Cosenza, il duplice omicidio Lenti-Gigliotti riporta Patitucci in carcere

Morto per decapitazione. Francesco Lenti venne assassinato nel febbraio del 1986 poche ore prima del suo più caro amico e “compare” di malefatte, Marcello Gigliotti. La sua esecuzione fu volutamente barbara perché i sicari intendevano terrorizzare Gigliotti e farlo “cantare”. Fu per questo che staccarono la testa a Lenti con un colpo di falce. L’amico, interrogato e seviziato, fu ammazzato con un colpo di fucile. Trentacinque anni dopo, per questo fatto di sangue, si sono conclusi nel giro di appena otto giorni, due diversi processi. L’ultimo si è chiuso giovedì 13 aprile, di sera, con la condanna del boss di Rende, Francesco Patitucci all’ergastolo e dell’ex capobastone pentito di Cosenza, Franco Pino, a otto anni di reclusione. E a tre giorni di distanza ha causato l’arresto del boss, richiesto direttamente dal procuratore della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri ed eseguti dalla Squadra Mobile di Cosenza questa mattina. 

L’otto aprile, in Corte di Assise di appello, a Catanzaro (presidente Cosentino; a latere Commodaro), erano stati invece condannati a 14 anni di reclusione gli ergastolani Gianfranco Ruà e Gianfranco Bruni, entrambi cosentini, autori di confessioni inaspettate in aula circa la loro responsabilità nel duplice delitto. I giudici di seconda istanza, in ragione proprio delle tardive ammissioni fatte, hanno ridotto la pena della metà (il Gup in abbreviato gli aveva inflitto 30 anni) accordando loro le attenuanti generiche. Francesco Patitucci e Franco Pino, avendo scelto il rito ordinario, sono stati invece giudicati dai magistrati dell’Assise di Cosenza (presidente Giovanni Garofalo, giudice a latere Urania Granata). E mentre tutti i pentiti (compreso Franco Pino) hanno indicato il luogo dell’esecuzione del duplice omicidio nella casa di campagna di Patitucci a Rende, con quest’ultimo protagonista diretto del fatto di sangue, Bruni e Ruà, al contrario, 36 anni dopo, hanno deciso di parlare confessando d’aver compiuto loro l’esecuzione, chiamando pure in causa come correo Demetrio Amendola, un picciotto ucciso e bruciato negli anni 90. I due detenuti hanno perciò escluso le responsabilità di Patitucci e collocato la scena del delitto in un’area montuosa collocata fuori dal territorio rendese, e non nell’abitazione indicata dai collaboratori di giustizia.

Il procuratore Falvo

E’ su queste confessioni a scoppio ritardato che si è giocato il duello processuale tra la difesa del Patitucci (avvocati Marcello Manna e Luigi Gullo) e la pubblica accusa rappresentata dal procuratore Camillo Falvo. Quest’ultimo ha bollato le dichiarazioni rese dai due ergastolani come strumentali e rese solo per scagionare Patitucci in attuazione di un patto di solidarietà mafiosa. A conclusione della sua articolata requisitoria il pm ha chiesto la condanna all’ergastolo di Patitucci e ad 8 anni per Pino, ritenendolo responsabile come mandante solo dell’omicidio di Gigliotti e non di quello di Lenti. I legali Manna e Gullo hanno puntato con le loro arringhe a dimostrare l’assoluta genuinità e credibilità di Ruà e Bruni, già valutati attendibili dai magistrari catanzaresi, concludendo con la richiesta di assoluzione per il loro assistito. L’avvocato Vittorio Colosimo… ha a sua volta concluso richiedendo l’assoluzione di Franco Pino che sulla vicenda omicidiale aveva detto tutto quello che sapeva e rispetto alla quale non era responsabile anche perché in quel periodo si trovava sottoposto a detenzione carceraria. Fonte: Gazzetta del Sud