Cosenza-Catanzaro. Il derby di Alberto Aita, una vita da mediano e un gol “eterno”

ALBERTO AITA

Il 6 aprile 1985 Alberto Aita era un ragazzo cetrarese di venticinque anni che giocava con il Cosenza ormai da un po’ di tempo e aveva un sogno nel cassetto: vincere il derby contro il Catanzaro. Era il sabato di Pasqua. Il San Vito era stracolmo. Il Cosenza non aveva più velleità di promozione in serie B ma quella partita la voleva vincere a tutti i costi. Esattamente come i suoi tifosi. Ebbene, il Cosenza vinse e Aita segnò il gol della vittoria.

Alberto, da quel giorno i Lupi non hanno più battuto i giallorossi al San Vito e tu, in un certo senso, sei rimasto vittima di quel gol…

«Sì, è vero. Sono rimasto piacevolmente vittima di quel gol, perchè è stato un gol che ho segnato in quella che era diventata “la partita” per migliaia e migliaia di tifosi. Nella gara d’andata al “Militare” era successo di tutto. Ci furono incidenti prima, durante e dopo la partita e noi perdemmo malamente per 4-1. Una disfatta… Proprio da allora la rivalità col Catanzaro è diventata esasperata e tutti aspettavano la gara di ritorno al San Vito per la vendetta sportiva. Noi volevamo regalare a tutti i costi la gioia della vittoria ai tifosi che ci avevano seguito a Catanzaro e continuavano a seguirci con grandissimo affetto. Quel gol è stato il più importante della mia carriera e lo dimostra il fatto che ancora oggi la gente se lo ricorda…».

Hai segnato sotto la Curva Sud ma il tifo era tutto in Tribuna B e gli ultrà si erano inventati uno splendido bandierone che ricopriva tutto il settore.

«Non ci aspettavamo quella coreografia. Sapevamo che l’attesa era enorme. Si parlava solo del derby da almeno un mese… Noi eravamo molto tesi e quando siamo entrati in campo e abbiamo visto tutta la Tribuna B coperta da quell’immenso bandierone rossoblù in noi è scattato qualcosa di particolare, quel qualcosa in più che ci ha permesso di giocare una grande partita. Potevamo segnare anche altri gol, il Catanzaro è rimasto frastornato dalla nostra voglia di vincere…».

38’ del primo tempo. Aita riceve palla sul settore di sinistra, in piena area di rigore ma in posizione difficile per il tiro in porta.

«Sì, la posizione era molto angolata. Lì è l’istinto che ti porta a fare determinate cose. Se fosse stata un’altra partita forse non avrei nemmeno pensato di tirare in porta e invece quel giorno l’ho fatto. Pensate che ho tirato addirittura di sinistro, che notoriamente non è il mio piede preferito… Però in quell’occasione ho tirato e la fortuna mi ha baciato in fronte, visto e considerato che il pallone è passato tra le gambe del portiere Bianchi e ha gonfiato la rete. Bellissimo!».

Come andrà il derby di domani?

«Tutte le cose hanno un inizio e una fine. Il mio gol è stato l’inizio, adesso è arrivato il momento che qualcuno mi succeda. Sono passati 39 anni!».

Alberto Aita ha giocato cinque campionati nel Cosenza calcio. Solo due presenze nel 1980-81, poi l’esplosione nel campionato di C2 1981-82 e la conferma nel torneo di C1 1982-83. Nella stagione successiva l’esperienza in serie B a Pescara, condizionata da una serie di infortuni che lo costringeranno a giocare solo 7 partite. Infine, il ritorno alla casa madre per altri due campionati di serie C1: 1984-85 e 1985-86.

Aita ha giocato 122 partite con la maglia rossoblù e ha segnato 7 reti. La stagione che ricorda con più piacere è quella della promozione in C1 nel 1982.

E’ stata un’annata particolare…

«Sì, proprio così. Dopo la retrocessione della stagione precedente, i tifosi non ci davano credito e poi c’erano problemi societari molto gravi. All’inizio del campionato venivano a vederci 150 persone: una cosa quasi vergognosa per una piazza importante come Cosenza. Però piano piano siamo riusciti a ingranare e così la gente è tornata a sostenerci. Abbiamo vinto il campionato all’ultima giornata e al San Vito c’erano quindicimila spettatori. Un’emozione grandissima…».

Ciaramitaro, Bagnato, Tosi, Aita, Armando Rizzo, D’Astoli, Roberto Rizzo, Donetti, Crispino, Luperto e Renzetti. Con riserve di lusso come Della Volpe e Palazzotto.

«Beh, era proprio una bella squadretta. Bagnato, Roberto Rizzo e Luperto erano al loro primo campionato da titolari e poi hanno fatto strada tutti, giocando costantemente in serie B. Non mancavano i giocatori d’esperienza come D’Astoli, Armando Rizzo, Crispino e Renzetti. Insomma, c’era la miscela giusta per vincere. E abbiamo vinto. Grande merito bisogna darlo anche a mister Renzo Aldi, il primo tecnico che mi ha dato fiducia e che esaltava le mie qualità di combattente».

In quella stagione hai segnato addirittura cinque gol. Qual è quello che ricordi di più?

«Ad Alcamo stavamo giocando una partita molto delicata. La Turris ci inseguiva ad una sola lunghezza e non potevamo permetterci un altro passo falso. Fatto sta che i siciliani erano riusciti a segnare e noi non eravamo in grado di replicare adeguatamente, considerando anche il pessimo terreno e l’ambiente ostile. Mancavano una manciata di secondi alla fine, ricordo che presi palla a centrocampo. Non sapevo bene cosa fare. Improvvisamente mister Aldi si alzò dalla panchina e iniziò a incitarmi per proseguire l’azione da solo. Mi stava quasi dietro… A quel punto mi convinsi che potevo davvero arrivare in porta… E’ chiaro che sono stato anche molto fortunato… Ho vinto almeno tre-quattro rimpalli e la palla restava sempre tra i miei piedi. Alla fine ho tirato e ho fatto gol. Mi sembrava incredibile… Da quella partita abbiamo iniziato a staccare le nostre dirette concorrenti. E’ stata la partita della svolta. Ma ricordo anche un altro bel gol segnato al San Vito contro l’Akragas. Una semisforbiciata sotto la Curva Sud. E poi un gol di testa, ancora in casa, contro il Siracusa e un altro contro il Sorrento… Insomma, non ho fatto gol solo al Catanzaro».

Aita ha giocato da terzino (destro e sinistro), mediano, centrocampista di rottura e di qualità. Dopo Cosenza ha giocato ancora a lungo con Crotone, Siracusa e Sangiuseppese vincendo altri due campionati di  C2. Le sue qualità migliori erano la resistenza e la velocità. Inoltre non tirava mai la gamba dietro e i suoi tackle, graditissimi dai tifosi, erano di grande efficacia. Ma non gli mancava neanche la tecnica. Alberto però non è molto d’accordo.

«Avevo solo una grande determinazione, la tecnica era poca… Sono migliorato grazie ai miei compagni di squadra più anziani, come D’Astoli e Reggiani, ma soprattutto grazie all’impegno di mister Prisco, che nel 1980 era l’allenatore in seconda del Cosenza. Ogni giorno, dopo la conclusione dell’allenamento, mi teneva in campo per un’altra ora buona e mi faceva calciare e crossare per migliorare la mia tecnica individuale. Gli devo davvero tanto e lo ringrazio di cuore..».

Il primo campionato importante l’ha disputato proprio nella città del Santo, in Promozione. Si mise talmente in evidenza che fu convocato con la Rappresentativa calabrese.

Emilio Morrone anno 1978-79
in piedi da sinistra: Puglisi, Fera, Gaverini, Missiroli, Reggiani
accosciati da sinistra: Vasinton, Arena, Aita, D’Astoli,
De Donato, Tucci

L’anno successivo, nel 1977, ad appena 17 anni, si trovò a Cosenza, ma con la Morrone, la seconda squadra cittadina. In serie D. E non ha dimenticato i tifosi granata.

«La Morrone è stata la mia prima tappa importante della carriera. Ho avuto il piacere di conoscere Elio Spadafora, un grande imprenditore che avrebbe meritato di più per l’impegno che ha messo nel mondo del calcio. Aveva allestito veri e propri squadroni con gente come Missiroli, D’Astoli, Reggiani e Tucci. Ma, si sa, in serie D non si vince con i grandi nomi. Mi sono imposto subito e ho conquistato un posto da titolare ma ero ancora un ragazzino. Quanto ai tifosi della Morrone, mi ricordavano quelli del Torino e non solo per i colori sociali. Erano veramente irriducibili come loro e ci davano qualcosa in più anche se non erano numerosi…».

Alberto Aita è diventato un allenatore esperto e da qualche anno sta portando avanti un bel progetto a Praia a Mare. Dopo la promozione della scorsa stagione, anche nel campionato di Eccellenza la sua squadra si sta facendo valere ed è al 6° posto in classifica. Si punta sui giovani e Aita sa come valorizzarli. Buona fortuna Alberto Aita.