Cosenza, ecco come il Csm “protegge” i pm corrotti

Che la magistratura, in Italia, è la casta più pericolosa e potente, lo scriviamo da sempre. Chiunque ha osato criticare o raccontare le quotidiane malefatte dei tantissimi magistrati sparsi in tutte le procure italiane, ha sempre fatto una brutta fine. E noi siamo un esempio: perquisizioni, processi, sequestri, chiusura del sito e continue minacce. Abbiamo scritto centinaia di “notizie di reati” e nessun magistrato ci ha mai chiamato per avere spiegazioni, le uniche convocazioni che abbiamo avuto dalla magistratura sono sempre state in relazione alle presunte diffamazioni contenute nei nostri articoli sui magistrati della procura di Cosenza e Catanzaro. Di tutto il resto non gli è mai importato niente. Difendere e assolvere i colleghi è l’unica cosa che gli interessa.

Cane non mangia cane è la prima regola di questa potente casta che più che amministrare Giustizia nel nome e per conto del popolo italiano, si adopera solo ed esclusivamente per tutelare i privilegi e le carriere dei propri sodali. I magistrati in Italia sono intoccabili, anche quando provi la loro propensione a delinquere. E Cosenza è l’esempio perfetto che dimostra, chiaramente, l’allarmante livello di corruzione, diventato sistema, presente all’interno del Tribunale. Che poi è quello che succede nelle tante piccole “procure di provincia” dove il procuratore capo prima ancora che a seguire la strada della Giustizia e della Verità, è chiamato, da certa politica, a tutelare, attraverso l’uso improprio delle prerogative istituzionali che la Costituzione attribuisce ai magistrati, gli interessi delle altre caste, politica e imprenditoriale, e tutti coloro i quali possono permettersi di omaggiare sua maestà il procutare capo il “capo”.
Del resto il “conflitto di interessi” all’interno della magistratura è una costante, e nessuno più si meraviglia anche quando ciò si rappresenta pubblicamente. È normale in città come Cosenza dirigere la procura per 23 anni. Oppure prestare servizio nella stessa procura da 18 anni.
23 anni di regno non possono che creare commistioni, interessi di parte e intrallazzi vari. E lo scandalo scoppiato all’interno del CSM è la prova provata di quello che da anni scriviamo.
E per farvi capire, com’è nostro costume, facciamo un esempio concreto e con carte alla mano, sul metodo “CSM”, ovvero cane non mangia cane, che abbiamo “vissuto” in prima persona.

Più volte abbiamo pizzicato il pm Cozzolino della procura di Cosenza, a cena o a spasso con persone sottoposte ad indagini dal suo stesso ufficio. Ovvero: il pm Cozzolino la mattina indagava su Carmine Potestio, ex capogabinetto del sindaco Occhiuto, sulle tante bancarotte messe a segno da lui e dal sindaco Occhiuto soci in affari (28 milioni di euro di truffe e bancarotte) e sui famigerati appalti spezzatino, e la sera usciva tranquillamente con l’indagato a cena per studiare, insieme, il metodo per insabbiare o rallentare l’inchiesta. E la prova di ciò sta nel fatto che l’inchiesta sulla bancarotta di Occhiuto è datata 2014/2015, e solo un mese fa, e dopo le avvisaglie giunte dalla procura di Salerno, il procuratore capo ha rispolverato il fascicolo notificandolo all’interessato.

Cozzolino (quello più alto) e Potestio

Il fascicolo sulla bancarotta fraudolenta di Occhiuto e Potestio è rimasto per quasi 5 anni sepolto in un cassetto, e tirato fuori solo oggi dopo la “fuga” di notizie sull’inchiesta condotta dalla procura di Salerno su 15 magistrati appartenenti alle procure di Cosenza, Catanzaro e Castrovillari. Come a dire: meglio mettere un po’ di cose a posto, avrà pensato Mario Spagnuolo, prima che arrivi la tempesta. Cinque anni che comunque restano un bel regalo del pm Cozzolino agli indagati Potestio e Occhiuto, perché tutto questo tempo servirà nel conteggio per la prescrizione del reato.

Ma non finisce qui: il pm Cozzolino, oltre che con Potestio, è uso uscire anche con i politici locali, come il presidente del consiglio comunale Caputo, guarda caso proprio a ridosso del blitz della dottoressa Manzini a palazzo dei Bruzi sugli appalti spezzatino. E nel bel mezzo dell’inchiesta sul ladrocinio all’economato comunale (80.000 euro) sulle finte misisioni istituzionali, pagate e mai avvenute, dove il presidente del consiglio è responsabile delle missioni dei consiglieri comunali. Combinazioni, o “sistema”, ci siamo chiesti. E lo abbiamo chiesto al procuratore capo, al presidente del Tribunale, senza mai avere una risposta, nonostante la prova fotografica. Lo abbiamo chiesto anche al ministro della Giustizia attraverso una interrogazione parlamentare presentata dalla deputazione cosentina dei 5 Stelle, anche qui nessuna risposta. Sembra che per tutti è normale uscire con gli indagati. E allora abbiamo deciso di rivolgerci al CSM chiedendo loro se tutto ciò è normale, e la risposta è arrivata, puntale e precisa: la nostra istanza è stata archiviata. Anche per il CSM è normale uscire con gli indagati e tenersi nel cassetto una inchiesta per 5 anni, in attesa della prescrizione.
Ecco la prova che cane non mangia cane anche quando tutto è dimostrato: