Cosenza, l’inchiesta della procura di Salerno sul procuratore Spagnuolo e il caso Palamara

La procura di Salerno ha aperto un fascicolo sulla procura di Cosenza e in particolare sul procuratore Mario Spagnuolo, in carica dal 30 giugno 2016 dopo essere stato per lungo tempo sostituto procuratore “anziano” fino al 2000 prima della sua “clamorosa” nomina a coordinatore della Dda di Catanzaro. La procura di Salerno interviene nel suo ruolo di competenza per gli eventuali illeciti commessi dai magistrati della procura di Cosenza.

La fonte che ho è diretta, che più diretta non si può: sono stato interrogato dai carabinieri del Ros di Salerno, giunti qui a Cosenza per raccogliere informazioni legate al procedimento penale registrato con il numero 10404/17.

Di norma, non potrei rendere pubblici i contenuti di questo interrogatorio perché violerei il segreto istruttorio e di questo mi hanno anche gentilmente avvertito i carabinieri che mi hanno rivolto le loro domande. Ma questo “divieto”, come prescrive la legge, scade dopo due mesi e pertanto, anche se non posso scendere nei particolari dell’interrogatorio, trascorsi i fatidici due mesi, ho la facoltà di scrivere. Sono costretto a fare questo passo per il continuo accanimento della procura di Cosenza e dei giudici del Tribunale, meglio conosciuto come porto delle nebbie, nei miei confronti. Un accanimento che non conosce soste e continua imperterrito non si capisce bene per arrivare a quale risultato. E dal quale sono costretto a difendermi per la deriva totale del concetto di giustizia che governa imperterrita a Cosenza. Certo, il procuratore Spagnuolo non dev’essere stato proprio contento quando ha appreso che il nuovo procuratore generale della Corte d’Appello di Catanzaro sarebbe stato Otello Lupacchini ovvero il collega che ha “ispezionato” per conto del Ministero di Grazia e Giustizia la Dda di Catanzaro ai tempi in cui il Gattopardo ancora spadroneggiava nel capoluogo. E sarà stato ancora meno contento di sapere (perché Spagnuolo lo sa benissimo e sarà stato ascoltato anche lui) che la procura di Salerno ha deciso di interrogarmi come “persona informata” rispetto a una serie di fatti molto spiacevoli, per usare un eufemismo, che lo vedono coinvolto.La verità – come scriviamo ormai da anni – è che la nomina a procuratore di Spagnuolo è un fatto veramente assurdo, reso possibile soltanto da un sistema marcio e corrotto che si spera ardentemente possa essere “stoppato” dal nuovo governo, specie dopo le clamorose vicende che stanno venendo a galla con il cosiddetto caso Palamara. Un sistema che ha sapientemente neutralizzato l’ispezione del magistrato Lupacchini, che ha piazzato per qualche anno Spagnuolo a Vibo Valentia e infine lo ha consacrato a Cosenza per evitare che a qualche altro procuratore non corrotto venisse in mente di scoperchiare il pentolone di tutto il verminaio cosentino. Tra l’altro, raccontato per filo e per segno nella relazione di Lupacchini che Iacchite’ ha pubblicato e ripubblicato nel corso di questi anni e dalla quale emergono gravissime responsabilità di Spagnuolo nell’inquinamento probatorio del processo Garden. Così gravi da costringere Lupacchini ad espressioni del tipo “… Spagnuolo ha usato il processo Chiappetta come un grimaldello per svuotare di contenuti il processo Garden…”. E a chiamarlo in causa tra i “registi occulti” di questa operazione in combutta con il procuratore dell’epoca, Alfredo Serafini, e con un bene individuato gruppo di avvocati penalisti. Per non parlare di tante altre questioni, pubbliche e private, che hanno reso appunto un verminaio il “palazzo della giustizia” di Cosenza.

Ennio Morrone

Ma le manovre non sono passate inosservate e così i carabinieri del Ros hanno raccolto materiale e informazioni e mi hanno posto una serie di domande relative all’attività (chiamiamola così) del nostro prode Gattopardo. A cominciare dai rapporti con la famiglia di Ennio Morrone, che all’epoca dei fatti militava nell’Udeur del ministro della Giustizia Clemente Mastella. Solo grazie all’intervento del ministro e dei suoi suggeritori, infatti, quell’attività di ispezione di Lupacchini fu insabbiata e fatta cadere nell’oblio. Tecnicamente, decorsero i termini per accertare le decine di incompatibilità ambientali che erano emerse dall’ispezione, tra le quali anche quella della figlia di Morrone, Manuela, ancora giudice a Cosenza (ultimamente di nuovo nel penale, roba da pazzi!!!) nonostante il padre deputato e il marito poliziotto ed ex vicequestore a Cosenza, tale Stefano Dodaro, braccio armato del politico di cui sopra. Una specie di barzelletta… Ma si tratta solo di una delle tante domande che mi sono state rivolte. Come per esempio, quella relativa all’incredibile assunzione del nipote di Spagnuolo, il “signor” Gianpaolo Calabrese, al Comune di Cosenza nella qualità di dirigente senza averne i requisiti. E tante altre relative all’assurda serie di reati tuttora “coperta” da Spagnuolo e che in qualsiasi altra parte del mondo avrebbe portato almeno all’interdizione nei confronti del sindaco che sta mortificando un’intera città con ruberie e soprusi di ogni sorta.

Ribadisco di essere stato costretto a rivelare questi fatti, come unica forma di difesa per l’accanimento della procura e del Tribunale di Cosenza nei miei confronti. Chiedo ai carabinieri del Ros e alla stessa procura di Salerno, a questo punto, se è possibile continuare ad andare avanti così, con un procuratore corrotto, per di più oggetto di indagini dalla stessa procura di Salerno e che continua imperterrito a poter indagare e giudicare un cittadino che viene chiamato a deporre come persona informata sui fatti su un procedimento che lo riguarda direttamente. Non c’è un “leggerissimo” conflitto di interessi? Ed è possibile che l’Italia sia diventata una Repubblica delle banane fino a questo punto?

Gabriele Carchidi