Cosenza, il primato (assoluto) delle famiglie politiche

Se da un lato il procuratore generale della Corte di Appello di Catanzaro, Otello Lupacchini ha sbagliato ad attaccare in un programma televisivo il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri – accusandolo di aver omesso di trasmettere le dovute informazioni al suo ufficio in merito all’inchiesta “Rinascita Scott”, senza mettere in conto le tante talpe attive in quel di Catanzaro che avrebbero potuto intercettare “lo scambio” di informazioni tra la procura e la procura generale – dall’altro le parole di Gratteri, in risposta a Lupacchini,  pronunciate com’è suo costume nei soliti salotti televisivi, mettono i brividi.

Oltre mille persone all’anno incarcerate senza colpa sono un fatto «fisiologico». Così dice Gratteri, e aggiunge «C’è poco da lamentarsi, altrove è peggio. Negli Stati Uniti c’è la pena di morte». Insomma, per Gratteri questo è il giusto prezzo che si deve pagare per avere una Giustizia efficiente. Della sorte di questi sventurati poco gli importa, il magistrato, per Gratteri, non deve provare rimorso. Delle vite spezzate, delle famiglie rovinate, se ne deve fregare, chi finisce in galera da innocente non è da considerarsi una persona in carne e ossa, ma solo un numero in un registro. Parole che fanno accapponare la pelle, non solo per la mancanza di umanità, ma soprattutto per la mancanza del senso del Diritto, che per un magistrato dovrebbe essere la stella cometa. È come se Gratteri volesse, con la violenza delle sue parole, legittimare il sopruso, la prevaricazione della Giustizia sul cittadino, quando questa avviene. Il magistrato per Gratteri non ha mai colpe. Un concetto davvero riprovevole per un uomo di Legge che si ritiene Giusto.

Lupacchini però non si è lamentato solo dell’operato di Gratteri, è andato oltre ricordando a tutti i magistrati che operano in Calabria che non bastano le retate per fermare la masso/mafia, bisogna agire anche contro “una rete familistica tremenda” che da tempo governa la vita sociale, economica e politica, della regione.

Parole sante e vere quelle di Lupacchini che nessuno può smentire. Tutti i calabresi sanno che il vero potere è in mano a poche famiglie mafiose e politiche. Ogni provincia ha le sue. E restando in quel di Cosenza e parlando solo di famiglie politiche, vediamo di dare sostanza alle parole di Lupacchini:

Senza citare chi non c’è più vediamo come si articola quella che Lupacchini definisce una “rete familistica”, nel Cosentino, a cominciare dalla “sinistra” e dal trio Oliverio- Nicola Adamo – Enza Bruno Bossio. Come tutti sanno Nicola e Enza sono marito e moglie, inoltre Nicola è anche il padre del figlio di Eva Catizone, sorella di Lorenzo Catizone, membro dello staff di Oliverio e marito del giudice del tribunale di Catanzaro Loredana De Franco. Sulla signora Eva Catizone c’è da dire che oltre ad essere stata membro dello staff di Loiero, è stata anche membro dello staff del sindaco Occhiuto, e “collega” di Giampaolo Calabrese il gattopardino, nipote del più grande Gattopardo Mario Spagnuolo attuale procuratore capo a Cosenza.

Dall’inchiesta “Genesi”, al di là degli esiti, quello che emerge con certezza è che il famosissimo Pino Tursi Prato, legatissimo da sempre a Capu i liuni (Nicola Adamo), non ha esitato minimamente, “al momento del bisogno”, a contattare Lorenzo Catizone (indagato), per chiedergli di intervenire sulla moglie, Loredana De Franco (non indagata), per aggiustare una sentenza. Un vero e proprio tentativo di corruzione, segno evidente di trascorsi simili tra i due.

Ma la saga continua: il neo governatore Santelli non ha perso tempo, ha subito dichiarato che faranno parte del suo staff Eva Catizone e Giampaolo Calabrese. Altro segno evidente di reverenza politica a potentati di matrice familiare. E se la mutazione di Eva come vi abbiamo raccontata è da brividi, quella di Giampaolo Calabrese non è da meno. Giampaolo, sempre sponsorizzato dallo zio, ha iniziato la sua carriera come tirapiedi di Mimmo Talarico, quando era in auge a Rende, per poi passare alla corte di Sandro Principe. Che non esita ad abbandonare, su suggerimento dello zio, quando Principe finisce in “vascia furtuna” per aggregarsi al seguito della famigerata coppia Madame Fifì/Capu i Liuni. Non contento dei tanti salti, finisce sul carro degli Occhiuto, per poi passare armi e bagagli alla corte della Santelli. Insomma uno che ha sempre campato, per forza della sua famiglia, di politica e privilegi. Per loro la crisi non esiste, e la disoccupazione non sanno cos’è.

Questo solo per dire che le parole di Lupacchini sono vere e concrete e questo è solo un piccolo esempio. Un intreccio familiare che lucra per le posizione occupate.  Il che non vuol dire che ci siamo dimenticati dei Gentile, degli Occhiuto, dei Morrone, che come tutti sanno trattiamo ogni giorno, quello che abbiamo raccontato è solo uno spaccato che restituisce bene come funzionano le cose da noi.

E a proposito di Luca Morrone, pensate che questo personaggio che ha preso una valanga di voti, all’oggi siede in consiglio comunale col PD e in Regione è stato eletto con Fratelli d’Italia. Come a dire: quello che conta non è il partito ma la famiglia a cui appartieni.