Cosenza, la bomba a piazza Fera era “telecomandata”: la dinamica dei fatti

Devono essere ore frenetiche quelle di questi giorni in procura. Siamo al quarto giorno dallo scoppio di una bomba ad alto potenziale, al Bilotti Cafè, in pieno centro e in piena movida, e degli esecutori materiali di questa tentata strage neanche l’ombra.

5 minuti dopo l’esplosione

Nel frattempo la malavita locale si è fatta carico, attraverso i tanti confidenti, di far giungere alle orecchie degli investigatori e della procura che loro con questa bomba non c’entrano niente. Quella scoppiata venerdì sera alle 01,25 a via Caloprese non è bomba loro. Fanno sapere i confidenti agli investigatori che quello usato al Bilotti Cafè, non è il loro modus operandi. Nel senso che se fossero stati loro a chiedere il pizzo al signor Gianfranco Parise (proprietario del bar), non avrebbero certo distrutto il bar, perché, una volta distrutto, il proprietario non avrebbe potuto più lavorare, e quindi addio alla tangente. Semplice, lineare, logico. Ma resta in piedi la questione del recupero di un eventuale grosso debito contratto dal signor Gianfranco Parise con qualcuno del “giro” che solo la distruzione del locale, e con il risarcimento dell’assicurazione, si sarebbe potuto saldare. Una “idea” che potrebbe essere venuta al signor Parise e che potrebbe aver “esposto” al suo creditore come un modo per saldare il debito. Ed entrambi, d’accordo, avrebbero messo in atto il piano. Che poi è la pista più accreditata dagli investigatori. Del resto su questo signor Parise se ne stanno dicendo di “cotte e di crude”.

l’arrivo dei pompieri 15 minuti dopo lo scoppio

Già,  ma quale piano avevano in mente? E soprattutto: come sono andate realmente le cose? Per farci un’idea dei fatti ci siamo recati sul posto, e abbiamo parlato con qualche inquilino del palazzo colpito.

Un primo dato certo è l’orario della deflagrazione: 01,25. Orario confermato dagli inquilini che parlano di due esplosioni: la prima – quella forte e tremenda che ha fatto sussultare pareti e solai e che li ha svegliati dal sonno – e dopo pochi secondi un’altra esplosione “minore”. Sono stati attimi di panico dicono alcuni. Tant’è che tutti, dopo essersi messi qualcosa addosso alla meno peggio, sono subito corsi verso le scale per raggiungere la strada, pensando chi a un terremoto, chi allo scoppio di una caldaia. “In pochi minuti la tromba delle scale del palazzo si è riempita di fumo e le scale – racconta una signora – erano ostruite dai detriti causati dalla bomba: per guadagnare l’uscita – aggiunge – sono caduta sopra i detriti e sono finita in ospedale”.

i detriti causati dalla bomba nelle scale del palazzo

C’è da dire che il Bilotti Cafè non era un bar notturno e che generalmente alle 20 chiudeva. Così com’è avvenuto anche il venerdì. E qui viene fuori un’altra certezza: la bomba all’ora dell’esplosione si trovava dentro il locale ed è chiaro che è stata azionata con un telecomando. Sulla presenza della bomba all’interno del bar non ci sono dubbi: la dinamica dell’esplosione lo conferma matematicamente, tutto quello che si trovava dentro è stato scaraventato fuori a metri e metri di distanza, segno anche dell’alto potenziale dell’ordigno. Molto probabilmente era collocato nel bagno del locale.

il frigo del bar scaraventato dall’altra parte del marciapiede

Ma a che ora è stata posizionata la bomba dentro il locale? Di sicuro prima dell’orario di chiusura del bar, ovvero le 20,00. Cioè, quando il proprietario, venerdì, chiude il bar, la bomba è già dentro. Questo potrebbe essere anche un altro dato certo, visto che nessuno, sia degli inquilini, sia dei tanti giovani che bazzicano quella zona, ha visto gente o persone che armeggiavano alla saracinesca dopo le 20,00. E poi la prova delle prove sta nelle telecamere dei negozi posti di fianco e di fronte al bar che non registrano nessuna apertura della saracinesca. Ergo, la bomba all’orario di chiusura del bar è dentro. Difficile dire se è stata messa lì 5 minuti prima di chiudere, o durante la giornata, magari ben nascosta nel bagno. E se la bomba è dentro, non può che essere stata attivata, alle 01,25, con un telecomando. Prima domanda (‘ndrangheta o non ‘ndrangheta): chi è in grado, a Cosenza, di procurarsi dell’esplosivo che si aziona con un telecomando? E poi, se chi organizza l’attentato sa maneggiare telecomandi, inneschi e simili, come può non essersi regolato nella quantità di esplosivo usato? Era consapevole delle conseguenze oppure no? Che si tratti di mafiosi oppure no, resta questo allarmante dato: la quantità usata di esplosivo poteva causare una strage.

Dalle prime risultanze investigative l’unico dato sull’identità degli esecutori materiali di questo grave attentato è qualche fotogramma ripreso dalle telecamere dei negozi che “immortalano” alle 01, 22 una “Giulietta” nera che sosta meno di un minuto al lato opposto del bar. Per poi ripartire e, qualche minuto dopo, arriva l’esplosione. Come se chi sostasse nell’auto si volesse accertare, prima di azionare il telecomando, che da lì non passasse nessuno. Questi gli elementi, questi i fatti.

L’appartenere o meno alla ‘ndrangheta, come si affanna a dire la procura, non ridimensiona l’accaduto perché qualcuno, a questo punto molto più pericoloso della ‘ndrangheta, visto che non sa dosare il tritolo, se ne va in giro a piazzare bombe, e prendere questi criminali dovrebbe essere la sola preoccupazione della procura. Che invece brancola come sempre nel buio e pensa di far passare quanto accaduto come una ragazzata facendo scrivere agli amici giornalisti che la ‘ndrangheta non esiste. E nel mentre, chi ha piazzato la bomba se la ride alla grande.