Cosenza-Rende: ecco perché la fusione non è economicamente vantaggiosa (di Matteo Olivieri)

Torna alla ribalta l’ipotesi di Comune unico nell’area urbana di Cosenza. A seguito di fusione, si verrebbe a creare una nuova entità amministrativa con la stessa superficie della città di Milano, ma con 1,2 milioni di abitanti in meno. Anche se manca ancora uno studio di fattibilità, già si parla di presunti benefici derivanti dalla concessione del contributo statale decennale. L’economista Matteo Olivieri ha provato ad effettuare una stima sulla base della normativa in vigore.

di Matteo Olivieri

Le fusioni di Comuni sembrano essere diventate l’argomento del momento in Calabria. Dopo che le consultazioni popolari nella Presila cosentina e nell’area di Corigliano-Rossano hanno portato (per la verità, tra le polemiche) alla costituzione di due nuove entità amministrative con più di diecimila abitanti ciascuno, ora il dibattito sulla opportunità di costituire una città unica si sposta su Cosenza-Rende fino ad includere i Comuni di Castrolibero e Montalto Uffugo. In questo caso, la nuova entità amministrativa che si verrebbe a costituire, avrebbe una popolazione di circa 130.000 abitanti, ed un territorio di circa 180 km quadrati. Ovvero, la stessa superficie della città di Milano. Saranno in grado i futuri amministratori di amministrare con lungimiranza questa nuova realtà amministrativa ?

L’eventuale fusione porterebbe ad una nuova realtà amministrativa di oltre 130.000 abitanti e 180 km quadrati. Come Milano, ma con 1,2 milioni di abitanti in meno.

Anche se nessuno sembra aver finora preso seriamente in considerazione questo aspetto, buona parte del dibattito pubblico in Calabria si articola intorno a tre problematiche altrettanto importanti: l’assenza di qualsiasi forma di coinvolgimento della popolazionenelle fasi antecedenti alle consultazioni pubbliche, l’assenza di un iter procedurale certo e condiviso, e l’assenza di studi di fattibilità. Tutti e tre questi aspetti sono di fondamentale importanza per garantire che qualsiasi decisione venga presa all’interno di una cornice normativa democratica. Gli errori finora commessi nel caso di Casali del Manco (dove si è decisa la fusione per “annessione”anche del Comune di Spezzano Piccolo, dove la maggioranza della popolazione si era espressa per il no alla fusione) e di Corigliano-Rossano (dove la percentuale di astensionismo dei votanti è stata di circa il 70%) non devono ripetersi nel caso in cui si arrivi ad una consultazione popolare anche a Cosenza-Rende-Castrolibero-Montalto Uffugo. Ne va della credibilità della nostra democrazia.

Un punto decisivo dovrà riguardare lo studio di fattibilità economica, visto che molti utilizzano l’argomento degli incentivi economici decennali per supportare il “si” alla fusione. In verità, se si partisse da quanto dice la normativa, si scoprirebbe che la situazione è meno rosea di come la si dipinge. Infatti, sulla base della normativa vigente, è stato stabilito che – a partire dal 2017 – ai Comuni risultanti da fusione vada corrisposto un contributo economico decennale pari al 50% dei trasferimenti erariali calcolati sull’anno 2010, e – in ogni caso – nel limite della disponibilità finanziaria prevista annualmente nella legge di bilancio, e comunque in misura non superiore a 2 milioni di euro per ciascun beneficiario. Pertanto, se si vuole usare l’argomento dei contributi economici decennali, bisogna per prima cosa riferirsi all’ammontare dei trasferimenti erariali nell’anno 2010,  poi calcolarne il 50%, e infine confrontare il risultato così ottenuto con il dato dei trasferimenti erariali previsti per il 2017. Questi dati sono reperibili sul sito del Ministero dell’Interno. Ebbene, da un rapido confronto di tutti questi dati si scopre che l’ammontare dei trasferimenti erariali dipende da vari fattori, tra i quali la dimensione della popolazione e la vivacità dell’attività economica. Infatti, i trasferimenti erariali comprendono tra l’altro una quota di compartecipazione al gettito IVA e ai redditi da lavoro. Pertanto, i Comuni più grandi – a parità di condizioni – ricevono trasferimenti erariali maggiori.

Scenario più favorevole. I Comuni di Rende e Cosenza sarebbero comunque svantaggiati dalla fusione. Invece, Castrolibero e Montalto Uffugo ne risulterebbero avvantaggiati, ma solo nell’ipotesi in cui ricevano il massimo contributo previsto.

Il Comune di Rende, che nel 2017 dovrebbe incassare dal governo centrale circa 5 milioni di euro a titolo di trasferimenti erariali, a seguito di fusione ne riceverebbe al massimo 2 milioni per dieci anni. La perdita secca equivale quindi a 3 milioni per dieci anni: soldi a cui il Comune di Rende dovrebbe rinunciare e, che invece – se investiti assennatamente – potrebbero aiutare la crescita del territorio. Per il Comune di Cosenza la fusione amministrativa darebbe risultati ancora peggiori, visto che i contributi erariali 2017 (a cui dovrebbe rinunciare) ammontano a circa 20,6 milioni di euro, mentre in cambio ne riceverebbe al massimo 2 milioni per 10 anni. Le cose vanno un pò meglio per Castrolibero e per Montalto Uffugo, che vedrebbero migliorare la loro posizione relativa post-fusione, rispettivamente di +699.615,96 e di +98.013,30. Questo risultato però è solo un miglioramento apparente, perché non è detto che i due comuni ricevano effettivamente 2 milioni di euro. Come dicevamo, infatti, il contributo-base è pari al 50% dei trasferimenti erarialicalcolati nell’anno 2010. Una valutazione più prudente suggerisce quindi di attenersi a questa cifra, e di considerare il tetto dei 2 milioni di euro come l’eccezione, e non come la regola.

Pertanto, nello scenario-base neppure i Comuni di Castrolibero e di Montalto Uffugo riuscirebbero a migliorare sostanzialmente la loro situazione di bilancio post-fusione. Infatti, i contributi erariali di cui Castrolibero risulta beneficiario per il 2017 sono di circa 1 milione di euro inferiori rispetto al corrispondente valore per l’anno 2010 calcolato al 50%, mentre Montalto Uffugo è l’unico Comune che guadagnerebbe dalla fusione, seppur una cifra molto modesta di quasi 100 mila euro. Neppure in questo caso, però, avremmo la certezza matematica che i Comuni interessati dalla fusione riceveranno effettivamente tali somme. Infatti, il contributo decennale è ulteriormente limitato dalla disponibilità finanziaria prevista nella legge di bilancio annuale, che – per il 2017 – ammonta a 30 milioni di euro. Così, nel caso in cui il numero di fusioni di Comuni fosse superiore all’ammontare della disponibilità di fondi, la priorità nella ripartizione delle risorse verrebbe data sulla base  del criterio di “anzianità” della fusione. Quindi – per capirci – le fusioni avvenute nel 2014 hanno la precedenza su quelle del 2015 e su quelle di tutti gli anni seguenti, fino all’esaurimento del fondo statale. In questo caso, anche i Comuni di Castrolibero e Montalto Uffugo risulterebbero svantaggiati, perché non riceverebbero alcun contributo statale e perderebbero pure oltre 1 milione di euro ciascuno degli attuali trasferimenti statali.

Grandi opere. La realizzazione di infrastrutture pubbliche ha l’obiettivo di contribuire a trasformare l’area urbana in una città unica.

Nel complesso, i quattro Comuni dell’area urbana cosentina, che dovrebbero ricevere nel 2017  circa 28,8 milioni di euro a titolo di trasferimenti erariali,rischiano di riceverne al massimo 8 milioni in caso di fusione (ipotesi più favorevole). Quindi, non si capisce davvero quale sia la convenienza economica derivante da un’eventuale fusione, soprattutto se si tiene conto del fatto che i Comuni di Cosenza e di Rende sono stati entrambi dichiarati in predissesto, e quindi hanno disperato bisogno di risorse finanziarie per non gravare ulteriormente sui contribuenti. A ciò va poi aggiunto il fatto che il principio scelto per la ripartizione dei fondi è quello del “chi tardi arriva male alloggia”. Un principio – per la verità – poco democratico e poco oggettivo, che rivela un pregiudizio di legge a favore delle fusioni, e anzi incentiva comportamenti opportunistici basati su logiche di bassa-lega piuttosto che su un calcolo economico dei costi-opportunità o su reali esigenze di riorganizzazione della macchina statale. Tutto ciò dovrebbe convincere i sostenitori delle fusioni a non usare a proprio favore l’argomento dell’esistenza di contributi economici, visto che potrebbe verificarsi l’ipotesi che alcuni Comuni non ricevano alcun contributo. Questa eventualità è tanto maggiore, quanto più dovesse intensificarsi negli anni il processo di fusioni tra Comuni, a meno che non intervengano futuri ampliamenti del fondo ordinario statale, per adeguarlo di anno in anno alle esigenze. Cosa – in questo momento – difficile da ipotizzare.

Questo fatto spiega anche perché – in Italia – oltre il 97 percento delle fusioni ha riguardato finora comuni di piccole e piccolissime dimensioni, che – ancorché fusi – continuano a non raggiungere i 10.000 abitanti. Su 76 fusioni finora realizzate, infatti, sono solo due le eccezioni censite in tutta Italia, di cui una (Casali del Manco) appunto in Calabria. Eccettuando la fusione Corigliano-Rossano, evidentemente ancora troppo recente per essere inserita nei dati ministeriali, e quella (per ora ipotetica) di Cosenza-Rende-Castrolibero-Montalto Uffugo, l’Italia sembra muoversi in una direzione totalmente differente dall’orientamento imperante in Calabria, dove invece sembra essere scoppiata la corsa al gigantismo territoriale. L’esatta quantificazione del contributo economicospetta in ogni caso alla Regione Calabria, che dovrà chiarirci – prima che si inizino altri iter di fusioni – se, oltre ai contributi statali, intende stanziare ulteriori contributi regionali, per come previsto dalla normativa vigente. Così è stato fatto nelle altre regioni italiane, e non si capisce perché la stessa regola non debba valere anche in Calabria.