Cosenza non è una città per creativi

Parliamoci chiaro: se quello che cerchi è un lavoro immateriale, l’unica speranza che hai di lavorare, in una città come Cosenza, è quella di accriccarti con la pubblica amministrazione. La sola realtà economica, da noi, che in qualche modo sovvenziona tutto ciò che esula dal lavoro materiale. Per lavoro o attività immateriale si intende l’insieme composito di varie attività professionali il cui scopo è quello di contribuire alla crescita dell’industria culturale, della conoscenza, dello spettacolo e dell’intrattenimento, attraverso pratiche e saperi che hanno trovato forma nella smaterializzazione della produzione e nella fusione tra elementi del pensiero e della rappresentazione. I campi professionali sono decisamente estesi, per fare qualche esempio: autori, attori, grafici, ricercatori, editor, registi, tecnici audiovisivi, maestri delle arti di scena etc. etc. Insomma quello che in tanti definiscono “lavoro creativo”.

È difficile trovare a Cosenza un “privato” che finanzi autori, registi, attori, ricercatori, poeti, scrittori, editor. Nessun imprenditore locale investirebbe un solo euro per finanziare, ad esempio, un progetto culturale. Il perché è presto detto: il rischio d’investimento è troppo alto, e il gioco non vale la candela per chi è abituato a finanziare progetti solo per trarne profitto. Lo spettacolo, la canzone, il video, la mostra, l’istallazione, il libro potrebbero non avere “successo”, il che significa perdere l’investimento. Ecco perché in tanti considerano la Cultura un investimento a perdere. Almeno nella maggior parte dei casi. È chiaro che esistono le eccezioni, ad esempio quando il riconoscimento della genialità è palese e riconosciuto anche dai “profani”. Come a dire: uno su mille ce la fa. E gli altri che fine fanno?

Chi invece non ha la “fortuna” di essere riconosciuto “a pelle come un genio”, e vuole continuare su questa strada, consapevole delle proprie capacità artistiche o di ricerca, non gli resta altra da fare che rivolgersi agli enti pubblici, se vuole lavorare: comune, regione, ministero, Comunità europea. I soli che possono permettersi investimenti “a perdere”.

Ma gli enti non sono degli “addetti ai lavori” in grado di capire le potenzialità o meno di una idea culturale, gli enti finanziano i progetti seguendo un solo criterio: il clientelismo.

Ecco perché in città come Cosenza il mondo dell’arte, della ricerca, dei creativi, non trova mai pace: il sistema di finanziamento ha creato delle vere e proprie faide tra tutti coloro i quali si occupano di lavoro immateriale. E questo perché, spesso e volentieri, sono sempre gli stessi che attingono in maniera esagerata ai fondi destinati alla Cultura o alla Ricerca per via delle loro conoscenze politiche, lasciando tutti gli altri, quasi sempre, a bocca asciutta. In poche parole: se hai sostenuto palesemente il sindaco vincente o il presidente di regione, allora hai qualche possibilità di avere un finanziamento per il tuo progetto, altrimenti ti devi arrangiare. E a nulla valgono le lamentele o le denunce, come a niente valgono le continue richieste agli enti di fornire pari opportunità di accesso, a tutti gli addetti ai lavori, ai fondi pubblici per la Cultura. Che in Italia valgono tanto. Tutti i comuni, anche quelli più piccoli, hanno nel loro bilancio una spesa per la Cultura – che il sindaco destina sempre alle associazioni culturali a lui vicino –  e che spesso si risolvono nella finta sagra di paese, e nella “recita” di Natale. A discapito, quasi sempre, di altri che dell’arte potrebbero farne mestiere e dare lustro al paese.

Bisognerebbe trovare sindaci illuminati disposti a passare dagli “affidamenti diretti”, e dai “concorsi” truccati, a pubblici avvisi dove tutti possono partecipare e giocarsi la propria possibilità in maniera trasparente, sottoponendosi, magari, al pubblico giudizio. Ma da noi la Cultura, come tutto il resto, significa voti, e la politica a questa “merce” non rinuncia perciò, o sei accriccato ai politici, o progetti approvati non ne vedrai mai, neanche se gli dici che hai inventato la macchina del tempo. Basta guardare i progetti culturali realizzati in città per capire che non è la qualità ad essere premiata, ma il grado di parentela o di vicinanza al politico di turno. E gli esempi sono tanti: a Cosenza, per esempio, va avanti solo chi si chiama Orrico, Calabrese, Toman. Che poi sono quasi sempre i mediocri come loro a godere dei privilegi della politica. Si sa l’ignorante (politico) si circonda sempre di mediocri (artisti).

Se vuoi fare e vivere di teatro, cinema, pittura, fotografia, ricerca, in una città come Cosenza, e non hai uno sponsor politico, l’unica strada è emigrare in cerca di quella possibilità che qui da noi nessuno mai ti darà. E infatti in tanti sono partiti trovando maggiori soddisfazioni in giro per l’Italia e per il mondo. E chi continua a produrre arte in città in maniera “privata”, deve necessariamente avere un altro lavoro. Con la Cultura da noi, purtroppo, non si mangia. O meglio ci mangiano solo i politici e gli amici dei politici.

A guardare questo desolante quadro, dove la Cultura è considerata, da una politica ignorante, mera merce di scambio, viene da dire: Cosenza non è una città per creativi.

P.S.: il che la dice lunga sullo stato “dell’Arte”, in città.