Cosenza, un anno fa moriva l’operaio Maurizio Tenuta dopo 4 mesi di agonia

All’anagrafe era registrato come Raffaele Tenuta, ma tutti lo chiamavano semplicemente Maurizio, e aveva 53 anni. E’ morto esattamente un anno fa, il 30 luglio, nel reparto di Rianimazione dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza dopo un’agonia di quasi quattro mesi per un incidente sul lavoro sul quale erano trapelate all’epoca poche e frammentarie notizie. Ha lasciato la moglie ed una figlia di 12 anni. 

Stasera alle 18,30 familiari e amici lo ricorderanno nel Santuario della Madonna del Carmine a Marano Marchesato.

Era il 7 aprile scorso quando i carabinieri della Compagnia di Cosenza avevano annunciato ai media l’apertura di un’inchiesta sul caso di un incidente sul lavoro avvenuto in un cantiere di Cosenza. Si era saputo soltanto che l’azienda in questione trattava materiale edile e che l’operaio versava in gravi condizioni, tali da renderne necessario il ricovero nel reparto di Rianimazione dell’Annunziata.

Ad andare dai carabinieri per denunciare l’accaduto era stata la moglie di Raffaele “Maurizio” Tenuta ma la sua versione dei fatti non era stata del tutto convincente. La donna infatti aveva dichiarato che il marito era caduto accidentalmente da un albero ma era del tutto evidente che cercava solo di proteggere il congiunto. Poi, dopo qualche giorno, probabilmente dopo aver verificato che le condizioni del marito non miglioravano, la donna si è ripresentata dai carabinieri, affermando che Raffaele Tenuta era caduto da un mezzo pesante nel cantiere nel quale stava lavorando, quasi certamente in nero. 

Anche la procura della Repubblica-porto delle nebbie aveva aperto un fascicolo. Ma, dopo la morte dell’operaio, la situazione cambiava e non poco e la prima operazione da fare è stata quella di cercare di capire quale fosse il cantiere e da chi era gestito. Non c’era dubbio, infatti, che fossimo davanti ad uno dei tanti cantieri “illegali” della nostra città nei quali decine e decine di operai rischiano la vita ogni giorno.

Non c’è voluto molto a capire che il cantiere era ubicato nella zona delle “Cannuzze”, dove c’è il parcheggio dell’elisoccorso dell’ospedale. E che era di proprietà di un certo Tonino Chiappetta, imprenditore edile, che lavorava su diversi cantieri in quella zona: uno si trovava vicino al supermercato Carrefour, l’altro al planetario. In ogni caso si trattava di cantieri funzionali alla costruzione di quella gran boiata del ponte di Calatrava.

La procura-porto delle nebbie, per quanto inefficace sia e per quanto copra sempre i potenti, ha proceduto all’autopsia sul corpo dello sfortunato operaio dopo che la salma è stata messa a disposizione dell’autorità giudiziaria. Ma – come da scontatissimo copione – in questo lungo anno che è passato, non è accaduto nulla. Nessuno pagherà per questo come per tanti altri delitti.

Fatto sta che un padre di famiglia che cercava con grandi sacrifici di mandare avanti una famiglia è morto dopo quasi quattro mesi di agonia. Le indagini, come al solito farlocche, non hanno prodotto nessun risultato nonostante ci fosse un operaio morto che meritasse rispetto. Così vanno le cose in questa città dove la corruzione e il malaffare dilagano senza ostacoli e la procura pensa agli… spinelli!