Cosenza: la diocesi, il cambio della guardia e i preti gay

Gli scandali continuano a devastare la chiesa cosentina. L’ultimo clamoroso dossier del “gigolò” Francesco Mangiacapra, che racconta di decine di rapporti omosessuali nei quali sarebbero coinvolti anche sacerdoti cosentini, ha riportato alla luce le squallide vicende di molti esponenti del clero in città e in provincia. Il tutto ad appena dieci giorni dall’esplosione dell’altro scandalo scoperchiato da “Le Iene” e riguardanti un aborto “nascosto” che ha trascinato nel vortice addirittura l’ex vescovo Salvatore Nunnari. Quanto basta per mettere in discussione anche l’attuale vescovo Nolé, sulla graticola ormai da più tempo, tanto che da quasi un anno si parla del suo sostituto.

Monsignor Gianfranco Todisco, vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa, ha chiesto a Papa Francesco di ritornare in “terra di missione”. Il vescovo rinunciante è molto conosciuto nella nostra città. Parroco a Montalto Uffugo e Consigliere Generale della Congregazione dei Pii Operai Catechisti Rurali-Missionari Ardorini è stato sul punto di diventare arcivescovo di Cosenza-Bisignano prima che arrivasse l’altro missionario (ma solo di nome) Francesco Nolè.

Anche se poco sarebbe cambiato, visto, per esempio che in curia vince i lavori solo la ditta amica, il cui titolare è parente del nuovo cancelliere arcivescovile e anche se venisse il Papa vincerebbe lo stesso…

Forse però sarebbe stato meglio per tutta un’altra serie di circostanze, visto che in diocesi molti, per non dire tutti, si aspettano un veloce cambio della guardia perché a questo Nolé proprio non lo sopporta nessuno. Oggi monsignor Todisco è in Honduras a fare davvero il missionario, nell’arcidiocesi di Tegucigalpa ma se il Papa dovesse chiamare, forse riuscirebbe a convincerlo a tornare a Cosenza.

Ma torniamo ai preti gay. Già da tempo molti preti cosentini sono stati “intimoriti” dagli articoli “ecclesiastici” di Iacchite’, in quanto abili omosessuali, spregiudicati nel cercare il frutto dell’amore che a loro più piace.

Recentemente Papa Francesco ha rispolverato il documento pubblicato dalla congregazione per il Clero che aggiorna norme usi e costumi per l’accesso ai seminari dei futuri sacerdoti: “Il Dono della vocazione presbiterale – Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis”.

Al punto 199 si legge infatti che “in relazione alle persone con tendenze omosessuali che si accostano ai seminari, o che scoprono nel corso della formazione tale situazione, in coerenza con il proprio magistero, la chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti – prosegue il documento della congregazione per il Clero – in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne”. E, ancora, “non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate”.

A Cosenza ci sono alcuni preti, in particolare della città, che continuano ad andare in cerca di bei ragazzi, anche di colore, per dare sfogo alle loro “sacre” passioni. L’ex arcivescovo Nunnari, di cui si sente addirittura nostalgia (pensate come sono messi questi poveri uomini di chiesa), aveva rimosso e inviato in centri di cura diversi preti con presunti disturbi morali e complicata identità sessuale evitando più volte di far esplodere casi clamorosi.

Ricordiamo don Roberto Ruffolo, indagato apertamente lo scorso anno, prosciolto grazie al “solito” pm Tridico (l’insabbiatore dei casi dei potenti e il persecutore dei deboli), coinvolto tante volte in episodi di aperta omosessualità e adesso, pensate un po’, direttore all’ufficio matrimoni (che fantasia che hanno questi della curia!!!).

Ma anche don Tropea, spedito a Lorica dopo essere stato cacciato dal suo ruolo nel carcere di Cosenza (dove già aveva praticato don Ruffolo…), forse proprio per problemi di omosessualità. E i tanti preti attivi sui social (facebook, badoo, lovvo …eccetera) come don Trombino e don Spadafora (tanto per citarne solo alcuni), che pare siano molto conosciuti nelle varie chat gay e potrebbero essere coinvolti nelle dichiarazioni del “gigolò” Francesco Mangiacapra.

Mentre i vertici della Chiesa, Papa Francesco e cardinal Gualtiero Bassetti in prima linea, lottano con tutte le forze contro i diritti alle coppie gay, c’è chi dentro alla Chiesa cosentina continua a vivere la propria condizione di omosessuale senza apparenti conflitti interiori. Se non proprio alla luce del sole, perlomeno, in posti nascosti, nel cuore della notte.

Dopo il caso che ha visto la coppia di rumeni accolta in casa da un sacerdote del Tirreno (don Bruno Midaglia) in cambio di presunte prestazioni sessuali, finite poi in imbarazzanti registrazioni audiovisive sbarcate nelle aule del tribunale di Paola, arriva da Casole Bruzio l’ultimo, altrettanto imbarazzante caso di tonaca-omo.

Si tratta di don Francesco Guagliani, ex cappellano militare, pizzicato senza abito talare dal vescovo, con le stellette, in un locale gay dell’Italia centrale. Dopo essere stato allontanato dall’ordinariato militare  per direttissima (pare che il prete in questione ex frate conventuale sia stato coinvolto in una questione sentimentale con un prete della diocesi di Pistoia, poi suicidatosi), il don Guagliani è stato accolto dal vescovo Nolè, anch’egli frate conventuale, nella diocesi di Cosenza, nascondendo e mascherando i tristi episodi che hanno riguardato l’ex frate francescano.

Una storia come tante altre, fatta di omissioni, di peccati mortali e di trasferimenti oscuri. Oggi il prete ex frate esercita la sua professione di amministratore della parrocchia di Santa Marina (ormai dal mese di luglio) nel nostro centro presilano grazie al favore del vescovo di Cosenza. Un giro quello dei preti omosessuali del quale farebbero parte anche altri sacerdoti. Sacerdoti che si innamorano di giovani, preti che sono ufficialmente fidanzati con altri preti ma, soprattutto, che frequentano giovani gigolò. Per poi finire a quelli che cercano di adescare i ragazzi di colore in cambio di qualche banconota da 20 euro. A Cosenza una lobby? Forse sì, certamente percorsa da mille fremiti e messa a rischio dagli spifferi di vicende boccaccesche che le denunce anonime e anche alcuni libri contribuiscono a rivelare.