Cosenza, ruspe sul fiume Crati: il silenzio degli enti e della Soprintendenza (di Francesca Canino)

di Francesca Canino

I fiumi come gli alberi, nessun criterio seguito per le pulizie degli argini e per le potature. A Cosenza non si rispetta l’ambiente: mentre si oltraggia sistematicamente il verde urbano, sulle sponde del Crati si elimina, senza alcun criterio, tutta la vegetazione. È chiaro ormai da anni che il verde non piace agli amministratori bruzi, infatti, nonostante i numerosi appelli di alcuni comitati ambientalisti, in città si è continuato a tagliare e capitozzare e ora sono scese in campo anche le ruspe per la pulizia degli argini fluviali. In poche ore è stato distrutto l’habitat di molte specie acquatiche, una perdita che si aggiunge a tutte le altre che in città si verificano a ritmi inauditi. Per i fiumi, tuttavia, la questione si immette su binari diversi, offrendo l’opportunità per compiere una disamina sui progetti che hanno interessato e interesseranno i fiumi cosentini.

Da qualche anno, l’attenzione degli amministratori bruzi si è concentrata in maniera spasmodica sul fiume Crati: dalla ricerca del tesoro di Alarico, alla costruzione del museo a lui dedicato in seguito all’abbattimento dell’ex Jolly; dalla riqualificazione degli argini alla realizzazione del belvedere sul fiume e del parco delle scienze, progetti che, oltre a richiedere finanziamenti consistenti, necessitano di una serie di autorizzazioni da parte di altri enti.

Il Quadro Territoriale Regionale a valenza Paesaggistica (QTRP), approvato con deliberazione del Consiglio regionale nel 2016, riserva particolari disposizioni per i principali fiumi calabresi, di cui il Crati è il maggiore. Nelle previsioni del QTRP, tutti gli interventi su fiumi e torrenti devono essere effettuati con il metodo dell’ingegneria naturalistica. Sono state stabilite delle fasce di rispetto e dalle direttive di cui all’art. 13 (comma 4, lett. a e b del Tomo IV) risulta che: “Sono esclusi nuovi interventi sulle aree fluviali e lacustri, ad eccezione di quelli necessari per la messa in sicurezza o la riduzione dei livelli di rischio ambientale”. Per questi motivi, si richiede una progettazione organica e completa per evitare incongruenze nelle proposte singolarmente pensate e presentate, come accade per il museo di Alarico o per il cosiddetto belvedere, che esula dai principi dell’ingegneria naturalistica e appare avulso dal contesto paesaggistico e dalla naturalizzazione del corso del fiume.

Discorso a parte merita il Parco fluviale del Crati, che per quanto concerne la ricaduta socio-economica-culturale e ambientale, in ragione del bacino idrografico interessato, dovrebbe essere valutata la necessità di attivare una procedura VAS e VIA. Poiché le fasce fluviali e gli intorni degli alvei costituiscono gli elementi portanti degli apparati paesistici, che devono essere percepiti come ‘paesaggi di vita’, è necessario tener conto delle preesistenze storiche, artistiche, archeologiche e paesaggistiche presenti nelle fasce fluviali e nei territori limitrofi. Ci si chiede, dunque, se dagli atti emergano i cosiddetti ‘sbarramenti flessibili’, per i quali occorrono rendering da più parti e, proprio per il diverso regime idraulico, con particolari esecutivi in opportuna scala di rappresentazione.

E il Parco delle scienze? Pare, fra tutte le altre dimenticanze, che non sia stata verificata la compatibilità della proposta con lo sviluppo ecosostenibile previsto dalla normativa.

L’ennesimo massacro cittadino è andato in scena, ma ciò che indigna, a questo punto, è assistere all’immobilismo degli enti che avrebbero dovuto dare il loro assenso. Provincia, Regione, Segretariato del Mibact regionale, Soprintendenza, silenti e assenti su quanto avviene in spregio alla legge. Sono tutti complici?