Cosenza, truffa all’economato: Palermo deve restituire 28.000 euro. E Cirò passeggia tranquillo

Il trucchetto dello sguabbu all’economato comunale di Cosenza è cosa antica e non riguarda solo la gestione Occhiuto/Cirò. Tutti i sindaci hanno più o meno fatto abuso di questo “servizio”. Nessuno escluso.

E a dirlo questa volta non siamo noi ma la Corte dei Conti, che con una sentenza datata 22 maggio 2017 accerta e sanziona l’allegra gestione alla sciacqua Rosa e viva Agnese della giunta Perugini nell’esercizio finanziario del 2010.

Il responsabile dell’economato comunale, il dottor Bruno Palermo, oggi in pensione, dice la Corte dei Conti, nelle voci di spesa dell’ esercizio finanziario del 2010 è andato oltre le proprie competenze e sottolinea: “La gestione svolta dall’economo è stata caratterizzata da una evidente violazione dei meccanismi che regolano l’assunzione delle spese, mentre lo stesso avrebbe dovuto limitarsi ad effettuare soltanto spese indifferibili, urgenti e imprevedibili, attinenti all’ufficio e di non rilevante ammontare. Tale gestione – continua la Corte dei Conti –  in contrasto con i principi generali di contabilità pubblica e che appartiene in taluni casi volta ad aggirare le ordinarie dinamiche di programmazione della spesa e in deroga alle procedure d’appalto per l’acquisizione di beni e servizi, inevitabilmente coinvolge anche le figure dei responsabili degli uffici, siccome autori di ordinativi di spesa chiaramente non rientranti tra quelle sostenibili dall’economo”.

Le spese contestate e che l’economo dovrà restituire sono relative a: 17.300,00 euro di contributi alle persone bisognose. Tale atto – dicono i giudici contabili – non rientra nel “regolamento” previsto dall’ufficio, nonché tutte le ordinanze sindacali pervenute all’economo non erano state ratificate da una delibera di giunta come dice la legge. Hanno usato l’economato come una specie di bancomat, in vista delle elezioni del 2011.

Poi c’è un contributo di 2.000 euro ad una associazione e 6.600 euro di rimborsi missione a dipendenti comunali. La stessa frode di cui è accusato Giuseppe Cirò solo che nel suo caso la cifra supera i 50mila euro.

Su questa ultima voce i giudici scrivono: “tutti gli atti sono privi di documentazione giustificativa”. Come a dire: pronta cassa. Che è quello che da sempre diciamo noi, ma si sa noi siamo ciuati.

E’ così che funziona la macchina truffaldina del Comune. Ora lo dicono ufficialmente i giudici della Corte dei Conti, che intimano al dottor Bruno Palermo di restituire 28.000 euro ingiustamente elargiti senza osservare regole e legge.

Chissà cosa ne pensano di questa sentenza della Corte dei Conti la Manzini, Spagnuolo e Cozzolino che stanno indagando da oltre un anno proprio su questo sistema truffaldino. E nello specifico sull’allegra gestione dell’economato portata avanti dal duo Occhiuto/Cirò, ma che all’oggi non ha prodotto nessun atto giudiziario, nonostante la denuncia del sindaco nei confronti di Cirò. Almeno la restituzione del maltolto, in questo caso sarebbe auspicabile, ma come vi diciamo da tempo, e la Corte dei Conti conferma la nostra tesi, la procura di Cosenza non può intervenire perché di questi soldi sottratti illegalmente dalle casse pubbliche da parte di Cirò, ha avuto la stecca.

Ecco perché Cirò e il resto della banda se vanno in giro tranquillamente senza nulla a temere nonostante un peculato accertato che supera i 50mila euro. Si sono comprati, come fanno tutti potenti e i corrotti a Cosenza, l’impunità. E questa sentenza della Corte dei Conti lo dimostra. Esiste il reato ma la procura non interviene.

Ogni limite è superato, non è più sopportabile questa corruzione in procura, qualcuno deve intervenire, ma le speranze che ciò accada sono veramente scarse. E’ questa la vera ‘ndrangheta, e prima i cosentini lo capiscono e meglio è per tutti. Ve lo dico chiaro: armiamoci di forconi e staniamoli noi. La misura dopo questa sentenza è veramente colma.

GdD