A Cosenza a spridare sono sempre gli stessi (cura guagna di caggi)

Parliamoci chiaro e senza chiacchiere: a Cosenza spridano sempre gli stessi. Questo è un dato accertato. A guagna in determinati ambienti – crisi o non crisi – gira sempre che è una bellezza. Anche se c’è da dire che a Cosenza non esistono i famosi “miliardari”, classicamente intesi. Quelli che spridano con Ferrari, yacht e sciampagna davanti a tutti. I miliardari cosentini sono sobri. Non ci tengono a far vedere la loro ricchezza ai propri concittadini. Ci sono altri luoghi sparsi per il mondo dove sfoggiare la ricchezza. Preferiscono investire silenziosamente nel mattone, nei terreni, nello strozzo e nei conti correnti svizzeri.

Ma chi sono questi “Paperoni” cosentini? E soprattutto da dove arrivano le loro ricchezze e fortune? Dato che a Cosenza non ci sono industrie di rilievo nazionale o imprenditori con solide aziende e bilanci in attivo con centinaia di dipendenti? In poche parole: qual è l’economia che fa girare i soldi, quelli pesanti, a Cosenza? E da dove arrivano? Mai risposta fu più semplice: il denaro pubblico.

Senza i soldi del Comune (stato e regione) non esisterebbe nessuna economia a Cosenza. Se non quella di sussistenza. Non c’è in pratica un “privato”, in tutta la città e provincia, capace di muovere somme rilevanti ed investimenti corposi tali da determinare una vera e propria economia “a se”. Qui se non lavori con il pubblico come dipendente o come privato, offrendo servizi di ogni genere, fai fatica ad andare avanti. E ne sanno qualcosa i commercianti cosentini, le piccole officine, gli artigiani con qualche dipendente, e quel poco che rimane delle cosiddette “piccole imprese”. Ovvero il tessuto produttivo, quello che dovrebbe fare da volano, come avviene nel resto del mondo, all’economia locale. Ed invece qui non riesce neanche a mantenere se stesso figuriamoci mantenere altri. O a promuovere investimenti.

A Cosenza ad essere miliardari, non sono i costruttori, i banchieri, i petrolieri, i manager d’azienda, come siamo abituati a pensare, anche perché – come abbiamo detto – queste figure da noi non esistono, ma i liberi professionisti, i cosiddetti “prenditori” di denaro pubblico, politici e dirigenti pubblici corrotti. Sono loro che fanno la guagna veramente. Perché sono attaccati da decenni alla mammella dello stato. E non si staccano. Ed hanno formato delle lobby proprio per proteggere l’unico canale di denaro cittadino che ritengono loro per diritto divino. Una specie di “cupola” che decide come dividere la torta. Il tutto col solo fine del ladrocinio, della speculazione, e dell’arricchimento personale. Di investire realmente, nonostante il denaro pubblico, per la crescita del territorio, non gliene fotte niente. Dalla Cassa del Mezzogiorno, passando per la 488, fino ai giorni nostri è sempre stato così. Sfido chiunque a dire il contrario.

Al primo posto dei Paperoni cosentini, ovviamente al netto di ogni generalizzazione per tutte le categorie di seguito citate, ci sono politici corrotti. Coloro i quali prima degli altri intascano la bustarella per i loro favori. E i politici cosentini stanno tutti più che bene: villa in città, al mare e in montagna. Figli e parenti super sistemati, con casa, macchina, e sprido che non ti dico. Molti hanno comprato anche case all’estero. Le famiglie politiche cosentine le conoscete tutti. Non è difficile capire quali sono. E sono quelle di sempre. Poi ci sono, secondo me, i commercialisti, che qualcuno vorrebbe dopo gli avvocati. E mi riferisco, come per i politici, alle solite famiglie che tutti conoscete. Anche qui non è difficile capire.

I commercialisti sono fondamentali nel recupero e nella gestione truffaldina dei fondi pubblici. La loro stecca, su ogni frode, dopo quella dei politici, è la più consistente.  Ci sono studi a Cosenza che – non si capisce come – amministrano decine e decine per non dire centinaia di finanziamenti europei. Da questo si può anche capire il perché di tante banche a Cosenza, il che vuole dire che la guagna gira ed arriva in città. Altrimenti perché aprire uno sportello bancario a Cosenza dove la disoccupazione giovanile supera il 50%, e dove non esiste uno straccio di polo produttivo? Denaro che sistematicamente svanisce senza lasciare più tracce. E senza aver creato neanche un mezzo posto di lavoro.

Al terzo posto ci sono gli avvocati. Ci sono studi a Cosenza che attraverso le “convenzioni” con il pubblico macinano decine di milioni di euro di fatturato all’anno. Non esisto attività produttive a Cosenza capaci di questi bilanci. L’avvocato è anch’esso una figura importante, ai fini dell’intrallazzo. Si può dire l’anello di congiunzione tra il malaffare e la malagiustizia. L’avvocato ammatassato è colui il quale consiglia al marpione sia come ammucciare i dollari frodati, sia come ottenere l’impunità. La sua è una bella stecca.

Al quarto posto metterei un po’ di professionisti ad ex aequo: architetti, ingegneri, e gli imprenditori prenditori. Onestamente vi chiedo, esclusi i pochi palazzinari cosentini: quanti cosentini nella loro vita hanno chiamato un ingegnere o un architetto? Direi pochi. Questi professionisti se non ci fosse il denaro pubblico a Cosenza non esisterebbero. O almeno si conterebbero sulla punta delle dita. Ci sono studi professionali, a Cosenza e provincia, di architetti ed ingegneri che hanno fatto progetti e preliminari di opere che non saranno mai costruite, ricevendo lo stesso compensi milionari. E’ la progettazione farlocca il loro “core business”. Oltre alla progettazione, esiste poi tutto il sottobosco dei famigerati RUP: incarichi di 30/40mila euro a botta. Per molti di questi professioni è la principale fonte di reddito. In genere si lasciano queste briciole ai “novellini” o agli amici degli amici che ne fanno richiesta. Il tutto avviene, ovviamente, sotto la super visione del prenditore che decide “la ripartizione” delle quote, in base alle possibilità di imbroglio che i professionisti sapranno tirare fuor dal progetto, da cui dipende il suo sguabbu che deve essere consistente.

Al quinto posto i pubblici dipendenti infedeli: dirigenti comunali, regionali, magistrati, medici, prefetti, questori, comandanti dei carabinieri o della finanza.

Anche se li posiziono all’ultimo posto dello sprido, sono da considerarsi fondamentali per la riuscita di ogni frode alla pubblica amministrazione. Già di loro prendono stipendi che benedica ci puoi mantenere 10 famiglie, a questo va aggiunto il loro arrotondare. E a Cosenza arrotondano che è una meraviglia. Le bustarelle parlano con gli angeli al Comune e in tribunale a Cosenza. Se si vuole fare funzionare bene la macchina dell’intrallazzo le regalie devono viaggiare alla velocità della luce. C’è qualche dirigente comunale di cui abbiamo spesso parlato che non sa neanche lui quanti appartamenti ha. Come ci sono magistrati a Cosenza che non ricordano il numero esatto di quanti conti correnti hanno aperto all’’estero. L’impunità costa, e tutti sono felici di pagarla, dato che non si tratta di soldi loro. Che gli frega a loro. Senza di loro la truffa non cammina. Anche qui i nomi e cognomi ve li abbiamo fatti centinaia di volte. Lo sappiamo tutti chi intasca bustarelle a Cosenza.

Ecco tutti questi fanno la dolce e bella vita. Ed insieme a loro nugoli di familiari famelici che necessitano di costante rifornimento economico. E come sapete sono sempre più o meno gli stessi. Hanno tutto quello che vogliono e fanno tutto quello che vogliono, impoverendo la città e i suoi abitanti, senza mai dare nulla in cambio. E non si fanno nessuno scrupolo perché a sentirli palare, dicono che: stuartu o diritto tutti i cosentini ricevono un “reddito pubblico”. Chi attraverso il proprio stipendio pubblico, chi attraverso la pensione della nonna, di invalidità, o di accompagnamento, chi perché prende l’incarico dal Comune, chi perché ha avuto finanziato il progettino, chi attraverso gli affidamenti diretti, chi attraverso il contributo, chi attraverso questo o quel corso, chi attraverso gli ammortizzatori sociali: alla fine campano tutti. E non serve sottolineare che c’è chi campa di più e chi campa di meno. L’importante, dicono, è campare.

Una amara verità che mette in evidenza il “legame politico” che ogni cosentino ha per arrivare ad avere una entrata, prima o poi. E su questo poggia tutte le sue speranze e il proprio futuro. Perché altro da fare non c’è, “lavorativamente” parlando bisogna adeguarsi all’andazzo. E chi rimane fuori si arrangia come può. O aspetta il “prossimo giro”. E finchè questa barca va, lasciala andare.

GdD