Cosenza, pulizia in questura: la replica dei poliziotti che difendono Liguori e Zanfini

Come spesso accade, anche questa mattina, ho trovato sotto la porta della redazione un paio di lettere anonime. Una delle lettere che l’ignoto postino ci ha recapitato è stata scritta da diversi appartenenti alle forze dell’ordine, almeno così dicono, e precisamente da operatori di pubblica sicurezza della polizia di stato.

La lettera, un foglio A4 scritto con word e stampato ed infilato sotto la porta, è una replica al mio articolo di ieri sul trasferimento del questore Liquori e del dottor Zanfini, allontanati, secondo me, dai loro incarichi, per scarso rendimento.

I poliziotti, o presunti tali, che hanno redatto anonimamente la lettera mi accusano di essere fazioso e di parte e di non essere obiettivo, per rancori personali, nella valutazione dell’operato dei due dirigenti. Dicono: … sebbene la consegna, in merito ai vostri articoli, sia il silenzio, ed ignorarvi è la migliore cosa, la verità, in questo caso, grida vendetta. La serietà e la dedizione al lavoro messa in campo, in questi ultimi tre anni, sia dal questore Liguori che dal dottor Zanfini, unitamente a tutto il personale operante presso la questura di Cosenza, Divisione anticrimine e Squadra Mobile, hanno permesso di mettere a segno diversi colpi contro le organizzazioni criminali attive nella città di Cosenza e non solo.

Ed inizia l’elenco: retate, arresti, ma la ciliegina sulla torta, per gli scriventi, dell’attività di contrasto al crimine è l’arresto dell’allora pericolosissimo latitante, avvenuto il 24 marzo 2015, proprio ad opera della squadra mobile di Cosenza, Daniele Lamanna.

La lettera continua: … come mai sulle tante operazioni portate a termini con professionalità e successo dalla questura di Cosenza non sprecate mai una parola? Il vostro silenzio in questo caso è eloquente: è chiaro che tifate per i delinquenti. Che spesso nei vostri articoli difendete…

Non posso essere certo che la lettera sia stata scritta da poliziotti, ma l’accorata difesa del corpo, e dei dirigenti in questione, espressa con garbo e con una punta di provocazione, mi lascia immaginare che sia vera.

Alla provocazione non rispondo, perché i nostri articoli sono scritti chiari: per noi la mafia è una montagna di merda. E non abbiamo mai avuto remore nell’esprimere giudizi negativi e anche dispregiativi su chi vive in maniera parassitaria attraverso la prevaricazione e la violenza. E per questo abbiamo passato non pochi guai. E a differenza dei poliziotti che fanno squadra, di fronte a questo, noi siamo soli.

Sull’arresto di Daniele Lamanna bisognerebbe stendere un velo pietoso, perché, nonostante le belle parole del dottor Zanfini in conferenza stampa all’indomani del suo arresto, era, ed è chiaro a tutti che quell’operazione è stata una resa concordata del Lamanna che aveva capito di essere rimasto solo e ricercato, non solo dalla polizia, ma anche dai suoi rivali ed ex compari. Un arresto che per come è avvenuto non poteva essere frutto di una attività investigativa, o di appostamento, perché in quel periodo il dottor Zanfini brancolava nel buio.

Lamanna dopo aver concordato con il dottor Bruni (allora pm della DDA di Catanzaro) la sua resa, facendosi trovare in un appartamento in località Trenta in uso al suocero, si è spontaneamente consegnato alla polizia. Autorizzata dalla DDA a compiere questo arresto. Tant’è che agli uomini della mobile è bastato seguire il suocero per arrivare a Daniele, che prima della resa aveva anche concordato la possibilità di salutare il figlio che era in casa con lui al momento del suo arresto. Un latitante di quello spessore che si nasconde a casa del suocero che conoscono tutti, e che è bastato seguire per arrivare a lui, francamente non si può sentire. E poi la cosa che più stride, e che ci ha fatto capire che era tutta una pantomima, è la decisione di Zanfini di far intervenire i suoi uomini nonostante sapessero, perché avevano seguito il suocero, della presenza di un bambino all’interno dell’appartamento. Ci siamo sempre chiesti: non potevano aspettare che il suocero e il bambino andassero via e poi intervenire? E se Daniele avesse reagito all’arresto cosa sarebbe successo? E’ chiaro che sapevano che Daniele non avrebbe opposto resistenza, quindi sono andati lisci. Il saluto al figlio faceva parte del patto.

Noi tutto questo lo avevamo scritto annunciando, anche qui non senza passare guai, il pentimento di Lamanna.

Ora capisco le necessità investigative di non far trapelare informazioni utile al “nemico”, e ci sta la pantomima, ma farla passare come brillante operazione di intelligence mi pare troppo, se questo è l’argomento principale per sostanziare la frenetica attività dei due dirigenti. L’arresto di Lamanna è stato un lavoretto facile facile. Tant’è che oggi Daniele Lamanna è pentito e presto sapremo “ufficialmente” la vera storia del suo arresto.

Per il resto che dire se non che noi non abbiamo nulla né contro i due dirigenti, né contro i poliziotti. Quello che scriviamo può piacere o no, ma come si dice: ognuno fa il proprio lavoro. E noi, senza offesa per nessuno, come i tantissimi poliziotti che lavorano nella questura di Cosenza, il nostro lavoro lo sappiamo fare.

GdD