Cosenza corrotta, Occhiuto-Trinni: chi è il vero “delinquente”?

Mario Occhiuto nel 1994

Il dibattito tra i candidati sindaco ad “Articolo 21” (28 maggio 2016) stava volgendo stancamente al termine. Sui divani di casa, la voce narcotizzante del candidato mascherato (Gustavo Coscarelli, detto anche l’uomo a cavallo, scelto da Morra per non disturbare Occhiuto: pensa tu com’è ingeneroso il cazzaro con lui…) stava conciliando il sonno a tutti quando Mario Occhiuto si inventava il colpo di scena.

Pizzicato dall’avvocato Paolini sulle 61 determine in una notte firmate dai suoi sciacquini del quarto piano, il cazzaro tirava fuori uno dei suoi cavalli di battaglia: la presunta rifondazione delle cooperative sociali e, udite udite, la presenza di “pregiudicati di Paolini” a quegli stessi dibattiti televisivi.

Occhiuto si riferiva, probabilmente, al fratello di Ivan Trinni, suo storico rivale, che ha fatto capolino nel secondo dibattito tra il pubblico che sosteneva Paolini. E via con la storia delle minacce che avrebbe subito dal Trinni.

Paolini, a dirla tutta, ha risposto davvero blandamente alle provocazioni del cazzaro, che, come suo solito, biascicava le parole e farfugliava un sempre più improbabile italiano. Ma chi ha visto la gazzarra del sindaco, sostenuto dal solito gruppo di lacchè capeggiato da Eva Catizone, non ha potuto fare a meno di pensare, quasi istintivamente, che tra Occhiuto e Trinni il vero “delinquente” o “pregiudicato” come dice lui è proprio il sindaco.

Mario Occhiuto e le cooperative sociali di tipo B.

Del resto, il rapporto pieno di alti e bassi tra Occhiuto e le cooperative, è fondamentale per capire i legami tra il sindaco e il clan Rango-zingari. Dopo la vittoria di Occhiuto al ballottaggio, grazie all’accordo con il clan, che ha clamorosamente voltato le spalle a Enzo Paolini, il sindaco sistema Maurizio Rango, Mimmo Plateroti (sì, proprio lui, quello che si era candidato con Paolini al primo turno) e Ivan Trinni nel ruolo di presidenti di cooperativa ma ben presto la situazione precipita.

Ufficialmente perché i lavoratori delle cooperative sociali lo minacciavano continuamente. E così il prefetto dell’epoca gli aveva assegnato una regolare scorta personale, assicurata dalle forze dell’ordine. Dopo un annetto però gliel’aveva tolta e così Mario Occhiuto si era ritrovato di nuovo solo con le sue paure. I maligni, a dire il vero, commentavano con feroce sarcasmo che il sindaco fosse più preoccupato per i suoi creditori che dei delinquenti ma tant’è.

Dopo qualche mese, quindi, i media tornano a parlare e a scrivere di “avvertimenti” e minacce nei confronti del sindaco, così preoccupanti da indurre persino la Prefettura a discuterne in sede di Comitato. Ma senza assegnare di nuovo la scorta al sindaco.
Tutto era legato a un sostanziale riordino del sistema delle cooperative sociali avviato proprio su impulso del prefetto dell’epoca, Raffaele Cannizzaro.

La giunta comunale aveva infatti applicato la rigida normativa che regolamenta i rapporti tra gli enti pubblici territoriali e le società esterne. Molte cooperative avevano proceduto all’adeguamento della documentazione e atteso le determinazioni della Rappresentanza del Governo in merito al rilascio della certificazione antimafia. La riconsiderazione del settore però aveva suscitato incertezze tra i lavoratori e timori per il futuro, sfociati in manifestazioni di protesta. In realtà era tutto un piano di Occhiuto per favorire il clan Rango-zingari e cacciare fuori chi si opponeva al sindaco e ai suoi lecchini.

Poi, la situazione sembrava tornata di nuovo sotto controllo. Anche perché il sindaco, grazie al suo fine cervello, aveva elaborato la soluzione ideale. Non posso avere la scorta dal prefetto? E io me ne faccio una autonoma, affidandola ai vigili urbani e chiamandola ufficialmente “accompagnamento” per non dare nell’occhio. Una scorta assicurata per tutta la giornata da una turnazione di una decina di vigili urbani che diventò una barzelletta nazionale quando il caposcorta Giacomo Fuoco fu beccato con una prostituta sull’auto blu del Comune mentre attendeva Occhiuto a Gizzeria Lido…

Il 27 maggio 2013, poi, la procura di Cosenza arresta Rango, Trinni e Plateroti. Le accuse sono di concorso in tentata estorsione, corruzione e falso ideologico. Si definiva così una sorta di divisione dei lavoratori delle cooperative in buoni e cattivi. I cattivi in carcere o, nella migliore delle ipotesi, defenestrati da presidenti e declassati a soci con stipendio dimezzato. I buoni a braccetto di coloro che venivano chiamati già da allora “lecchini del sindaco”. Uno spettacolo indecoroso.

Emergenza finita? Macchè! L’inchiesta della procura, come da manuale, si sgonfia in pochi mesi. Il 21 dicembre 2013, appena sette mesi dopo l’arresto di Trinni, davanti a Palazzo dei Bruzi il primo cittadino viene avvicinato proprio da Trinni in persona e non senza ragione, visto quello che aveva combinato il cazzaro. E così l’ormai ex presidente di cooperativa ha mollato uno schiaffone ad un (ormai ex) collaboratore del sindaco, il fido Giuseppe Cirò.

Da allora le cose cambiano completamente. Un po’ com’è accaduto tra il primo turno e il ballottaggio delle elezioni 2011. A distanza di poco tempo dallo schiaffo al fido Cirò, accade qualcosa che non ha mai trovato spazio sulle pagine dei giornali e sui media. Mentre si trovava sul campo di calcetto che gestiva, Ivan Trinni viene pestato a sangue, con tanto di sprangate in faccia, da un commando “pesantissimo”. Secondo quanto avrebbero accertato i carabinieri, gli autori dell’avvertimento sono Maurizio Rango, Adolfo Foggetti e Daniele Lamanna. I militari dell’arma, nei verbali della loro attività investigativa, specificherebbero che il regolamento di conti è una vera e propria vendetta da parte del sindaco Mario Occhiuto.

E’ probabile che l’allora magistrato della Dda Pierpaolo Bruni abbia acquisito quest’attività investigativa e l’abbia collegata al rapporto tra Occhiuto e il clan Rango-zingari. Ma ormai Foggetti, Bruzzese e Lamanna hanno già saltato il fosso e avranno spiegato tutto alla Dda, anche se Bruni non c’è più, sostituito da Camillo Falvo. Per non parlare delle rivelazioni dello stesso Cirò. 

Incurante di tutto questo (forse l’avrà rimosso ma ci sarà chi glielo ricorderà), Occhiuto è tornato a blaterare su una vicenda non solo conclusa ma per la quale Trinni è stato completamente assolto.

Il 5 novembre 2015 infatti la procura della Repubblica di Cosenza ha assolto tutti gli imputati dal cosiddetto “processo delle cooperative”. Sia Ivan Trinni e Domenico Plateroti che i dipendenti comunali Mario Massaro e Luigi Sicoli. Le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, erano di falso, corruzione e tentata estorsione. Sono crollate tutte, una per una. O meglio: non ce n’era una ritenuta fondata.

Dunque, ritornando all’interrogativo di partenza: chi è il vero delinquente tra Occhiuto e Trinni? Non c’è dubbio: Occhiuto!