pare. Da qui l’escalation dei piccoli reati che prima, quando c’erano i boss, quasi non esistevano.

Di più: c’è stato un tempo in cui tra gli Sherlock Holmes casarecci e i boss, c’era un accordo. In cambio di un trattamento di favore e di un occhio di riguardo nei loro confronti, subito dopo un furto, una rapina, uno scippo, qualcuno (il boss di giorno e pentito di notte) si premurava di informare, con tanto di nome e cognome e codice fiscale, la questura dell’identità e di dove rintracciare il criminale autore del reato. Che veniva acciuffato nel giro di qualche ora. Oggi i boss sono in galera, e questo accordo per il momento è saltato. E poi in attesa della bufera, nessuno in questo momento si espone.

Cosenza oggi, è la terra di nessuno dove dilagano corruzione, mafia istituzionalizzata, massoneria mafiosa, e adesso anche la microcriminalità ha alzato la testa, e non sappiamo se sperare nell’arrivo di una vera Giustizia, tanto promessa e sempre rimandata, oppure sperare che presto si ripristini un bel gruppo mafioso che sappia mettere apposto questi piccoli ma invadenti delinquenti. Almeno stiamo tranquilli se usciamo a fare una passeggiata. Cumu simu arridutti!

GdD