Cosenza, discarica di Sant’Ippolito: ecco come il porto delle nebbie ha insabbiato tutto

Molti lettori, soprattutto della frazione di Sant’Ippolito, ci segnalano una serie di importanti particolari sulla “leggerezza” con la quale il porto delle nebbie (il Tribunale di Cosenza per i nuovi di Iacchite’) ha liquidato le gravissime vicende relative al disastro ambientale della discarica mai bonificata ancora presente e che uccide di tumore centinaia di persone.

Stamattina abbiamo ripercorso le tappe che hanno fatto di Sant’Ippolito la pattumiera di Cosenza fin dagli anni Ottanta (http://www.iacchite.com/cosenza-i-buchi-neri-del-porto-delle-nebbie-la-discarica-di-santippolito/). I “papponi” di Dc e Psi vi hanno buttato di tutto: c’è chi dice che abbiamo persino sotterrato cadaveri e che interrassero continuamente rifiuti molto pericolosi, come si evince dalle centinaia di morti per tumore che si sono registrate e continuano a registrarsi a Sant’Ippolito.

Altro che il sequestro del distributore di carburante di piazza Loreto, con decenza parlando..

Ma veniamo agli ennesimi scandalosi insabbiamenti del porto delle nebbie per la discarica di Sant’Ippolito.

Nel 2013 in molti avevano visto con i loro occhi fumi di autocombustione levarsi dalla discarica e i cittadini avevano espresso la loro preoccupazione, determinando l’inchiesta (parola grossa se abbinata al porto delle nebbie!) della procura di Cosenza. Se ne occupò, a quanto ci riferiscono i cittadini, il pm Domenico Assumma, che diede incarico (udite udite!) ai docenti universitari Stefano Curcio e Luigino Filice di effettuare una perizia.

Nel frattempo, bontà sua, la procura aveva disposto i sigilli alla discarica e aveva aperto un fascicolo contro ignoti (!!!), anche se pure le pietre sapevano che a Sant’Ippolito ha sempre scaricato il Comune di Cosenza. E qui entra in scena il deus ex machina del terreno, che risponde al nome di Angelo Amato ovvero uno dei fratelli Amato, tra i titolari di quella “ditta amica” del Comune, finita anche sotto inchiesta per avere “razziato” decine e decine di determine per affidamenti diretti.

L’impresa di movimento terra che ha sede a via Massaua risulta beneficiaria di almeno 46 determine, frutto dei soliti affidamenti diretti o cottimi fiduciari, in prevalenza per somme che non superano i 40mila euro (Iva esclusa). Per un ammontare di circa un milione di euro. Quasi 400mila euro per somme già liquidate (398.751 euro) e quasi 700mila euro per impegni di spesa (680.745 euro).

La famiglia Amato è attiva da decenni e ha lavorato con tutte le amministrazioni comunali dalla metà degli anni Ottanta in poi. Nella gestione del sindaco Franco Santo, i fratelli Amato si accordano con il Comune per l’utilizzo dei terreni sui quali sorgeva – appunto – la discarica di Sant’Ippolito, poi definitivamente chiusa ma mai bonificata successivamente.

Una sorta di “garanzia” per i fratelli Amato. Continuata anche con il vecchio Mancini e ovviamente con i papponi degli ex comunisti capitanati da Capu i liuni e dal cardinale Ambrogio. 

L’impresa ha dunque ottimi rapporti con tutto l’arco politico cosentino, “cementati” poi con l’avvento di Mario Occhiuto e in particolare del suo capogabinetto Carmine Potestio, con il quale c’è un feeling particolare. Proprio perché è dal settore movimento terra che circola il maggiore flusso di denaro, sia di provenienza legale che illegale. In sostanza, è praticamente impossibile bypassare gli Amato.

L’impresa Fratelli Amato fa cartello con un’altra ditta “famosa”, l’onnipresente Alvir. Sono soprattutto queste due le imprese che hanno fatto incetta di affidamenti diretti per lavori di manutenzione e di somma urgenza. E’ il sistema delle “ditte amiche” o se preferite degli amici delle ditte.

Ma torniamo alla discarica di Sant’Ippolito. Angelo Amato, proprietario del suolo utilizzato per anni come discarica, presenta ricorso alla procura per il sequestro dei terreni e – naturalmente – lo vince, puntando anche sulle perizie dei docenti… Siamo nel 2013 e vi risparmiamo i commenti del titolare sulla (molto presunta) salubrità del terreno di sua proprietà.

Ma non finisce qui. Rimaneva da verificare la posizione dei dirigenti comunali Rino Bartucci (meglio conosciuto come Rino lo zerbino) e Domenico Cucunato (deceduto recentemente), il primo nella qualità di dirigente del settore Ambiente del Comune di Cosenza dal luglio del 2008 al giugno 2011 e il secondo quale attuale Dirigente dello stesso settore, incarico che Cucunato assunse nel giugno 2011, succedendo proprio a Bartucci.

A Bartucci e Cucunato era stata contestata l’omissione di atti di ufficio in relazione ad alcune operazioni di messa in sicurezza dell’ex discarica di Sant’Ippolito.

Il Gup Salvatore Carpino, accogliendo la tesi degli avvocati Benedetto e Nicola Carratelli /e che ve lo diciamo a fare?), ha dichiarato sentenza di non luogo a procedere, perché il fatto non sussiste. “Alla luce degli accertamenti compiuti dagli organi inquirenti – si legge nella decisione – è di tutta evidenza che non risulta sussistente la presenza di una situazione oggettivamente urgente che imponeva il compimento “tempestivo” dell’atto da parte dell’organo amministrativo competente. Tutti gli accertamenti svolti – si legge tra l’altro nella sentenza del Gup – hanno escluso l’urgenza dell’adempimento, in assenza di livelli di inquinamento di rilievo che avrebbero giustificato una immediata bonifica a tutela della salute pubblica”.

Con buona pace delle persone morte per tumore o che combattono tuttora la loro battaglia. Perché al porto delle nebbie se c’è da proteggere qualche amico degli amici, sono pronti anche a negare l’evidenza. Tanto i cosentini sono abituati…